Lo scrittore belga Georges Simenon osserva la Darsena che gli ricorda il canale Saint Martin di Parigi. Milano, 1957
Jean du Perry, Gom Gut, Christian Brulls, Georges Martin-Georges, Georges Sim. Molte firme, dietro le quali si nasconde un unico, grande autore: Georges Simenon, maestro del mestiere della scrittura. Acuto e disincantato conoscitore della psiche umana, viaggiatore delle storie e delle parole, alla ricerca della cifra di mistero insita nelle cose quotidiane, tra città, fiumi, continenti e mondi narrativi, alla sua vita e alle sue opere la Cineteca di Bologna dedica una mostra, allestita negli spazi della Galleria Modernissimo.
Intitolata Otto viaggi di un romanziere e visitabile dal 10 aprile 2025 all’8 febbraio 2026, a cura di Gian Luca Farinelli e John Simenon – figlio di Georges e Denyse Ouimet, la sua seconda moglie –, la mostra di Bologna segue le orme dello scrittore, a partire dalla natia Liegi, in Belgio, fino alla Parigi cosmopolita degli anni Venti, passando per gli Stati Uniti, la Svizzera e l’Italia. Si va dal giovane giornalista che firmava le su opere d’esordio con fantasiosi pseudonimi, fino al romanziere affermato, autore di centinaia di storie e del fortunatissimo ciclo del commissario Maigret, modello di riferimento per lo sviluppo di un nuovo genere letterario, che negli Stati Uniti sarebbe diventato il cosiddetto hard-boiled di Raymond Chandler e Dashiell Hammett.
«Non si tratterà, solamente, di un viaggio attraverso lo spazio e i luoghi attraversati dalla narrazione – raccontano i curatori – ma di un viaggio attraverso il tempo, dalla fine dell’Ottocento al Novecento. In questo viaggio attraverso le società e i loro mutamenti, ci saranno alcuni punti di riferimento, che fungeranno da guida per il racconto».
Ad accompagnare questo percorso, i personaggi chiave della vita dello scrittore belga: la prima moglie Tigy, il direttore della Gazette de Liège, gli intellettuali e artisti che lo influenzarono, come André Gide, Jean Vigo, Federico Fellini, conosciuto nel 1960 al Festival di Cannes e con il quale sarebbe nata una lunga amicizia, e la magnetica figura della cantante Joséphine Baker, icona della Parigi anni Venti, che segnò profondamente il suo immaginario.
«La mostra, in particolare, approfondirà la parte più affascinante e creativa del viaggio di Simenon – proseguono i curatori –, gli anni tra il 1903 e il 1936, quelli della formazione, dell’esordio, fino al suo diventare scrittore professionista, autore dei grandi “romanzi duri” e alla nascita di Maigret. Il tutto con la particolare attenzione a non cancellare quell’aura misteriosa che contraddistingue l’universo simenoniano, senza cedere alla tentazione di raccontare un semplice susseguirsi di eventi perdendo di vista la complessità della vicenda umana e professionale».
L’esposizione sarà scandita da materiali spesso inediti, provenienti da oltre dieci archivi pubblici e privati: manoscritti, dattiloscritti, lettere scambiate con figure di spicco della cultura del Novecento, come Gallimard, Mondadori, Calasso, Renoir, Truffaut e Tavernier. Immancabili le pipe, le matite, i calendari su cui annotava le sue impressionanti tabelle di lavoro e tutti gli atri oggetti e gli strumenti del famoso rituale di scrittura che, per Simenon, era costituito da quattro tappe: ambientamento, della durata di tre giorni, durante il quale l’autore entrava nello “stato di trance del romanzo”; ricapitolazione, due giorni in cui Simenon sceglieva i nomi dei personaggi e raggruppava le informazioni utili per la stesura della storia, che poi archiviava nelle iconiche “buste gialle”; redazione, rigorosamente dalle sei e mezzo alle nove del mattino, in studio, scrivendo un capitolo al giorno; revisione, per una rifinitura stilistica, senza alterare la struttura del racconto.
Un posto di rilievo avranno le fotografie, parte fondamentale della sua ricerca visiva e letteraria. Scatti realizzati dallo stesso Simenon durante i suoi reportage tra Europa e Africa negli anni Trenta, insieme agli album privati della moglie Tigy, offriranno uno sguardo intimo e documentaristico sulla sua epoca.
L’inaugurazione della mostra coincide con un anniversario significativo: quarant’anni fa, nel 1985, Adelphi pubblicava Lettera a mia madre, primo volume dell’autore in Italia. Una ricorrenza che testimonia il legame duraturo tra Simenon e il pubblico italiano, che ha sempre trovato nelle sue pagine un universo di inquietudini, fughe e identità sfuggenti. Un viaggio senza meta definitiva, se non l’esperienza in sé, proprio come quello di Simenon.
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