Immagine tratta dalla videoinstallazione Eldorato di Giovanni de Gara, 2025
Un semplice oggetto di soccorso può diventare un potente simbolo spirituale, aprendo un percorso di riflessione sulla fragilità e sull’accoglienza, tra arte, fede e impegno civile. Da questo intreccio dal forte sostrato umanista, prende le mosse Eldorato, nuova videoinstallazione di Giovanni de Gara, che sarà visitabile fino all’1 dicembre 2025 al Museo dell’Opera del Duomo di Firenze, a cura di Antonio Natali.
L’intervento rappresenta l’ultimo capitolo del progetto Eldorato, un ciclo di installazioni site specific che, dal 2018, ha portato i teli isotermici dorati, le “coperte dei migranti”, a rivestire le porte di chiese e luoghi simbolici in tutta Italia, da San Miniato al Monte a Firenze al Duomo di Napoli, dal Sacro Convento di Assisi al Comune di Palermo. Oggetti quotidiani e salvifici, i teli diventano nelle mani di de Gara una superficie aurea e fragile, metafora di protezione e di speranza, un oro il cui valore si esprime in cifre di umanità.
Nato a Firenze nel 1977, Giovanni de Gara si è formato in architettura e ha fondato la Florence Art Factory, laboratorio dedicato alla sperimentazione tra arti visive e performance. La sua ricerca attraversa temi urgenti della contemporaneità, dalla crisi ambientale alla migrazione, fino alla perdita del sacro, con un linguaggio immediato e accessibile. Tra i suoi progetti, Mensile d’artista, del 2016, performance partecipativa che coinvolgeva collezionisti e pubblico in un dialogo diretto con l’artista, e ANAS, serie di paesaggi naïf trasformati in opere concettuali per denunciare la cementificazione del pianeta.
Nel video presentato al Museo dell’Opera del Duomo, l’artista rinnova quell’invito a immaginare un mondo con porte sempre aperte. Le immagini, girate tra Italia, Palestina e Marocco, si concentrano sulla Porta d’Oro di Gerusalemme, da secoli murata, simbolo di una soglia tra umano e divino. Qui, dove la tradizione vuole che si manifestasse la presenza di Dio, il corpo dell’artista, avvolto in un telo dorato sbattuto dal vento, si fa icona di una ricerca di salvezza, di un dialogo intimo con l’invisibile. La videoinstallazione, della durata di 8 minuti, è interpretata da Giovanni de Gara e Umi Carroy, e unisce la dimensione performativa alla contemplazione di un paesaggio interiore. La luce brucia, la pietra tace e un telo dorato, fragile come un respiro, diventa reliquia del nostro tempo.
«Giovanni de Gara sceglie la poesia per indurre a una riflessione sull’abbandono, sul dolore, sulla solitudine, sullo strazio d’un popolo tradito dalla crudeltà di chi avrebbe potuto e dovuto dar loro asilo. Nel video si autoritrae in luoghi disparati della terra, investito da un vento di burrasca che contorce una coperta termica, simbolo di salvataggi estremi in mare: una coperta che ora si lacera, ora si appiccica, modellandosi come un sudario su un corpo che si affanna a trattenerla», ha spiegato Natali, storico dell’arte e consigliere dell’Opera.
Per Monsignor Gherardo Gambelli, arcivescovo di Firenze, «Eldorato è forse anche il termine audace che, accostando la parola ebraica El, che significa Dio, all’aggettivo italiano dorato, ci permette – con audacia evangelica – di accostare l’immagine dei migranti avvolti nelle coperte isotermiche a quella di un Dio che si manifesta nei bisognosi».
Nella visione di Rita Filardi, coordinatrice del Museo e delle Collezioni, la videoinstallazione «Si inserisce nel dialogo tra antico e contemporaneo che da sempre anima la missione del Museo dell’Opera del Duomo, offrendo un’esperienza immersiva capace di stimolare il raccoglimento e la riflessione sul valore dell’accoglienza, della fratellanza e della pace».
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