Siamo le coppie più belle dell’arte

di - 24 Agosto 2017
“Vivremo una vita eccezionale. Faremo diventare la realtà un sogno, e il sogno la realtà”, scriveva Rodchenko a Stepanova, nel 1915. Sono due tra i sei protagonisti che, sino al 1 ottobre, il museo Man di Nuoro decide di raccontare in una mostra retrospettiva, dedicata ad alcuni dei più vivaci e ferventi artisti nel panorama dell’avanguardia russa.
Natalia Goncharova e Mikhail Larionov, Varvara Stepanova e Alexander Rodchenko, Lyubov Popova e Alexander Vesnin, condivisero un legame relazionale che li rese attivi partecipanti di importanti mutamenti intellettuali e storici. La mostra del MAN, curata da Lorenzo Giusti e Heike Eipeldauer, è pensata per porre l’accento anche sulle controparti femminili delle coppie, svelando un trattamento paritario che scardina quello puramente tradizionale e conservatore dell’uomo artista, e della donna come musa.
Una collaborazione e un rapporto di coppia vissuto sullo stesso piano, sin dal 1905, è quello di Natalia Goncharova e Mikhail Larionov. I due sperimentarono con serietà e dedizione i movimenti artistici più influenti del panorama europeo, in special modo l’impressionismo francese. Ma è forte l’attenzione verso il mondo della tradizione russa, la cui iconografia e approccio artistico divengono oggetto d’attrazione per la coppia, in un’ottica che si sposta da Parigi verso la propria terra natia, evidente in un’opera quale il Trittico del Salvatore (1910-11, sopra).
Amore e rivoluzione, vista della mostra
«La mia strada va verso la fonte originaria di tutte le arti, verso l’Oriente», dichiarerà Goncharova nel 1913, in una prospettiva che fa presagire un’affezione ideologica ai nuovi valori politici della Russia del tempo. La sperimentazione tenderà verso delle scelte stilistiche vicine a quelle dei futuristi italiani, dove è la luce e una linea nervosa e rapida, a dominare la scena. Così, un galletto si trasforma in fenice luminosa, in Gallo e gallina (1912-13) di Larionov, i cui contorni si fanno dinamici e tesi.
Dallo slancio più comunicativo e di reciproco scambio, il tenore di coppia di Vesnin e Popova. La formazione da architetto di lui, si trasferisce nella ricerca costruttivista, di lei. Un percorso fatto di incroci, suggerimenti, ed attivo scambio di opinioni. Nelle opere esposte, diviene quasi un gioco trovare come le idee dell’uno, tornino nelle opere dell’altro. Passi a due, come nel Progetto per la parata Militare Teatrale. Terzo Congresso Internazionale del 1921, ma anche tanti progetti singoli, come nei bozzetti per le opere teatrali di Popova, e nel ritorno alla professione di architetto, di Vesnin. É soprattutto in questi lavori che l’adesione ai programmi politici della rivoluzione d’ottobre si fa più evidente: entrambi lavorarono per costruire una nuova identità visiva alla propria nazione, fatta di strutture chiare ed ordinate, nelle quali domina l’angolo retto, ponendo in evidenza intenti sociali e programmi politici (Teatro del Centro Culturale dell’Area Proletaria, del 1931).
Amore e rivoluzione, vista della mostra
A chiudere le incursioni nella vita dei costruttivisti russi, vi è il rapporto tra Rodchenko e Stepanova. Da un incontro giovanile nella Scuola d’arte di Kazan, il loro percorso si incrocia definitivamente, nella vita come nell’arte. Lungo la propria carriera artistica, Rodchenko persegue uno studio serrato sulla linea, vista come modulo essenziale, “strutturale e creativo”, ed evidente soprattutto nella serie delle Composizioni. All’interno della propria linea di pensiero, egli suddivide gli artisti in due categorie: analitici, di cui si sentiva parte, e sintetici. Nella squadra differente, pone la compagna Stepanova, il cui interesse è decisamente a maglie larghe. Tra arte, poesia, design, teatro e costume, infatti, l’artista dà vita ad un universo creativo ricco di input e ispirazioni che finisce per essere materiale di spunto e linfa innovativa per Rodchenko, specie nel suo decollo come designer nel 1922. La ricerca di un marchio visivo adatto per la pubblicità, risente dello stile grafico di Stepanova, e della sua abilità come ideatrice di collage (Autocaricatura (come clown), 1924). Dalle pennellate ampie, Stepanova fa trasparire nei suoi lavori un approccio ironico e accattivante, che Rodchenko fa suo, sperimentandosi egli stesso nei collage. Nel tempo invece, appare più analitica la linea di lei, in un reciproco scambio che entrambi non tentano mai di limitare.
Amore e rivoluzione, vista della mostra
Una piccola perla, infine, una “mostra nella mostra”, la carriera dal 1924 di Rodchenko come fotografo. Ritratti e momenti di vita di una società “nuova”, quella moderna e all’avanguardia della Russia bolscevica, rappresentata con prospettive dal basso, nella ricerca della verticalità (Torre Shukov, 1929) e nella consueta attenzione alla linea come modulo fisso.
La mostra, che si completa del catalogo pubblicato da Silvana Editoriale, con testi dei curatori e Verena Krieger, Alexander Lavrentiev e Florian Steininger, narra così di un ideale di arte e vita, che pare trovare reale compimento.
Nel manifesto del 1913 , Larionov sintetizzava così un progetto di vita definito e coraggioso: “Noi abbiamo chiamato ad alta voce la vita e la vita ha invaso l’arte, e adesso è ora che l’arte invada la vita”. Sei esistenze legate a passo doppio, nel tentativo di dare concretezza e realtà ad un ideale, nella piena legittimazione del ruolo dell’altro. Sei percorsi artistici che emergono senza ombre e dislivelli in relazioni profonde e radicate, vissute nell’entusiasmo di un amore che nulla aveva di utopico, ma che maturò e tenne fede a dei sogni condivisi.
Elena Calaresu

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