Unfinished building. Turin, 2023.
Signalogia è un progetto di arte urbana architecture based che pone l’espressività intrinseca della città come protagonista. L’obiettivo è di trasformare il quotidiano in straordinario, mettendo in evidenza spazi e strutture spesso trascurate. Ideato da Leonardo Dal Bo Lo Porto, Signalogia rappresenta uno sguardo partecipativo sul paesaggio antropizzato che sfida la pervasività delle immagini e la passività dell’osservazione e invita a riscrivere la propria percezione della città, lasciando che sia la città stessa a mostrarsi e a parlare.
Edifici abbandonati, silos, prese d’aria, giunzioni elettriche, oggetti e costruzioni il cui scopo non è sempre chiaro sono il soggetto e la tela su cui Dal Bo Lo Porto interviene reinterpretando il loro senso di appartenenza allo spazio, tingendoli di giallo – perché, con le parole dell’artista, “Ha la capacità di emergere dall’orizzonte urbano” – e oro – “perché in esso così come nel cielo, possiamo perdere il nostro sguardo e viaggiare verso un immaginario più ampio, da dentro la città al di là del confine”.
La genesi del progetto risale a un invito da parte dei Metzicans, trio di artisti messicani, che ha portato Dal Bo Lo Porto a dipingere nelle strade di Toluca nel novembre 2019. Questa esperienza ha innescato una riflessione sulle potenzialità degli stadi “intermedi” dell’immagine – prima che l’immagine diventi tale, un che di ben definito da osservare, insistendo invece sull’aspetto non decorativo, non rappresentativo, ma di semplice presenza nello spazio in dialogo col contesto architettonico, urbanistico e naturale. Questi stadi meno “grafici” rivelano secondo l’artista delle potenzialità espressive che nel contesto di metropoli sempre più sature di stimoli visivi rischiano di passare inosservate.
Due anni dopo, per le strade di Torino, nasce Signalogia, sviluppando il desiderio di lavorare, lasciare segni come suggerisce il nome, nello spazio pubblico, utilizzando le forme urbane come abitanti scultorei. Dal 2021, Signalogia e le sue opere, per sineddoche, signalogie, si diffonde in diverse città d’Italia, da Bologna a Stromboli, e a Marsiglia, città di residenza dell’artista.
Il progetto mira inoltre a recuperare gli intenti etici, (anti)estetici e politici sia del muralismo messicano sia della street art, sviluppatesi qualche decennio dopo in ambito statunitense. Il primo ha fatto dell’impegno politico-sociale la sua ragione d’essere con l’obiettivo di creare un’identità nazionale in seguito alla rivoluzione degli anni ’20 del ‘900 e individuando proprio nei murales nei luoghi pubblici la forma espressiva più adatta a veicolare il messaggio marxista. Mentre la street art e il movimento dei writers nascevano dall’insofferenza per il sistema pubblicitario che si andava via via imponendosi massicciamente nelle metropoli e a cui i writers rispondevano – e rispondono – con strategie di détournement, tag, subvertising, e azioni volte a sfidare il regime visuale imposto.
Entrambi i casi ci ricordano la responsabilità delle immagini (e di chi le produce) nella costruzione di un immaginario collettivo, nel plasmare gli spazi come i desideri, invitando ad assumerci questa responsabilità e a divenire soggetti attivi e consapevoli nella definizione dello spazio pubblico.
Oggi, in un momento storico in cui le città sono fortemente segnate dalle politiche del decoro e dalla prolificazione dei “non luoghi” di Marc Augé, la street art può essere un potente agente di risemantizzazione e risentimentalizzazione di territori che tendono sempre più all’omologazione. Con questa convinzione, Signalogia si propone di esplorare e valorizzare le micro-infrastrutture pubbliche e gli apparati edilizi spesso trascurati, infondere identità negli spazi anonimi, invitando gli abitanti a riconoscersi nuovamente nel contesto urbano, reinterpretando lo spazio antropico e la propria relazione con esso.
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