Plurivincitore del Compasso d’oro, voce autorevole della teoria del design, appassionato e sincero sperimentatore. Enzo Mari è morto a 88 anni oggi, 19 ottobre 2020, a Milano, città in cui ha sempre vissuto e lavorato. A dare la notizia, l’architetto Stefano Boeri, presidente della Triennale di Milano, con un messaggio pubblicato sulla sua pagina Facebook: “Ciao Enzo, te ne vai da gigante”.
Nato a Cerano, in provincia di Novara, nel 1932, da madre piemontese e padre pugliese, Mari frequentò l’Accademia di Brera dal 1952 al 1956, con una formazione in letteratura e arte. Sin dagli anni di studio, approfondì i temi della psicologia della percezione visuale e del disegno industriale, presentando il suo primo progetto al produttore di arredi milanese Danese, nel 1957.
Dalla fine degli anni ’50, Mari fu legato ai movimenti di avanguardia interessati al design ed entrò nel gruppo dell’Arte cinetica, dove ebbe modo di stringere amicizia con Bruno Munari. Nel 1963 coordinò il Gruppo Nuova Tendenza, vicino all’Arte Cinetica e all’Arte Programmata, e ne organizzò una esposizione alla Biennale di Zagabria del 1965. Negli anni ’60 il periodo di elaborazione più intenso, arrivando a teorizzare la creazione di oggetti belli e forme piacevoli in cui però l’aspetto funzionale e metodologico era imprescindibile. Queste ricerche gli valsero, nel 1967, il primo Compasso d’Oro.
Mari accompagnò sempre l’attività di ricerca e di progettazione con la didattica e, da 1963 al 1966, insegnò presso la scuola della Società Umanitaria di Milano. Avrebbe continuato con gli incarichi di insegnamento fino agli anni 2000, presso istituzioni come il Politecnico di Milano, dove tenne diversi corsi nelle facoltà di Disegno Industriale e Architettura.
Nel 1971 partecipò alla fondamentale mostra “Italy: the New Domestic Landscape” al MOMA di New York, presentando un intervento critico, insieme ad altri grandi del design italiano, come Vico Magistretti ed Ettore Sottsass. Ma al termine dell’epoca d’oro del design italiano, dopo gli anni ‘70, Mari fu molto critico nei confronto delle nuove tendenze, la cui limpidezza era offuscata dall’ossessione per il marketing. A seguito di queste considerazioni, nel 1999, scrisse il Manifesto di Barcellona, in cui si sosteneva la necessità di un ritorno alla tensione utopizzante delle origini del design, invocando un nuovo giuramento di Ippocrate per cui «l’etica è l’obiettivo di ogni progetto».
Le sue opere sono esposte in molti musei d’arte contemporanea, in Italia e all’estero, oltre che alla Triennale di Milano, dove recentemente è stata allestita una sua grande mostra, “Enzo Mari curated by Hans Ulrich Obrist”, che ha avuto il merito di riattualizzare il portato innovativo delle sue ricerche. Pochi mesi fa, il suo prezioso archivio, che ne raccoglie tutta l’attività dal 1952 al 2015, tra modellini, documentazioni, manifesti, fotografie e libri, era stato donato al Comune di Milano.
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Ci lascia Enzo Mari , una delle ultime eccellenze del nostro paese.