Kandinsky e la magia di una pittura fatta di linee e colori

di - 28 Marzo 2014
Giallo come il triangolo, rosso come il quadrato, blu come il cerchio, a Palazzo Reale di Milano (fino al 27 aprile), l’incanto estetico comincia dalla prima sala della mostra personale di Vassily Kandinsky (1866-1944), dove è stata ricostruita l’opera ambientale Salon de réception, ideata nel 1922 per la Juryfreie Kunstausstellung al Glasplast di Berlino, costituita da cinque pannelli decorativi a sfondo nero, ricostruita in occasione dell’inaugurazione del Centre Pompidou nel 1977 dal  pittore e restauratore Jean Vidal, e da allora mai più esportata fuori dalla Francia. Solo per questa opera, che permette allo spettatore di immergersi nell’universo di forme fluttuanti e di colori del genio  dell’astrazione, la mostra merita una visita. Seguono nelle sale successive oltre ottanta opere ordinate cronologicamente e suddivise in quattro sezioni: gli esordi, il periodo in Russia, quello tedesco, fino all’ultimo soggiorno in Francia che ripercorrono le tappe più importanti della sua  ricerca dalla pittura figurativa all’astrazione.

Dal dipinto la Vecchia Città (1902) al prezioso video che mostra la mano dell’autore mentre traccia linee con un pennello nero, le opere irradiano vibrazioni emotive e psichiche rigeneranti. Emozionano i dipinti degli esordi in cui le tradizioni popolari dell’arte russa, l’amore per il mondo delle fiabe medioevali, esoterici pittogrammi  stilizzati, si fondono in paesaggi onirici dai colori vivaci per lo più primari. Le opere degli anni Trenta, sembrano un omaggio a Paul Klee, suo amico e collega del Bauhaus. Questi capolavori vengono dal Centre Pompidou di Parigi e configurano paesaggi emozionali in cui prevale un indefinibile desiderio di assoluto che attraversa l’anima.
Questa poetica retrospettiva, promossa da 24 ORE CULTURA con il Comune di Milano-Cultura, Palazzo Reale e Arthemisia Group a cura di Angela Lampe, conservatrice del Musée National d’Art Moderne del Centre Pompidou e Ada Masoero, presenta inoltre dipinti e opere su carta di Kandinsky, pittore, scrittore, docente del Bauhaus che ha inventato un alfabeto visivo liberato dalla figura e dall’imitazione della realtà. Opere che appagano i sensi e che conducono chi guarda nell’essenza del colore, delle emozioni verso un “altrove” geografico e culturale indefinibile.

Passeggiare tra le sale espositive è un’esperienza estetica consigliabile come terapia benefica e rassicurante contro l’omologazione e la dilagante banalizzazione dell’arte contemporanea. Rigenera lo sguardo la totale indipendenza dell’artista russo di nascita, mitteleuropeo di formazione, affascinato agli esordi dalle decorazioni popolari delle isbe dell’arte russa, sconvolto dalla visione dei Covoni di Claude Monet e travolto dalla volontà di andare oltre le forme riconoscibili, con opere concepite come racconti interiori e che a ogni colore attribuisce un movimento, un suono, una forma e una sensazione, potenziando l’espressività del colore e le articolazioni delle linee e dei punti in continua espansione nello spazio. Nella scelta della tecnica dell’acquarello si evince una dichiarazione sperimentale di leggerezza e già nei suoi primi dipinti ad olio ancora legati al Simbolismo impregnato di esoterismo e all’Impressionismo, l’accentuazione del rosso, nero e bianco prefigurano l’evoluzione della sua arte verso l’astrazione che continua a stupire per candore e rassicurante equilibrio compositivo. L’Astrattismo è il risultato delle diverse esperienze vissute in Russia, Francia e Germania.

Kandinsky giunge a Monaco nel 1896, l’apprendistato artistico si sviluppa tra l’Accademia, il Simbolismo e lo Jungestail, nel 1901 fonda il gruppo Phalanx, di cui crea il manifesto,  un’associazione di artisti inneggianti a questo nuovo stile intriso di Simbolismo, dove incontra Gabriele Munter, sua allieva e compagna di vita, esperienze cui seguirono viaggi in Olanda, Tunisia, Italia e Austria. A trent’anni l’autore intraprende privatamente studi artistici con Franz von Stuck, dopo aver studiato dieci anni economia e diritto romano e russo all’università di Mosca. Nel 1906 la coppia si trasferisce a Parigi, quattro anni dopo Kandinsky dipinge le prime opere astratte e fonda con Franz Marc il Blaue Reiter (Cavaliere Azzurro). Dal 1914, con lo scoppio della guerra, si rifugia in Svizzera, poi torna in Russia e partecipa a mostre collettive a Mosca e a Pietroburgo nel periodo prerivoluzionario, ma non ha contatti con i leader dell’avanguardia russa, come Kazimir Malevic, padre del Suprematismo e il costruttivista Vladimir Tatlin, che incontra dopo la rivoluzione d’ottobre. Mentre a Milano si imponeva il Futurismo, le prime opere astratte dal 1910 coincidono con la pubblicazione del libro Lo spirituale dell’arte, trattato estetico rivoluzionario diviso dall’autore in tre categorie: le Impressioni  (in tutto sei) suscitate dall’osservazione della natura, le Improvvisazioni (35 fino al 1914) e infine le Composizioni, opere di grandi dimensioni in cui le ricerche degli altri due cicli raggiungono una sintesi formale indimenticabile. Rientrato a Mosca, Kandisky dal 1919 al 21 dirige il Nuovo Museo di Cultura Pittorica e insegna nei liberi laboratori artistici Vchutemas.

Emigra in Germania nel 1921, l’anno dopo è inviato da Gropius a dirigere inizialmente il laboratorio di pittura murale al Bauhaus, dove tiene un corso di teoria della forma sino alla sua chiusura nel 1933, con l’avvento del nazismo. Da questo momento Kandinsky cambia codice, prevale un rigore quasi scientifico e, dopo aver scandagliato il “dentro  psicologico”, si concentra sul  “dentro  fisico” in cui  la composizione prevale sull’emozione e l’interiorità si racchiude in linee più concise al passo con la nuova esperienza didattica intrapresa al Bauhaus.
Lo documenta Punto, linea e superficie (1926), il secondo trattato estetico e chiave di interpretazione della sua produzione tra gli anni Venti e Trenta, in cui  scrive «L’arte oltrepassa i limiti nei quali il tempo vorrebbe comprenderla, e indica il contenuto del futuro».
Nella mostra milanese, tale passaggio a un codice geometrico astratto si evince nel capolavoro Su bianco II, realizzato a Weimar nel 1923, dopo il ritorno in Germania, che rivela l’influenza delle composizioni di Malevic con soluzioni formali giocate su spostamenti degli assi direzionali e diagonali sovrapposte a superfici piane, quando la razionalità del procedimento artistico prenderà il sopravvento sulla tensione lirica-spirituale.
Dopo la mostra collettiva dedicata all’Astrattismo nel 2007, questa poetica retrospettiva del maestro russo è imperdibile perché, anche se didascalica ma non accademica, guarda al di là del mondo e del tempo, va oltre l’inganno delle apparenze.
Dalle prime opere permeate di folklore russo, fino al Bleu de ciel, del 1940, un caleidoscopio di  forme organiche, amebe indecifrabili che fanno pensare alle Costellazioni surrealiste di Joan Mirò, l’esposizione materializza un ideale spartito musicale grazie al progetto di allestimento dello studio Castagna Ravelli che evidenzia la propensione di Kandinsky a collegare musica e arte figurativa: un approccio che approfondirà con il compositore russo Thomas de Hartmann e con Arnold Schonberg, il fondatore della musica atonale. Le opere realizzate nel 1910, di carattere spiritualista e teosofico sembrano trascrivere note armoniche di un inno antirazionalista e contro i limiti del materialismo e del positivismo dominante nel XX secolo, si fissano nella memoria per l’audacia  compositiva che raggiunge esiti irriproducibili, con forme saettanti che appaiono all’improvviso dall’ignoto come pentagrammi emozionali che visualizzano codici di percezione mai esplorati prima, con l’obiettivo, scrisse Kandinsky di : «Parlare del mistero dell’arte per mezzo del mistero».

Kandinsky non ha avuto vita facile, costretto in seguito allo scoppio della Prima guerra mondiale a lasciare la Germania, cacciato dalla Russia dal regime bolscevico, tedesco adottivo dal ’21 ma poi costretto ad abbandonare la Germania nel 1933, muore a Parigi nel 1944, l’anno della liberazione della Francia dall’orda nazista, prima della fine della  guerra. Eppure, del suo dramma personale nelle opere non traspare nulla, neppure l’ombra di qualche inquietudine, Kandinsky va oltre le apparenze, ponendo le premesse degli astrattismi degli anni a venire, fino all’Arte Concreta costituita da incroci di linee e piani rigidamente geometrici, dipinti a toni nitidi. Nel ‘30 Kandinsky era stato chiamato dal Gruppo Cercle et Carré e, attraverso Hans Arp, entra in contatto con i Surrealisti e con il gruppo Abstraction-Création. La sua arte è ormai un classico dell’avanguardia, universalmente nota perché configura dimensioni liriche autoreferenziali,  fino all’essenza astratta dell’oggetto fatta semplicemente da linee e colori.

Jacqueline Ceresoli (1965) storica e critica dell’arte con specializzazione in Archeologia Industriale. Docente universitaria, curatrice di mostre indipendente.

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  • sos! sono vecchia ma vorrei capire.
    qualcuno mi potrebbe aiutare?
    maria brescia

  • molto belle le pitture !!!!!!solo una cosa dico ....i colori sono le emozioni e le fantasie .....i colori hanno potere!!!!!!!!!!!!!!!bravo kandisky!!!!

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