Another Green World Is Possible, un altro mondo verde è possibile. Slanciata e assertiva, la scritta è scandita in caratteri bianchi sulla superficie di un banner nero, teso tra le colonne scanalate e le volute ioniche del Tempietto di Virgilio. L’accesso all’architettura, nello stile neoclassico di inizio ‘800, è chiuso dalla griglia delle inferriate e delle reti di sicurezza arancioni di un cantiere fermo e questa rigida geometria si frantuma nella vigorosa cascata delle buganvillee che, obbedendo alla legge ciclica del tempo, adattandosi alla struttura dell’uomo come in una incisione romantica, hanno ricoperto integralmente una delle pareti lunghe con i loro densi grappoli di fiori malva, che tendono verso il cielo, si incurvano per il loro peso e poi ricadono e sfiorano la terra accecata dal sole. Nella Villa Comunale di Napoli, una cerniera stretta e allungata tra la semicurva della costa e la nobiliare verticalità dei bei palazzi del quartiere Chiaia, il passaggio tra la primavera e l’estate si avverte nella vibrante sovrapposizione dei colori e delle forme, nel gioco pantografico tra lecci, pini ed eucalipti, monumenti architettonici, sculture di uomini illustri e fontane di miti greci, il portamento delle palme, i volti di Edoardo Scarfoglio e Giambattista Vico, Castore e Polluce. Insomma, c’è un equilibrio di crescita, decadimento e rinascita, di tempi, intuizioni e volontà, che suggerisce la possibilità di esistenza di un mondo – per quanto concentrato nel chilometro di un giardino storico – ed è su questo ritmo che si innestano i 50 interventi di Igor Grubic, presentati nella sola giornata de 29 maggio, in un progetto espositivo en plein air, una toccata e fuga ad ampio respiro in tutta la Villa Comunale
In collaborazione con Fondazione Morra e Associazione Premio Green Care, curato da Adriana Rispoli, con una incursione sonora di Roberto Pugliese, “Another Green World” è un progetto manifesto, tra scultoreo e linguistico, visivo e concettuale, che richiama a un attivismo di matrice poetica e con chiare declinazioni politiche. «La rivoluzione non è una festa in giardino», «Ogni essere umano è un intellettuale», «Abbattiamo il mito di un’arte apolitica», «Il più violento elemento nella società è l’ignoranza», Mao, Gramsci, Majakovskij, Emma Goldman, «In difesa della natura», «In difesa della poesia».
Parole, costruzioni logiche e sintattiche, citazioni e testi originali, ma anche elementi formali, composizioni suprematiste che incrinano il surrealismo delle statue classiche – perché anche l’attività creativa dell’uomo fa parte della natura – si diffondono negli spazi della Villa Comunale, come didascalie da mettere a fuoco, sottotitoli soffusi negli sguardi pubblici, come spesso accade nei lavori di Igor Grubic, che chiamano in causa la responsabilità dell’azione collettiva e la dimensione individuale. La responsabilità è un monumento, «Il mondo intero è una piattaforma per il gioco, il giardino è un Museo senza pareti, gli alberi sono i nostri pennelli, i parchi le nostre tavolozze», scrive Igor Grubic, a chiarissime lettere nello spazio aperto tra due palme. Un altro mondo è possibile, che sia verde e coloratissimo, splendente, da raccontare, da respirare.
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