Nell’era del distanziamento sociale, un biscotto della fortuna può ridurre le distanze? Da questa domanda è nata l’azione collettiva dedicata all’artista cubano Felix Gonzalez-Torres, curata dai galleristi Andrea Rosen e David Zwirner, che riproporranno la celeberrima Untitled (Fortune Cookie Corner), su scala globale. A partire dall’opera del 1990, è stato chiesto a un migliaio di persone di installare dai 240 ai 1000 biscotti della fortuna in un luogo da loro scelto. La mostra collettiva avverrà tra il 25 maggio e il 5 luglio.
I partecipanti, che non sono solo protagonisti e personaggi del mondo dell’arte ma anche persone che hanno semplicemente pubblicato il lavoro dell’artista su Instagram, diventeranno parte attiva dell’opera, come del resto presupponeva la poetica relazionale dell’artista cubano. Come nell’opera originale di Gonzalez-Torres, infatti, chiunque si confronti con Untitled (Fortune Cookie Corner) è autorizzato a consumarne i biscotti. Alla fine della mostra i biscotti non saranno più considerati una delle opere di Torres. Rosen, che è stata la gallerista storica di Gonzalez-Torres, crede che l’aspetto chiave dell’opera riguardi la rigenerazione, «Felix ha rinunciato al controllo per rendere il suo lavoro costantemente presente e in divenire».
Il 14 giugno, a metà mostra, ogni luogo rigenererà il suo mucchio di biscotti. Ogni partecipante è tenuto a documentare il progetto e le reazioni delle persone. La ricerca sarà pubblicata sui siti web delle gallerie Zwirner e Rosen. Il progetto segna il lancio di un nuovo sito per la Fondazione Felix Gonzalez-Torres, che avverrà il 23 maggio. Sul sito sarà presentata anche una documentazione fotografica aggiornata delle opere dell’artista, scomparso prematuramente nel 1996, in seguito alle complicazioni dell’AIDS.
Untitled (Fortune Cookie Corner), facente parte della serie Candy, esemplifica l’intero operato di Torres. Le sue opere sono state in grado di creare forti interstizi sociali, in cui si sono attivati scambio e condivisione.
Come spesso Torres affermava, «L’arte è soprattutto un modo per lasciare una traccia della mia esistenza: io ero qui. Ho avuto fame, sono stato tradito, ero felice, ero triste, mi sono innamorato, ho avuto paura, ho avuto tante speranze, ho avuto un’idea, avevo un buon fine, ecco perché faccio arte».
L’azione collettiva curata da Rosen e Zwirner si configura come un modo per riflettere sul distanziamento sociale. «Pensiamo alle esperienze virtuali e al modo in cui ci sentiamo disconnessi e crediamo che il lavoro di Felix sia un’esperienza fisica e reale che possa riconnetterci tutti», dichiara Andrea Rosen.
Per i galleristi è importante che l’opera generi delle riflessioni, «L’esperienza è stata in grado di connettere per persone? Ti sentivi parte di un tutto o ha enfatizzato il tuo senso di isolamento?». La mostra vuole sottolineare che «Non tutti viviamo allo stesso modo quello che sta succedendo» e che, per questo motivo, è fondamentale pensare in modo più profondo e consapevole alla collettività.
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Ottima notizia. Però c'è un errore nel testo: Andrea Rosen è donna. Per amor di chiarezza va corretto, soprattutto per chi andrà a leggere l'articolo in futuro e non conosce il personaggio.
grazie, abbiamo corretto (La Redazione)