Categorie: Personaggi

MANTOVA: DAI GONZAGA AL CONTEMPORANEO?

di - 16 Maggio 2010

Con la sostituzione degli amministratori del Comune di
Mantova, le direttive potrebbero mutare. Un’occasione perfetta per incontrare
il professor Gian Maria Erbersato, ideatore – con i compianti Renzo Zorzi e
Francesco Bartoli – del Centro Internazionale d’Arte di Palazzo Te, e dal 1973
al 2005 conservatore del complesso giuliesco, dove ha curato e co-curato mostre
storiche di grande risonanza.
Erbesato ha scritto d’arte antica, moderna, contemporanea
e di museografia su riviste specializzate (Art Dossier, Il Giornale dell’Arte, il Domenicale del Sole 24 Ore), con volumi in proprio e
interventi in cataloghi, ha collaborato alla rivista di estetica Il Verri, è stato vicepresidente del Fai
ed è membro dell’Accademia Nazionale Virgiliana. Lo abbiamo incontrato per
questo colloquio.


Negli ultimi anni a Palazzo Te sono state curate mostre
importanti, che però non hanno ottenuto, in termini di visitatori, il successo
desiderato. Quali consigli potrebbe dare ai nuovi amministratori affinché
Palazzo Te torni a essere un irrinunciabile punto di riferimento per gli amanti
dell’arte?

Senza falsa retorica, come ultima ruota del carro non sono
perfettamente deputato a valutare questo momento storico del Centro
Internazionale d’Arte e Cultura di Palazzo Te, che comunque resta un evento
centrale e ormai insostituibile della cultura locale e nazionale. Gli ultimi
anni del Centro sono stati caratterizzati dalla scomparsa di un intellettuale
ineguagliabile come il professor Renzo Zorzi, capo-ufficio cultura della
Olivetti. La mancanza di Zorzi ha un poco rimescolato le carte, anche senza
disgregare l’unità di intenti che il Centro ha avuto sin dalla sua nascita.

Attraverso le sue mostre, Palazzo Te ha voluto indagare
vari aspetti culturali della Mantova gonzaghesca. Pensa che si debba continuare
su questa strada per godere i favori del pubblico, o che debba indirizzarsi
verso altri e più vari orizzonti?

Mi preme sottolineare che, fin dal suo esordio, il Centro
si è sempre impegnato a rilevare, attraverso le mostre, quelle zone della
cultura gonzaghesca rimaste in ombra (Leon Battista Alberti, La Celeste Galleria, I Gonzaga: moneta, arte e
storia
, Giulio
Romano: pinxit et delineavit
ecc.). In quanto al pubblico, le mostre sui Gonzaga hanno
avuto alterna fortuna. Ma l’obiettivo puntato sulla cultura gonzaghesca non ha
accantonato progetti espositivi d’arte contemporanea (Alberto Viani, Alvar Aalto, Gentilini, Vestire la scena ecc.)


Tra i progetti ideati negli anni ‘90 da lei e da
Francesco Bartoli c’era una mostra incentrata sul Notturno nella pittura
europea tra Romanticismo
e Impressionismo. Il seguito che fine ha fatto?
Si trattava di una mostra di grande fascino, forse mai
affrontata nell’Italia contemporanea, al pari di quella – perduta per mere
ragioni di prestiti di opere – sul Paesaggio nella pittura americana e russa dell’Ottocento”, cui si erano dedicati
Gianfranco Bruno e i compianti Roberto Tassi e Francesco Bartoli.

Cosa ha prodotto il restauro integrale di Palazzo Te e
la conseguente mostra di Giulio Romano del 1989?

I due eventi che ha citato hanno rinfocolato l’interesse
di grandi studiosi per la figura di Giulio Romano e del suo capolavoro: il
Palazzo Te di Mantova, restaurato dall’architetto Adolfo Poltronieri. Del
resto, nella prima edizione della Storia dell’Arte Italiana, l’eminente accademico di Francia
André Chastel menziona esplicitamente il Palazzo Te come un edificio chiave per
capire il Rinascimento. Al seguito di Chastel e di Ernest Gombrich è rinato uno
straordinario interesse per Giulio Romano e per la sua opera; tant’è che alla
fondazione del Centro hanno aderito con entusiasmo Pierre Rosemberg, Antonio
Paolucci, Francis Haskel, Carlo Bertelli, Erich Steingraber, membri del
comitato scientifico permanente del Centro di cui sono stato coordinatore
artistico per quasi un decennio, con la presidenza del professor Renzo Zorzi.

Nel 1987, da parte di Palazzo Te ci fu il tentativo di
organizzare il Civico Museo d’Arte Moderna. Sono passati parecchi anni ed
esiste ancora la necessità per Mantova d’avere la sua Galleria d’Arte
Contemporanea. E ultimamente ne sono state proposte alcune probabili sedi. Cosa
ne pensa?

La Galleria d’Arte Contemporanea è sempre stata il sogno
mai realizzato di Francesco Bartoli. Del resto, anche per gli artisti mantovani
la costituzione della Galleria si prospettava irrinunciabile. Da qualche tempo
a questa parte la situazione sembrerebbe coronare il sogno di Bartoli: si è
formato un gruppo di amatori e studiosi che puntano verso quell’antico sogno.
C’è da auspicare che le buone intenzioni trovino pensieri e strumenti adeguati
all’obiettivo.

Per stringere in un solo pensiero i quasi quarant’anni
della sua professione, cosa mi direbbe?

Molto semplicemente è avvenuto che, sin da giovanissimo,
abbia letto di André Malraux il volume Il Museo dei Musei, che contiene – tra le mille
meraviglie di storia e critica d’arte – un pensiero che è quasi un atto di
fede. Scrive Malraux: “Dopo tutto il museo è tra i luoghi che danno una più
alta
idea
dell’uomo
”.

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a Palazzo Ducale in quel di Mantova
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e i Gonzaga

a cura di giorgio nenci

[exibart]


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