L’EREDITÀ INGOMBRANTE |

di - 25 Febbraio 2010
Partiamo da alcuni dati. Nel 2009 il giro d’affari per le
due maggiori case d’asta, Christie’s e Sotheby’s, si è ridotto di circa il 50%
(53% per Sotheby’s e 45,6% per Christie’s). Ma la situazione è più grave se si
concentra l’analisi sul comparto dell’arte contemporanea, protagonista del boom
e prima vittima della crisi.
Stando ai dati pubblicati da Bloomberg News e ripresi dal Washington Post, le vendite di opere d’arte
contemporanea hanno segnato per le due maggiori case d’asta un decremento del
75%, avendo totalizzato complessivamente appena 482,3 milioni di dollari nel
2009 rispetto all’1,97 miliardo del 2008, ai 2,4 miliardi del 2007 e all’1,1
miliardo del 2006.
Il fatto che il tasso d’invenduto sia rimasto tutto
sommato basso è dovuto a tempestive contromisure di contenimento, adottate per
garantire la circolazione e impedire che il mercato si arenasse. “Il mercato
resta vivo”, si è continuato a dire, mentre nel 2008 le stime dei prezzi
calavano progressivamente fino a un -50%.
Un segnale positivo viene però dall’indice Mei Moses, che
calcola il rendimento degli investimenti in arte. Nonostante il calo registrato
su base annua del 23,5%, il secondo peggiore dalla crisi del ’29, è stato
contenuto da un aumento del 13,1% segnato nell’ultimo trimestre. Gli analisti
intravedono in questo dato, apparentemente inatteso, una crescita di fiducia,
fondata sull’idea che il fondo sia stato davvero toccato e che nei mesi a
venire non si potrà che risalire.

La cautela è tuttavia d’obbligo, soprattutto sul fronte
dell’arte contemporanea. Potranno con ogni probabilità guardare con ottimismo
ai prossimi mesi soprattutto coloro che, evidentemente, il boom del mercato
l’hanno vissuto solo di riflesso, non godendone appieno i frutti. Chi ad
esempio? Beh, gli operatori del comparto dell’arte antica, dell’antiquariato e
dell’Ottocento. In questo senso, da Londra arrivano notizie incoraggianti, che
indicano un incremento delle candidature e un crescente interesse verso le
kermesse dedicate all’antiquariato. Sue Ede, proprietaria di Cooper Fairs, ha
da poco acquisito dalla società Trident la Buxton Antiques Fair, arricchendo così
il proprio portfolio, che ora può contare su ben sei fiere e su un fitto
calendario di appuntamenti a cadenza mensile in giro per il Regno Unito.
Ma l’anno appena trascorso ha archiviato anche la prima
decade del nuovo secolo, che pertanto merita una riflessione. Che potrebbe
sintetizzarsi nel motto: “Attenzione, si ricomincia”.
La pesante crisi economica in poco più di due anni ha,
infatti, quasi azzerato quanto fatto nei precedenti, riportandoci a una
situazione analoga a quella d’inizio millennio. L’11 settembre ha inaugurato un
periodo tragico di grandi conflitti (che dura tuttora) ma ha anche determinato
forti cambiamenti negli equilibri economici e culturali. Holland Cotter, sul New
York Times
,
osservava recentemente come a fronte di radicali mutamenti del sistema
dell’arte non siano corrisposte vere rivoluzioni del campo dell’arte, rimasta
sostanzialmente la stessa degli anni ’90. Così, mentre si aprivano i fronti di
guerra e cresceva l’insicurezza, la cultura si è ritirata in una sorta di bolla
impermeabile all’esterno. Una bolla che si rivelerà economicamente tossica, ma
che è stata anche luogo di illusione ed evasione.
Più artisti, più mostre, più musei, più tutto: l’epoca
dell’artentainment
ha incarnato il sogno di un nuovo Rinascimento; un Rinascimento breve, che si è
chiuso con la ben nota crisi economica del 2008/2009 e che lascia ora
un’eredità ingombrante.

Va bene che la benedetta ripresa sembra già iniziata, più
nelle parole che nei fatti, ma rimane il problema di che fare delle
innumerevoli fiere, biennali e festival nati ovunque, alcuni già chiusi, altri
appesi a un filo, dei nuovi musei, che rischiano di rimanere contenitori vuoti,
mentre i vecchi si dibattono tra magri bilanci e scioperi del personale a
rischio di licenziamento, com’è accaduto in Francia nelle scorse settimane;
cosa fare, infine, degli artisti: la Triennale al New Museum di New York appena
conclusa ne ha gettato nella mischia altri 540 con il progetto Younger than
Jesus
.
Di fronte a tutto ciò, è necessario interrogarsi su cosa
valga veramente la pena di salvare.
Nel suo blog sul Guardian, il critico londinese Jonathan
Jones si è divertito a fare un salto all’indietro di un secolo. Nel 1909 il
Fauvismo era consolidato, il Cubismo in pieno svolgimento e il Futurismo
pubblicava il suo manifesto. A Barcellona c’era Gaudí, a Vienna Schiele affiancava Klimt, a Parigi lavoravano Picasso, Braque e Matisse. Kandinsky scriveva Lo Spirituale
nell’arte
, de
Chirico
gettava
le basi per la Metafisica. Un periodo di grandi fermenti culturali e
rivoluzionario, ben poco imparentato con il decennio appena trascorso,
certamente caratterizzato da grande entusiasmo e partecipazione, ma
culturalmente permeato dal retrogusto del XX secolo. Si pensi all’ironia di Koons, alle provocazioni di Hirst, all’arcadia felix di Doig, all’estetizzazione di Gursky, all’epica nostalgica di Prince. Sono loro i campioni degli anni
‘90 e lo sono rimasti anche negli Anni Zero. Non sono stati anni privi di cose
rimarchevoli, ma nel complesso abbastanza conservatori, legati al recente
passato, fatto di miti, di eterna giovinezza e illusioni tradite, piuttosto che
proiettati verso il futuro, come direbbe Joseph Stiglitz, autore de I
ruggenti anni Novanta
.

Per questo l’eredità del decennio che sta alle spalle
sembra essere difficilmente riciclabile o riconvertibile, date le sue
caratteristiche di rivoluzione mancata o, per meglio dire, di falsa
rivoluzione. Perché, se è indubbio che la tensione verso il rinnovamento ci sia
stata, è altresì evidente che questa non sia andata oltre la promessa o, più
precisamente, del restyling del vecchio. Così sono nati i non-musei, le
quasi-biennali, le antifiere o le non-solo-gallerie. Non le nascite si sono
celebrate, ma i funerali: s’è detto e scritto che la pittura è obsoleta, che la
fotografia è morta, che il video è storia, che la scultura è unmonumental.
Nonostante ciò, abbiamo vissuto un’epoca di grande
intensità e partecipazione collettiva all’arte, che è corrisposta a
un’irripetibile stagione del mercato. Eventi che hanno denunciato fragilità, ma
anche potenzialità impensabili.


alfredo sigolo


*articolo
pubblicato su Exibart.onpaper n. 63. Te l’eri perso? Abbonati!

[exibart]


Visualizza commenti

  • Carissimo pincopallo e molti altri, mi pare che a vostro avviso basti usare uno strumento nuovo per copiare cose vecchie e per sentirsi ricercatori del contemporaneo.Attenzione a non confondere e a delegare al solo mezzo usato la contemporaneità di un pensiero, un concetto , un opera.Quanto panico se non si riesce a trovare l'artigiano o il programmatore dalla tecnica e sapienza sopraffina e costosa, che sappia dar forma ai concetti iperconcettuali che ci ronzano in testa.Invece,perchè( e non è il caso di nessuno nello specifico)se qualcuno oltre ad avere idee in testa ha anche i mezzi tecnici per realizzarle e un coglione fuori tempo?Bisogna senpre ostentare un processo milionario per la costruzione di un opera per motivarne la consistenza?questo mi pare francamente obsoleto in un mondo in deficit cronico.Una buona parte di video, installazioni e fotografie sono quanto di più manieristico,accademico e decorativo possa esistere,prevale solo l'uso del mezzo e la tecnica esecutiva e il termine di giudizio sui cui si basano gli esecutori e gli addetti.Fatevi venire in mente un pò di nomi e analizzate documentandovi.

  • mb2 “ ..da questo materiale tranciate tutto ciò che non è pittura e questa "epurazione" o "semplificazione" per usare un termine più soft è assolutamente fuori luogo, fuori tempo, fuori tutto fuori..fuori..”

    Fuori, fuori,…. la pittura figurativa da decenni è fuori da tutti i musei e da tutte le istituzioni, e saremmo Nicola ed io ad essere gli intolleranti? Come ricordava Nicola, il Guggenheim si chiama “Museum of non objective painting” . Ho voluto fare una piccola ricerca su i motivi di tale esclusione, qualcosa ho trovato. Uno dei motivo reale e non ammessi esplicitamente è che la pittura realista piaceva tanto ad Adolf Hitler, lui stesso nemico giurato delle avanguardie fortemente sostenute invece dalla Repubblica di Weimar. Risultato, la pittura figurativa realista è stata vista nel dopo guerra come una “pittura nazista”. Dalla prima Dokumenta del 1955 è stata severamente bandita, tutti i principali musei americani hanno seguito questa regola lasciando una deroga ad Edward Hopper, tanto per smentire il teorema e fare credere alla “tolleranza”. Pensate un po’, se quel coglione di Hitler avesse amato le avanguardie, ora metà del Castello di Rivoli sarebbe dedicato a Verlato ed altri!

  • vabbé, dopo quest'ultima panzana su Hitler possiamo davvero chiudere la discussione. Ma vi è mai passato per la mente che semplicemente fare figurazione è diventato più difficile a causa della stratificazione e delle eccellenze raggiunte nel corso dei secoli, e che forse sono sopravissuti solo quelli che avevano realmente qualcosa da dire come Hopper e Bacon? Tra l'altro questa retorica strumentale non è affatto nuova e ha fatto le fortune di gente come Botero, Kostabi ecc...

  • Concetto è termine di origine latina che deriva dal verbo concipere, formato da cum, "con", e capere, "prendere"; ovvero, "prendere con", "comprendere, intuire, capire". Il concetto è l'idea che sopraggiunge alla mente chiara ed evidente nel suo significato.

    caro pincopallo; mai pensato e mai scritto di tecniche nuove per copiare cose vecchie.
    non so proprio dove hai tirato fuori sta cosa.
    è palese che il mezzo ha un'importanza relativa; non è lì il nocciolo della questione come non lo è tra figurativo e astratto.
    però non bisogna nemmeno scandalizzarsi e aver paura di quello che la tecnica oggi ci mette a disposizione.
    è sempre indispensabile da parte dell'artista un notevole controllo. sia che le cose le faccia da se, sia che le deleghi interamente ad altri. ed è altrettanto indispensabile che chi si ritiene artista abbia qualcosa di nuovo da dire; che usi il pennello o il puntatore laser fa lo stesso.
    ho messo sopra l'etimologia del tanto vituperato termine concettuale; a leggerlo si può benissimo capire che l'arte quella colla A maiuscola è sempre stata concettuale.

  • prima volevo scrivere "caro cristian"... mi scuso col diretto interessato.

    ...a proposito dell'ultima barzelletta del buon (per lui) serafini...poveretto, vive in un mondo tutto suo di brutte favole...

    e sulla questione dell'arte figurativa che sempre secondo il serafico pittore non entra in musei e fondazioni...parliamo solo dell'italia, sennò non finiremmo più...
    salvo, ontani, stefanoni,galliani (omar), montesano, damioli, mondino in ordine sparso e ce ne sarebbero parecchi altri e anche di più giovani...

  • Caro Serafini mi sa che continueremo a fraintenderci all'infinito...io non ho nulla in contrario contro la figurazione in pittura se questa riesce a prendermi, a dirmi qualcosa di nuovo...ma oggi effettivamente come tanti altri riconoscono, non è così facile. Il mio intervento però verteva sulla capacità o meno di apprezzare tutte le diverse modalità espressive dell'arte di oggi. Io, al contrario di lei, penso che questa caratteristica sia una ricchezza e non un vincolo per quegli artisti che hanno realmente qualcosa da dire, da trasmettere. Il problema casomai è un altro quando l'arte nonostante tutta questa enorme gamma di mezzi d'espressione a disposizione non riesce a star dietro alla profondità ed alla complessità del nostro tempo perchè come sostiene Rosi Braidotti nell'incipit del suo In metamorfosi "Se non si ama la complessità, è impossibile sentirsi a casa nel ventunesimo secolo".

  • Rileggendo bene i messaggi mi accorgo che Busci dice, in sostanza, le stesse cose che ho scritto io. Non condivido molto la questione dell'eredità ma in linea di massima penso le stesse cose. La distinzione tra concettuale e non la trovo illusoria e di poca sostanza. Concordo col fatto che tutta l'arte è fatta di concetti. Mi viene da dire: ma le ottanta e passa pose dedicate da Picasso al volto di Gertrude stein sono una questione di tecnica? All'estero (penso alla germania e all'Inghilterra) non si è mai smesso di dipingere e nessuno si pone il problema; penso anzi che il recente dibattito promosso da flash art sulla pittura sia un ulteriore sintomo di un problema solo italiano che non danneggia unicamente la pittura ma l'arte nel suo insieme.

  • Cosa ci rivela Sigolo? Il mercato dell’arte è passato da 2,7 miliardi di dollari a 487 milioni di dollari. Sarebbe utile sapere di quanto sarà l’endowment delle fondazioni per i prossimi anni. L’anno scorso si parlava di 13 miliardi di dollari. Che influenza può avere un mercato artistico di 487 milioni su 13 miliardi di fondi regalati generosamente dai produttori di petrolio, dalle industrie minerarie e dai produttori di tabacco? Il futuro dell’arte è in mano ai “bord of trustees” che decidono di cosa fare di tanti soldi. Se decideranno di continuare a pompare l’aria fritta (ciò che faranno sicuramente), l’arte continuerà come ora. Inutile immischiarsi in discussioni senza fine su cosa fa Verlato o Serafini. Buon lavoro a tutti.

Articoli recenti

  • Fotografia

Fotografia Europea a Reggio Emilia: i premi e le menzioni del Circuito OFF

La mostra di SuoloCollettivo vince il Premio Max Sprafico al Circuito OFF di Fotografia Europea, per l'interpretazione del concept dell'edizione…

4 Maggio 2024 21:28
  • Mercato

Lempertz, all’asta un raro ritratto di Alessandro Farnese

Un minuscolo, preziosissimo, olio su rame ad opera del pittore fiammingo Jean de Saive sarà presto in vendita a Colonia.…

4 Maggio 2024 18:18
  • Mostre

Riscoprire l’avanguardia belga: Jef Verheyen al museo KMSKA di Anversa

Dopo una prima fase di digitalizzazione e archiviazione delle sue opere, viene presentato il lavoro di uno dei protagonisti dell'avanguardia…

4 Maggio 2024 16:23
  • Arte contemporanea

Come è nata la più famosa fornace d’arte di Murano? Una conversazione con il fondatore Adriano Berengo

La mostra Glasstress, inaugurata nei giorni di preview della Biennale, riac-cende i riflettori su questa realtà unica, che lavora in…

4 Maggio 2024 16:11
  • Fotografia

Other Identity #110. Altre forme di identità culturali e pubbliche: Black Napkin

Other Identity è la rubrica dedicata al racconto delle nuove identità visive e culturali e della loro rappresentazione nel terzo…

4 Maggio 2024 14:10
  • Mostre

Frank Auerbach, per una pittura meditativa: la mostra a Venezia

Dopo la vittoria del Leone d’Oro alla Biennale del 1986, l’artista Frank Auerbach torna a Venezia, a Palazzo da Mosto,…

4 Maggio 2024 12:20