Foto di Régis Golay. Credito foto © federal.li Didascalia: vista dell'installazione della Fondation Plaza al Salon Art Genève 2025. Struttura di BUREAU (Daniel Zamarbide, Carine Pimenta, Galliane Zamarbide) che presenta « Corps Cinétiques », programma curato da Elise Lammer
Qualche giorno fa ho avuto la fortuna di vedere Kinetic Bodies e mi sono ritrovata immersa in una sorta di trance, come se per un’ora fossi stata posseduta dal ballo di San Vito. Non riuscivo a smettere di muovere i piedi, come in un esercizio fisico e sensoriale al tempo stesso – una menzione speciale la meritano Love My Way, You Make Me Feel (Mighty Real) (da 4’47”), Pass This On e Respect (da 2’21’’).
La rassegna video curata da Elise Lammer a Ginevra per la Fondazione Plaza, durante l’ultima edizione della fiera Art Genève recentemente conclusasi, esplora la danza come linguaggio universale di emancipazione, come forma di resistenza e liberazione, invitando a una riflessione su identità, desiderio e trasgressione. Il rimando alla dimensione cinetica espressa nel titolo abbraccia l’idea di movimento come principio fondamentale, essenziale per spiegare determinati fenomeni: una forza capace di trasformare la materia, i corpi.
Con un’interpretazione ampia di ciò che significa immagini in movimento, Kinetic Bodies concepisce il movimento come un principio strutturante e propulsivo che altera, connette e ridefinisce la percezione, generando un dialogo intergenerazionale sulle dissidenze, il genere e la sessualità.
Il programma di Kinetic Bodies ha riunito una selezione di video ed estratti cinematografici di artisti e registi come Luiz Roque (Modern, 2014), Richard Wenk (Vamp, 1986), Alexandra Bachzetsis (Notebook: Denim, 2023), Luca Guadagnino (Call Me by Your Name, 2017), Enad Marouf (Time of the Angel, 2020), Jean Genet (Un Chant d’Amour, 1950), Xavier Dolan (Heartbeats, 2010), Tracey Emin (Why I Never Became a Dancer, 1995), Fritz Lang (Metropolis, 1927/2010) e Adrian Piper (Funk Lessons, 1983).
La relazione tra opere del cinema classico e contemporaneo, come quelle di Lang, Guadagnino ed Emin, si intensifica attraverso ripetizioni e intrecci visivi, in un’esperienza che richiama le pratiche del cinema sperimentale di artisti come Maya Deren e Kenneth Anger, che hanno esplorato il potenziale del movimento nell’immagine come linguaggio di sovversione.
Le opere di Guadagnino e Marouf indagano identità e desiderio in contesti di profonda trasformazione emotiva e fisica, mentre quelle di Lang ed Emin evocano momenti di rottura e liberazione con un linguaggio visivo potente e trasgressivo. Wenk, Roque e Piper ampliano questa prospettiva, portando il movimento e la resistenza verso nuove dimensioni, dove l’espressione corporea diventa un mezzo di riconfigurazione dell’identità. Bachzetsis, Dolan e Genet proseguono, poi, questa riflessione sulla resistenza e la trasformazione, attraverso gesti d’amore e desiderio o con un confronto diretto con le norme sociali.
Oltre alla sua dimensione estetica, Kinetic Bodies si configura come una dichiarazione politica, uno spazio di affermazione. Ogni immagine proiettata dialoga con le lotte contemporanee per la visibilità e i diritti della comunità LGBTQ+, proponendo un cinema che non si limita a raccontare, ma agisce come luogo di contestazione. Le immagini evocano lo spirito di cineasti come Derek Jarman, che ha ridefinito la rappresentazione del corpo queer, o Chantal Akerman, la cui esplorazione del tempo e dello spazio rifletteva una forma di resistenza sovversiva.
La proiezione in loop di 60 minuti amplifica l’esperienza immersiva, enfatizzando la serialità, il ritmo e la sequenza. Ogni opera diventa parte essenziale di un flusso inarrestabile che–come la danza-mania–evoca l’idea di un movimento quasi rituale, incessante, che sfida le convenzioni del corpo e del tempo. Questo ciclo continuo struttura l’onda visiva e sonora, rimandando alla ripetizione e alla trasformazione nel tempo e trasportando lo spettatore in un’esperienza ritmica e sensoriale, dove il movimento costante del corpo nella danza e nel cinema si trasforma in una cadenza pulsante.
Anche lo spazio che ospita il programma si configura come un gesto di resilienza e modernità. Progettato da BUREAU, si ispira alle Quonset Hut, strutture metalliche prefabbricate diffuse negli Stati Uniti per usi militari, ma successivamente adoperate anche come spazi abitativi, di ritrovo e di spettacolo. Questo piccolo cinema effimero si erge come un luogo sospeso all’interno della fiera Art Genève: annunciato da un’insegna LED e rivestito in legno anziché in metallo, richiama sia il modello architettonico di riferimento sia un set cinematografico, aggiungendo una dimensione onirica e misteriosa. Daniel Zamarbide (BUREAU) rivela echi di David Lynch e Nancy Holt nell’aspetto esteriore e associa il pattern grafico ripetitivo degli interni alla Dream Machine di Brion Gysin e alla pittura concreta di Verena Loewensberg.
L’insieme rafforza l’idea di percezione alterata e immersione sensoriale, riflettendo al contempo il carattere itinerante della Fondazione Plaza, attualmente impegnata nello sviluppo di un complesso nel centro di Ginevra per preservare e rinnovare il cinema come spazio culturale. Il cuore di questa sperimentazione cinematografica sarà il Plaza Centre Cinema, attualmente in fase di restauro e originariamente progettato dall’architetto Marc J. Saugey, grande amante del cinema e affascinato dalle strutture modulari americane.
Il cinema portatile di BUREAU è quindi anche un omaggio al suo creatore. Realizzato appositamente per questa occasione, sarà una struttura nomade in modo da permettere alla Fondazione Plaza di proseguire la propria missione in attesa dell’apertura nel 2026, sottolineando al contempo il concetto di transitorietà e adattamento, in cui dissidenza ed emancipazione si espandono attraverso tempi e contesti differenti.
Kinetic Bodies combina immagini vibranti, video e suoni avvolgenti in una scenografia che dissolve i confini tra finzione e realtà e, come i movimenti cinematografici d’avanguardia, trasforma lo schermo in uno spazio di metamorfosi dinamica. Il programma celebra il cinema e la danza come atti vitali e riafferma l’impegno della Fondazione Plaza per un’arte che ci interroga, scuote e trasforma.
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