Piero Golia, tra verità e finzione

di - 25 Luglio 2015
Piero Golia non ama essere intervistato. Pensa che questo strumento di scambio intellettuale in realtà promuova una certa pigrizia nei critici che dovrebbero concentrarsi di più sulle opere, piuttosto che chiedere agli artisti di spiegarle. Sono rimasta quindi piacevolmente sorpresa quando due anni fa, in occasione della Sua partecipazione al Padiglione italiano della Biennale di Venezia, ha accettato di rispondere a qualche mia domanda. Ricordo il nostro breve scambio verbale come uno dei momenti più interessanti che ho avuto in quei giorni concitati e il rigore intellettuale di questo giovane artista decisamente sorprendente, come sorprendente è il suo lavoro.
Piero Golia (Napoli, 1974), nonostante da anni viva in quella megalopoli che è Los Angeles, è rimasto uno scugnizzo napoletano, con gli occhi vispi e la battuta pronta e un’ironia tagliente che è anche la costante dei suoi lavori volutamente in bilico fra realtà e immaginazione, possibile e impossibile, verità e finzione.
Il suo rocambolesco esordio nel palcoscenico dell’arte Contemporanea avviene nel 2000 a Torino durante Artissima  (On the edge, 2000) quando sale su una palma rifiutandosi di scendere finché una sua opera non fosse stata comprata. Un gesto performativo indubbiamente eclatante da novello Barone Rampante che lo ha catapultato sotto i riflettori dell’attenzione critica e mediatica. Nel 2001 convince una ragazza a farsi tatuare sulla schiena il suo volto sormontato dalla scritta “Piero my idol” [Tattoo (The Sequence), 2001], sempre in quell’anno riesce ad eludere la visita di leva (To Whom it May Concern, 2001) autoproclamandosi una celebrità nel mondo dell’arte e corroborando questo statuto con una serie di lettere fatte scrivere da amici e conoscenti. I suoi gesti sono sempre assoluti, radicali e spiazzanti come quando nel 2008 ad Art Los Angeles Contemporary ha compresso un intero autobus nello spazio dello stand della Galleria Bortolami [Untitled (Bus), 2008].

Il suo slittare con sorprendente intelligenza fra le pieghe della realtà lo rende non solo unico ma inimitabile, come quando decide di rendere palese la sua presenza, in una città vorace come Los Angeles che vive sui miti sullo star system,  installando sul tetto dello Standard Hotel un enorme sfera luminosa tipo luna piena (Luminous Sphere On Top Of The Standard Hotel, 2004-2010) che si spegne quando lui parte. Ironia e rigore sono i binari paralleli dentro cui si formano i lavori concettuali di Piero Golia che mirano a scardinare con la loro presenza non solo i parametri interpretativi, ma anche le basi del sistema dell’arte e soprattutto il mercato con le sue regole, come quando agli esordi della carriera decide di costruirsi una retrospettiva con circa vent’anni di anticipo rispetto ai tempi fisiologici necessari alla storicizzazione di un’artista (Piero Golia: Retrospective, 2001).
Talvolta è la vita con i suoi improvvisi drammi e le inevitabili disavventure a forgiare il suo lavoro. Memorabile a questo proposito Untitled, (Y3AT35SIE1029489) (2003) l’unicorno di lucido metallo perfettamente levigato realizzato con la fusione delle lamiere della sua automobile dopo un incidente stradale. L’arte non imita quindi la vita, ma ne è diretta conseguenza e nella vita di Piero Golia la realtà si fonde con il lavoro fino a diventare un tutt’uno di incredibile fascinazione intellettuale ed estetica. E se le rovine della sua casa americana distrutta dopo essere stata centrata in pieno da un incauto autista di taxi diventano il materiale per la sua personale del 2010 alla galleria Gagosian dall’ironico titolo Concrete Cakes and constellations paintings – 2011(fino al 30 luglio), gli scarti del polistirolo usati per realizzare una replica a grandezza naturale del naso di George Washington scolpito nel Monte Rushmore in South Dakota diventano i protagonisti (Intermission Paintings, 2015) della sua prima personale alla Galleria Gagosian di Roma. Lo slittamento fra verità e finzione è qui davvero portato all’estremo e il polistirolo espanso, un materiale industriale davvero poco attraente, come per magia si trasforma in una serie di preziose lastre di quarzo policromo.

La sensazione che si prova entrando nella sala ovale della sede romana di Gagosian è di preziosità e bisogna davvero rimanere concentrati per non farsi prendere dalla finta preziosità che emana da questi lavori davvero perfetti. Per arrivare a questo sorprendente risultato Golia ha ricoperto con un duro strato di polimero i pezzi di polistirolo residui, per poi dipingerli con i nano-pigmenti iridiscenti utilizzati nell’inchiostro di sicurezza per la stampa delle banconote. Casualità e raffinatezza tecnica hanno quindi concorso in egual misura alla realizzazione di una serie di lavori appaganti da un punto di vista estetico, ma che sono anche sostenuti da una forte base concettuale e performativa.
Gli Intermission Paintings sono il risultato apparentemente casual di un lavoro più vasto, la trilogia Comedy of Crafts, performance scultorea in tre atti concepita e diretta dall’artista che ha come protagonista il famoso naso Washington. L’Arte è quindi il risultato del vivere, il caso è la variabile che l’artista imbriglia in un processo creativo di entusiasmante intelligenza.

Paola Ugolini

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