L’estremo oggi |

di - 2 Aprile 2004

Sex and violence. Percorsi nel cinema estremo di Roberto Curti e Tommaso La Selva individua giustamente in Salò o le 120 giornate di Sodoma (1975) di Pier Paolo Pasolini il punto di non ritorno dell’estremo, vero discrimine tra due epoche: un buco nero che accompagna e commenta con lucidità implacabile il momento storico in cui il mondo si accartoccia su se stesso, rimanendo intrappolato nel suo stesso “cattivo sogno” .
Quasi trent’anni dopo, si moltiplicano gli allarmi sull’impossibilità di concepire e realizzare oggi un’arte estrema. Gli stessi autori citati all’inizio concludono così il loro saggio: “…può anche solo esistere un cinema estremo per il futuro…? La risposta è no. Perché un cinema che regali momenti psichici di fragranza visiva non è più pensabile né realizzabile con l’efficacia primigenia” .
Una situazione analoga -se non ancor più paralizzante– si può riscontrare negli sviluppi recenti dell’arte contemporanea. La vena scatologica e quella pornografica (che pure, a partire da Duchamp, erano state individuate come utilissime linee di ricerca e di sfondamento) appaiono definitivamente esaurite: i New Testamental Pictures (1997) di Gilbert & Gorge si presentano come il canto del cigno di questo tipo di estremo . Gli stessi prodotti artistici di Sensation e, in generale, della Young British Art appaiono oggi irrimediabilmente ed inequivocabilmente datati: hanno prematuramente smarrito il loro effetto shock, e si sono ridotti a giochi provenienti da un mondo di innocenza colpevole (anche se un’opera più recente come Hell, 1999-2000 dei fratelli Chapman conserva pressoché intatto il suo potenziale conturbante).
La teoria più diffusa su questo argomento è che, nel regno dello “spettacolo integrato” descritto da Guy Debord nei Commentari sulla società dello spettacolo (1988), qualsiasi tentativo degli artisti di scandalizzare gli spettatori, di intaccare il loro stato di torpore, sia ormai costitutivamente condannato al fallimento. Questo significa che gli ultimi esempi di estremo in campo estetico possono dunque essere considerati i film horror gore della fine degli anni Settanta e dell’inizio anni Ottanta.

L’altra ipotesi è che la “prospettiva della resa” venga fuori sempre dall’incapacità di leggere la realtà di un determinato periodo storico. Uno degli aspetti più interessanti del mondo attuale, infatti, è proprio la rinuncia inconfessata ad interpretare se stesso: questo atteggiamento ha fatto la sua prima comparsa nella veste attuale esattamente nell’epoca in cui viene collocata la scomparsa dell’avanguardia e l’inizio del postmoderno. Sempre una trentina d’anni fa.
Da allora, i termini della questione sono più o meno gli stessi che già Debord aveva chiaramente individuato: “La costruzione di un presente in cui la moda stessa, dall’abbigliamento ai cantanti, si è immobilizzata, che vuole dimenticare il passato e che non dà più l’impressione di credere in un futuro, è ottenuta grazie all’incessante passaggio circolare dell’informazione, che ritorna continuamente su una lista brevissima di inezie sempre uguali, annunciate con passione come notizie importanti, mentre le notizie veramente importanti, su ciò che effettivamente cambia, passano solo di rado e per brevi baleni. Riguardano sempre la condanna che questo mondo pare aver pronunciato contro la propria esistenza, le tappe della sua autodistruzione programmata” .
Un tempo che non sa immaginare il proprio futuro non è naturalmente capace di delineare neanche i metodi per uscire dall’impasse e, al limite, di riconoscere la sua condizione in quanto impasse.
L’arte estrema è oggi impossibile, inutile, fuori-tempo… Ma che cos’è l’arte estrema? Essa sfida e ferisce lo spettatore, tentando al tempo stesso di modificare irreversibilmente la sua percezione della realtà. Identifica perciò il suo progetto con quello dell’avanguardia.
Allora, in un’epoca di post-decostruzione e di artificialità spinta, molto probabilmente la cosa più scandalosa è proprio quella momentaneamente data per spacciata: l’unico scandalo possibile è il realismo. Un realismo di tipo nuovo, rigenerato (nel linguaggio e nella “presa” sul suo oggetto), che si nutre degli strumenti concettuali postmoderni e iper-finzionali (“come sfuggire all’immagine con i mezzi stessi dell’immagine?”). Un realismo che rifugge dal documentarismo stucchevole di tanta videoarte recente, come da ogni tentazione di “ritorno all’ordine” e di restaurazione formale, e che si costituisce prima di tutto come critica rigorosa della società e rappresentazione imprevedibilmente détournata della sua vera struttura.
Come scriveva Frederic Jameson nel 1992: “qualsiasi teoria del realismo… deve anche esplicitamente designare e rispondere di situazioni in cui il realismo non esiste più, non è più possibile da un punto di vista storico o formale, oppure può assumere forme inaspettatamente nuove e trasgressive” .

christian caliandro
artista e storico dell’arte

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  • L'unica forma di estremismo oggi, è quella di tapparsi gli occhi, le orecchie e la bocca...e non parlare più.Proprio come fanno gran parte dei giornalisti e politici italiani...e non solo. Questa è la REALTA'!
    Una volta erano solo i siciliani. Adesso, tutto il mondo è SICILIA.Bisogna smetterla di criticare quell'Isola stupenda. La Mafia è dovunque in questo sistema capitalistico, dove a prevalere sono sempre i più forti. Povero Falcone e Borsellino: Eroi inutili!

  • S.O.S.Disubbidire...in questo mondo di stupidi pericolosi,iniziando dai bigotti e ipocriti americani...per finire al provincialismo patetico italiano sempre più deprimente...è l'unica forma estrema, da cui possono scaturire inaspettate e imprevedibili situazioni sempre più trasgressive (come dice Caliandro). L'arte contemporanea ha il compito di trattare e anticipare tali umori...Non importa come e con quale linguaggio. Il mondo va alla deriva. L'ironia e la provocazione sono le uniche armi che ci rimangono da usare nella disubbidienza più hard e apparentemente "scanzonata" nei confronti dell'ignoranza e dei poteri forti...
    Non c'è più tempo di riflettere e di sforgiare "dialettiche".Non si può mentire o far finta di nulla o sforgiare falsi sorrisi...Siamo in piena emergenza...
    buona giornata,
    Z

  • E' tempo che i ruoli si invertino, e cioé, che gli estremisti diventino moderati e i moderati estremisti...per potersi comprendere a vicenda. Ho detto una cazzata?

  • L'estremo non è mai esistito. Nel Cinema e nell'Arte, sono avvenuti e avvengono fatti del tutto normali. E' il Potere costituito che si basa sulle menzogne, le ipocrisie, i proibizionismi e il "perbenismo" che censura e crea i "mostri" sbattendoli in prima pagina e parla di "estremo". Per Duchamp, era normale esporre il suo "Orinatoio" intitolandolo "Fontana", nel 1917. Per Bunuel, era normale realizzare film come "Bella di giorno" e altri, dove la Chiesa Cattolica e il mondo borghese erano costantemente ridicolizzati nelle loro ipocrisie. Vale lo stesso per Pasolini, che preferiva parlare di una vita ai margini, come l'autore più autorevole e creativo, nella continuità di un Cinema Neorealista Italiano, con i suoi attori di strada, e cosi via. Gilbert & George, francamente non mi affascinano, trovo più interessante il Cinema di Andy Warhol(definito anche il re del Cinema Porno) o Madonna con le sue performances canore e di fictions erotiche nei video-clip, e così anche Mario Schifano, Jeff Koons, Damien Hirst, Maurizio Cattelan,Serrano, per citare quelli più conosciuti. Tra quelli che vivono ancora nell'ombra, invece, mi piace ricordare Angelo Riviello, che ho conoscuto al Trevi Flash Art Museum e che ogni tanto ho il piacere di leggere su questi forum...anche se mi sembra, a volte un pò esagerato, non nella coerenza dei suoi contenuti, ma nelle espressioni...lo posso capire, perchè lo conosco più o meno bene. E'una persona molto gentile. Il consiglio che vorrei dargli, è quello di guardare fuori dall'Italia...a meno che non abbia il coraggio di sfidare le consuetudini, nei luoghi deputati,appropriati, istituzionali...ma vietati.
    Spero che Angelo non me ne voglia.

    Vi saluto cordialmente

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