Categorie: Personaggi

Il mio Pecci

di - 1 Aprile 2003

Direttore, si può dire che Lei ha ottenuto la direzione del Museo Pecci rifiutando di partecipare alla corsa per ottenerla. Ci racconti come.
Quando mi è stato chiesto di presentare un programma per la direzione artistica del museo ho chiarito perentoriamente che, in base alla mia esperienza, non mi sembrava ragionevole che un museo come il Pecci avesse una struttura che prevedeva una divisione tra competenze artistiche, gestionali e amministrative.
Ho posto come condizione imprescindibile che il nuovo direttore avesse un potere globale sull’isitituzione, la possibilità di formare una propria squadra di lavoro, l’autorità per programmare le manifestazioni ma anche per lavorare con la collezione permanente. Il tutto unito alle varie responsabilità amministrative.

Una sfida, insomma?
Prima di insediarmi al Pecci stavo per accettare in Francia il posto di “Direttore di Ispezione delle scuole di Belle Arti ”. Un incarico interessante e forse più facile sotto alcuni punti di vista. Il Pecci mi permette di misurarmi con una realtà variegata e contraddittora, è stimolante. Qui si tratta di costruire qualcosa, e costruire qualcosa è bello.

Lei ha già lavorato in toscana per la mostra Continuità , come trova l’ambiente? Conosce l’attività degli altri centri della regione?
La Toscana è in assoluto la terra in cui c’è più arte, nei musei, per le strade e nella testa delle persone. E non parlo solo del Rinascimento. I diversi centri presenti sul teritorio dovrebbero attivare delle collaborazioni più ponderate e articolate. Solo concentrando le forze e operando una sorta di ripartizione delle competenze si può ottimizzare il lavoro. Il Pecci ha una vocazione più museale rispetto alle Papesse e alle altre realtà, ed è con questa prospettiva che bisognerebbe dare vita ad una rete effettiva di collaborazione.

Accennava alla collezione permanente. Fino ad oggi poterla vedere era un’impresa. Le cose cambieranno?
Stiamo già lavorando per creare nuovi spazi di fruizione. Anche i tradizionali spazi espositivi del museo verranno completamente ristrutturati; entro l’estate prevediamo il bando di un concorso internazionale di architettura per l’ampliamento del Centro. E verrà anche adottata una politica di ampliamento della collezione, un programma elaborato e attuato da un apposito comitato scientifico. In Toscana, finalmente, ci sarà un posto dove andare a vedere i Radicals, senza dovere andare al Centre Pompidou.

Qualche flash sulla programmazione prossima ventura?
Tra i lavori di ristrutturazione e quelli di coordinamento della squadra, la programmazione avrà avvio effettivo solo fra qualche mese. In ottobre inaugurerà Wim Delvoye, contemporaneamente al nuovo spazio ideato da Massimo Bartolini, poi, il prossimo anno, Francesco Lo Savio e Domenico Gnoli.
In generale la programmazione terrà conto di tre spazi che vedranno lo svolgersi di mostre legate alla loro stessa attività. Al piano terra verrà creato uno spazio per la programmazione di mostre dedicate ai giovani artisti. Lo spazio del primo piano ospiterà le grandi mostre, monografiche, o “storiche”. Si tenterà anche un dialogo con il territorio, coinvolgendo la città, e con il contesto culturale e storico. In particolare penso ad una mostra tematica, estiva, che avrà rapporti anche con l’arte antica.

E la sua squadra curatoriale?
Innanzi tutto intendo dare spazio ai professionisti che già lavorano al Pecci: Stefano Pezzato, che lavorerà alle grandi mostre monografiche e, parallelamente, si occuperà dei giovani artisti, Marco Bazzini che riorganizzerà il dipartimento cultura, Samuel Fuyumi Namioka sarà il responsabile per la collezione permanente, e poi tutti coloro che con professionalità e competenza sapranno valorizzare il proprio ambito di attività.

[exibart]

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