Le officine “riparano” di nuovo |

di - 10 Marzo 2017
“Torino è innovazione, OGR è Torino”. Con questo claim riprende vita uno degli spazi architettonici più impegnativi nel processo di riconversione del capoluogo piemontese da città industriale a centro culturale.
Ecco le ritrovate Officine Grandi Riparazioni, i cui spazi abbiamo avuto modo di vedere – in un delle ultime occasioni – durante la festa di Artissima 2014. Poi un velo di silenzio e parecchio lavoro, con novanta milioni di investimento da parte di Fondazione CRT, per rendere questa ex officina a due passi da Porta Susa un vero hub creativo e popolare. Oggi, finalmente, c’è la data di apertura: 30 settembre 2017, con due settimane di festa, e un programma espositivo già tracciato – almeno a grandi linee – per tutto il 2018, stando a quello che racconta il giovane Direttore Artistico, Nicola Ricciardi.
Come è nato il tutto lo racconta però il Presidente Giovanni Quaglia: «Le OGR costituiscono un traguardo, che è anche un punto di partenza per i 25 anni della Fondazione CRT. L’origine del progetto è del 2008, quando l’allora Sindaco Sergio Chiamparino ci chiese di “raccogliere” l’immobile e farlo diventare una “città della conoscenza”. Nel 2012 venne costituita la società consortile e si firmò la convenzione con la città di Torino, e alla fine del 2013 fu firmato l’atto d’acquisto da RFI Rete Ferroviaria Italiana. Allora non era chiaro il disegno, ma si pensava a non far degradare l’immobile e con lui quella parte di città».
L’identità delle OGR, più volte si è ribadito nella presentazione al Teatro Carignano, è un “riparo” che non passa solo dalla vecchia storia  di luogo per la manutenzione dei treni, ma che abbraccerà la cultura in genere, da quella culinaria al teatro e alla danza, passando per il contemporaneo.
Le OGR, specifica Ricciardi, non saranno un museo, ma un contenitore che – con l’aiuto dei protagonisti torinesi e non – si riempirà di volta in volta di contenuti. Per iniziare, per esempio, Patrick Tuttofuoco con i bambini di Casa OZ allestirà un paesaggio di 2mila e 500 metri quadrati, esplorabile dal pubblico. Durante Artissima, poi, le OGR non solo saranno palco per “Club to Club”, ma anche per una mostra realizzata in collaborazione con la Fondazione Sandretto (che quest’anno compie 25 anni) coinvolgendo tre curatori d’eccezione: Tom Eccles dal Bard di NYC, Mark Rappolt di Artreview e l’artista Liam Gillick, che mischieranno opere non solo della collezione di Patrizia Sandretto ma anche di MAO, Castello di Rivoli, Museo Egizio, Palazzo Madama. Le OGR, insomma, saranno anche una “cassa di risonanza” per i centri dell’arte, dei teatri e delle associazioni della città sabauda.
Volete qualche numero “tecnico”? Ci pensa Massimo Lapucci, Segretario Generale della Fondazione, che ricorda: «Nel 2012 il progetto doveva essere solo un remake di fognature e tetti, poi però si è dovuto trovare una soluzione organizzativa, un’opportunità per un progetto che doveva andare al di là dell’idea iniziale: passare, insomma, dalla riparazione dei treni a quella dell’arte, dello stato sociale. E così Fondazione CRT ha iniziato un’impresa colossale: 90 milioni di euro stanziati per rimettere in vita 35mila metri quadrati di area, con 1200 serramenti, 115 chilometri di tubature e 8mila chili di bulloni e affini utilizzati, per un totale di 300mila ore di lavoro», e anche un dialogo costante con la Soprintendenza e l’impresa torinese Zumaglini e Gallina, che si è occupata dei lavori di recupero.
Con il logo disegnato da studiolabo, che riprende “l’estetica” dei binari, le OGR insomma saranno, come sono state definite – almeno sulla carta – un “luogo che diventa progetto”, ottimamente collegato anche con Milano: e in effetti, di nuovo, questo collegamento tra le due metropoli non è una condizione sottovalutabile, né sottovalutata negli intenti: ricordiamo, infatti, che l’ingresso per quelle che saranno le Officine Grandi Riparazioni è su Corso Castelfidardo, a 5 minuti a piedi dalla stazione Alta Velocità di Porta Susa, il che significa a 45 minuti esatti dalla milanese Porta Garibaldi.
Le altre aree di questo contenitore che, per farvi un’idea, potrebbe “riparare” sotto il suo tetto 11 airbus o 52 campi da tennis? Saranno dedicate alle start up, e nel transetto di collegamento tra le maniche nord e sud ci sarà spazio anche – come detto sopra – per il cibo, privilegiando ovviamente la qualità e la provenienza locale.
Detto questo il Presidente Quaglia assicura che Fondazione CRT continuerà  ad occuparsi anche di altri progetti sul territorio, in una “compatibilità di percorsi”, integrando iniziative e altre realtà.
Per ora le novità sono finite, e forse va bene così: inutile svelare troppo, ancor prima della fine dei lavori (prevista per maggio-giugno): appuntamento al “big bang” di fine settembre, appellativo che ci ricorda un po’ “La fine del mondo” del Centro Pecci. Ci auguriamo che sia un buon auspicio, come lo è stato per il museo toscano.
Matteo Bergamini

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