Categorie: Personaggi

VERITÀ DI MASCHERE

di - 29 Luglio 2007

C’eravamo anche noi di Exibart tra i giovanissimi fan di nero vestiti di Isabella Santacroce. Presso la libreria Melbookstore di Roma, alternandosi alle sobrie parole del critico musicale Sergio Lacavalla, Isabella legge alcune parti del suo ultimo romanzo V.M. 18, pubblicato dalla casa editrice sforna-bestseller Fazi. Con fascino e coinvolgente voglia di comunicare la scrittrice legge le parole di questo pessimo libro ben scritto, che annaspa in un rassicurante già letto tra orge, delitti e libertinaggi in chiave spirituale a cui qualunque sedicenne potrebbe aggiungere estremismi (altro che vietato ai minori!). Tra tentativi di rissa e provocazioni birra alla mano, cosce schiuse e tette fuori, la simpatica Santacroce offre al suo pubblico un ottimo spettacolo soft-porno. Ma questo non basta a togliere fascino al prezioso “universo capovolto” di cui si parla nel libro, dove la solida architettura del romanzo si colma di frasi suggestive e profonde di baudelaireiana intensità, tratteggiando un mondo dove la vita si riscopre al di là di ogni moralismo. Qui di seguito domande e risposte (queste ultime in parte preconfezionate).

Non solo scrittrice, ma anche performer. Hai un blog disseminato di fotografie, disegni, video, letture e musica. Il tuo approccio all’arte è multimediale e la tua scrittura è intrisa di immagini. Parlaci di questo rapporto fondamentale tra la scrittura e i linguaggi visivi…
Non ho una concezione dell’arte, non credo debba esistere una concezione dell’arte. L’arte è per me nell’immobilità, negli occhi di un corpo fermo che guarda dove è stato posato dalla vita. Io vorrei diventare un soprammobile che guarda. Ho scritto una volta “quando riuscirò a stare immobile in modo perfetto, ne ssuno potrà più fermarmi”. L’arte è ciò che ti consente questo “nessuno potrà più fermarti”, l’arte è per me il coraggio di guardare la vita.

Ti piace frequentare musei e gallerie d’arte? che idea ti sei fatta di questi luoghi?
Non mi piace frequentarli, l’unica bara che approvo è quella funeraria.

La “trasgressione” ha un legame stretto con la “normalità” che cerca di trasgredire. Forse è anche per questo che gli scaffali delle librerie sono stipati di scrittori ben inseriti e mestieranti dello scandalo prudente. Parlando del panorama letterario contemporaneo, quanto secondo te, la trasgressione può considerarsi un nuovo conformismo? È ancora possibile trasgredire?
Trovo sciocco parlare di trasgressione, e trovo sciocco chi mi considera trasgressiva. Io sono una sovversiva. Non mi interessa fare scandalo, ma sfondare porte chiuse, e dietro a quelle porte c’è tutto ciò che solitamente viene considerato scomodo. Ho ricevuto una mail in cui una persona mi ha scritto “continua così, continua a non avere paura”, io voglio continuare così, non avere paura. Io ho un’idea religiosa della letteratura, è per me una verticale verso la luce, e per tal motivo ho dedicato V.M. 18 a Dio, mio marito, perché come una suora diviene moglie dell’Altissimo, anche io lo sono divenuta. La letteratura è per me una scalata verso la bellezza, verso quella luce.

Parliamo del tuo ultimo romanzo, V.M. 18. La trama ricalca quella de Le centoventi giornate di sodoma del marchese De Sade, da cui assorbi anche la ferocia aristocratica con cui racconti l’erotismo. C’è l’atmosfera tra favola e sogno di Alice nel paese delle meraviglie. C’è Arancia meccanica con le sue bevande rituali. C’è un richiamo al mito classico, alla tragedia. Come hai vissuto il confronto con opere e artisti così inarrivabili?
Io non ricalco, e non vivo il confronto con altre opere e artisti. La trama di V.M. 18 è ben lontana da quelle delle centoventi giornate, ciò che può ricordarle è l’uso che faccio delle orge e dell’ordine, e può ricordare alice nel paese delle meraviglie per il fantastico in cui il collegio delle fanciulle è immerso, e può ricordare arancia meccanica per la spietatezza voluttuosa delle spietate ninfette. In questo mio libro ho costruito un universo capovolto, una sorta di tragedia senecana dove è presente un ribaltamento dei punti di vista, e dove diviene lecito ciò che solitamente è considerato illegittimo. V.M. 18 è un romanzo elegantemente blasfemo, dove le copule furiose diventano funzioni religiose, con la differenza che se l’eucaristia cattolica è il memoriale di Gesù cristo crocifisso e risorto in favore di tutta l’umanità, in V.M. 18 è il memoriale della natura feroce dell’uomo, crocifissa dalla morale, in favore di una demonizzazione di tutta l’umanità. Grazie a questa mia affermazione, un’intervista da me rilasciata a un quotidiano nazionale non è stata pubblicata.

V.M. 18, pur essendo un titolo furbo poiché il divieto tenta, moralizza il contenuto. Tu cosa ne pensi? È semplice ironia per sbeffeggiare un divieto che in realtà è seduzione? È per invogliare i minori o anche i maggiori a leggerlo, o pensi che un minore non possa relazionarsi in modo giusto al tuo romanzo?
Perché ciò che ho scritto viene solitamente considerato vietato ai minori, e mi pareva buona cosa censurare un libro in cui le protagoniste sono tre quattordicenni vietate ai minori. Credo sia importante sfigurare i codici morali, beffeggiarli.

C’è un concetto profondo alla base dei libri che hai scritto: il superamento della dualità. L’inestricabile e inclassificabile intreccio tra bene e male, bellezza e oltraggio, sacro e dissacratorio, innocenza e perdizione. Sei una scrittrice viscerale, lucidamente allucinata. Questo superamento delle dualità nel pensiero, secondo te, quanto dovrebbe orientare le scelte che si fanno nella vita al di fuori della pagina?
Dopo aver ultimato il libro ho letto queste parole di Nietzsche, con loro risponderò: “Esistono libri i quali per l’anima e la salute hanno un valore perfettamente opposto a seconda che se ne servono l’anima meschina e una forza vitale deteriore, oppure l’anima superiore e una grande forza vitale. Nel primo caso quei libri sono pericolosi, corrosivi, dissolventi, nel secondo caso sono squilli d’araldo, i quali invitano i più valorosi a dar prova del loro valore”

arrivano molte e-mail di lettrici e lettori. Vedono se stessi nei tuoi personaggi, fanno della tua estetica la loro battaglia personale. Come scrittrice, ma anche come lettrice, pensi che un libro si possa comprendere nella misura in cui ci si identifica?
In un libro non devono esistere personaggi, ma la vita, il suo corpo, e i personaggi devono divenire parte di questo corpo. È la vita a parlare, a muoversi, e chiunque può identificarsi nella vita. Io dispregio la realtà e amo la vita. La realtà è quel rumore incessante che la copre, scrivendo l’azzittisco. Quando scrivo voglio condurre il lettore nella vita, allontanarlo dalla realtà, e provocare in lui il sentimento del sublime, ovvero ciò che si prova di fronte ad uno straordinario spettacolo della natura.

Oggi sei senza maschera. Sei uscita allo scoperto o ti sei mascherata col tuo viso?
Non uso maschere ora, ma non ho indossato una maschera per non uscire allo scoperto. Se fosse stata mia intenzione non uscire allo scoperto mi sarei abbigliata da scrittrice in divisa da scrittrice. Solo quando si finge non si esce allo scoperto, e se io fingessi proverei disgusto per me stessa. Non mi stancherò mai di ripetere a chi mi accusa di essere un personaggio forzatamente trasgressivo che Io da sempre vivo nella dimensione del sacro, ovvero quella degli estremi. Ciò che unisce il santo e il peccatore è l’essere fuori dalle vie di mezzo, e rappresentando una rottura dell’ordine medio, figurare come sovversivi.

a cura di daniele fiacco

[exibart]

Visualizza commenti

  • Chi critica la santacroce non ha letto il suo ultimo libro. v.m.18 è di una bellezza rara, altissima letteratura, cosa assai rara in italia. Chi la critica prova invidia. Lei è immensa.Un genio. E' vero però che ha osato molto in questo ultimo, a volte ho dovuto fermarmi.

  • giusto!
    vogliamo nieztsche e claudia coll anziché le gregoracci e le santecroci

  • bella intervista.

    ma perchè la santacroce risponde a casaccio alle domande senza capirle?

  • Bellissimo V.M.18, non ricalca le scene del Cuore di De Amicis, per fortuna, non ricalca nessuna scena se non la propria.

  • ce la farai, o Isabella, a rilanciare il divino reggicalze?
    almeno questo ti chiedo
    ché la letteratura -si sa- è roba da donnette

  • Io trovo la santacroce sublime, un vero genio, una perla rara che attira tanta invidia e cattiveria. non vorrei essere al suo posto poverina! Bella e geniale, coltissima, v.m.18 un capolavoro, strabiliante, sconvolgente, in un certo senso capisco il perché delle minacce di morte. molta gente si sarà traumatizzata leggendo il suo libro. allo stesso tempo non credo giusto incolparla per il suicidio di quella diciannovenne. boh, che Italia stupida!

  • tra tutte le interviste che ho letto questa mi sembra una delle pochissime in grado di far emergere certi aspetti con onestà intellettuale, restando ben fuori dal facile gioco dei sostenitori e dei detrattori, con le loro mistificazioni e banalizzazioni.

    v.m. 18 è effettivamente ben scritto, suggestivo. ma è anche molto aggrappato a citazioni di scrittori molto ma molto oltre v.m. 18, ben più vietati in un certo senso, ma anche studiati e ammirati.

    che l'italia sia un paese bigotto è certo, le e-mail ricevute dalla scrittrice sono i prevedibili attacchi di chi vive la propria vita su realtà di per sé deboli e vacillanti.

    ma mi sembra fuori luogo e poco credibile fare di v.m. 18 un elemento di rottura...

    è un libro che si fa leggere, apprezzabile. lei è comunicativa, accattivante. ma di sovversivo non c'è proprio nulla.

  • chi non è cortruito? siamo tutti costruiti...perchè un artista non dovrebbe esserlo?

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