Paul Wegener. Der Golem, 1920, 76’
L’universo di Thomas Schütte si espande oltre la scultura e il disegno per incontrare il cinema: a complemento della grande retrospettiva Genealogies, in mostra a Punta della Dogana, la Pinault Collection propone un ciclo di otto serate, dal titolo Thomas Schütte. Le metamorfosi del corpo, a cura del critico Dominique Païni, che invita a esplorare i temi, gli archetipi e le inquietudini che attraversano l’opera del maestro tedesco.
Il progetto cinematografico, ospitato al Teatrino di Palazzo Grassi fino al 3 dicembre 2025, costruisce un vero e proprio controcampo visivo e in movimento alla mostra di Venezia, in corso fino al 23 novembre. Negli spazi di Punta della Dogana, tra le Mutter Erde e gli United Enemies, Schütte riflette sulla condizione umana attraverso la materia: argilla, bronzo, vetro, cera, da plasmare e deformare, per una rappresentazione che è più il suggerimento di qualcosa che sfugge – sogno o incubo – che l’affermazione di una presenza. (della mostra ne scrivevamo qui). In questa occasione, davanti allo schermo, il corpo prende forma attraverso la luce della proiezione. Otto serate tematiche, ogni mercoledì, declinano la figura umana in una sequenza di metamorfosi, dalla mutazione al sogno, dalla paura alla rinascita, dal grottesco al quotidiano.
«Il potere del cinema è quello di riprodurre il movimento degli esseri viventi», ci ha raccontato Païni. «Le sculture di Thomas Schütte talvolta possono essere inquietanti. Ma il cinema offre la possibilità di rappresentare il processo delle deformazioni e delle metamorfosi. Se la rappresentazione del movimento crea suspense, si può supporre che la trasformazione animata dei corpi e dei volti accentui l’inquietante familiarità dei personaggi che incrociamo nella vita reale senza renderci conto della loro singolare, se non addirittura strana, plasticità corporea».
La rassegna si è aperta il 15 ottobre con Grandi e piccoli, accostando The Fly di David Cronenberg e Radiazioni BX: distruzione uomo di Jack Arnold, due variazioni sul tema della mutazione e del corpo in trasformazione. È il preludio a un percorso che, come l’opera di Schütte, si muove sul crinale tra scienza e allegoria, interrogando la fragilità e l’eccesso della materia vivente.
Il 22 ottobre, la serata Uomini usciti dalla terra riporta alle origini del mito moderno con Frankenstein (1931) di James Whale e Il Golem (1920) di Paul Wegener: figure nate dalla creta, dalla scienza e dalla disobbedienza creatrice. È quella stessa tensione che abita molte sculture di Schütte, corpi in bilico tra l’organico e l’artificiale, l’umano e il mostruoso.
Con Giochi di società (29 ottobre), il tono si fa più ironico e corrosivo: La morte ti fa bella di Robert Zemeckis e Vi presento Toni Erdmann di Maren Ade smontano con humour nero la vanità e le maschere sociali, mentre Forme dell’informe (5 novembre) affianca Titane di Julia Ducournau e The Abyss di James Cameron, in una discesa nel corpo come una esplorazione dell’abisso.
Le tappe successive proseguono come variazioni di un medesimo spartito: Redivivi (12 novembre) mette a confronto l’horror esistenziale di Wes Craven con la malinconia vampirica di Jim Jarmusch, mentre Infanzie inquietanti (19 novembre) convoca i mondi perturbanti di Lucile Hadzihalilovic e Jane Campion, dove l’innocenza si confonde con il mistero.
Nelle ultime due serate, Uomini a casa (26 novembre) e Vedere e toccare (3 dicembre), la riflessione si sposta sulla domesticità e sul desiderio, accostando la leggerezza di Mio zio di Jacques Tati alla trascendenza visionaria di Stalker di Tarkovski, fino all’incontro fra Il cantico dei cantici di Rouben Mamoulian e Showing Up di Kelly Reichardt, dove il corpo torna a essere misura della creazione artistica.
A completare la programmazione, ogni settimana un videopodcast curato dal critico cinematografico Mattia Carzaniga accompagnerà il pubblico alla scoperta dei film, con aneddoti, chiavi di lettura e connessioni con l’universo schüttiano. Un laboratorio di sguardi che attraversa il visibile per restituirci la condizione fragile, ambigua e miracolosa dell’essere umano.
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