Categorie: roma

fino al 14.II.2007 | Giuliano Pastori | Roma, Capsvla

di - 8 Febbraio 2007

Gli spazi vuoti, insieme agli onnipresenti non-luoghi di Marc Augé, da sempre hanno interessato l’arte in tutte le sue forme. Ripopolare gli spazi, infatti, arricchirli di nuovi significati, di idee, di senso, li avvalora, rendendo loro la dignità pur nell’essere luoghi di passaggio. La galleria Capsvula da due anni, sotto la guida di Simone Giovagnorio, ospita giovani artisti ansiosi di avere accesso alle coscienze del pubblico per risvegliarne lo spirito sociale. Con un’arte di denuncia delle dimenticanze -è questo il caso- che va oltre la pura ricerca estetica.
Lo spazio si offre come abitabile, disponibile alla volontà dell’artista. Accade anche con la mostra di Giuliano Pastori (Roma, 1975), autore di tre scatti digitali stampati su carta fotografica (40X60 cm), che corrono sul filo tematico che titola la mostra (Berlino 06), curata da Susanna Horvatovicova. Muovendosi tra pittura e fotografia, il lavoro di Pastori ne assume specificità e analogie. Interviene nell’impatto fotografico, rendendo dinamico l’occhio freddo della macchina: un movimento che spiazza l’immobilità dei territori che incontra (geografici, storici, sociali). Poi immerge lo spettatore in un ambiente polisensoriale. La galleria stessa diventa una tela bianca: l’artista ne modula gli ambienti. Quelli visivi, con le pareti che assumono le scure tonalità dei tunnel e degli infiniti delle fotografie, e quelli auditivi mediante sonorità che guidano la contemplazione.
Le tre foto sezionano il reale. È questa una virtù propria della fotografia, la capacità di selezionare una parte del tutto, ricollocarsi nei differenti contesti e assumere, quindi, nuovi significati.

Così l’angolatura straniante dei luoghi ripresi va oltre la semplice denotazione, seppur impegnativa (la scelta stessa di non titolare l’opera agisce in questo senso), comunica a chi osserva un’asfissia degli interni, una perdita di controllo logico sui contorni, sfocati dal movimento. Solo in ultimo rimanda all’evento storico, passando dunque attraverso la corporeità che precede l’atto di memoria. L’artista agisce sul livello di stratificazione e permane nella volontà di risemantizzare gli elementi: il museo ebraico, istituzione, memoria ufficiale di un percorso storico radicato nelle coscienze individuali, qui presente negli scorci di due delle foto -capogiri prospettici irriconoscibili- crea un punto di contatto con la terza, visione su un interno di una scuola pubblica dismessa che la Biennale berlinese ha animato lo scorso anno con una panoramica su un mare di friedrichiana memoria.
La storia getta un ponte verso la contemporaneità. L’arte, in entrambi casi, interviene attestando prima e svelando poi: incanalandosi negli spazi quotidiani, fuggendo dall’immobilità storica, per farsi democratica, nelle scuole come nei musei.
Le opere di Pastori spiazzano, camminano sul filo tra la piattezza del supporto espositivo e il senso di profondità suggerito dalle ombre, quasi punti di fuga per l’occhio che le studia. Ne deriva un effetto perturbante: lo sguardo si sofferma su quelle porzioni del reale che si eternano nella fotografia, sintesi del significato primo e delle altre innumerevoli interpretazioni.

“La fotografia, l’immediatezza di uno scatto, contribuiscono a fermare l’immagine che testimonia la vitale osmosi esistente tra l’uomo e lo spazio esterno.”, dichiara Pastori.
Decentralizzazione forse è la parola d’ordine, fisica e concettuale. E uno sguardo in bilico tra memoria e presente.

chiara li volti
mostra visitata il 3 febbraio 2007


Giuliano Pastori – Berlino ‘06. A cura di Susanna Horvatovicova
Capsvla., Via Ascanio Rivaldi, 9 Roma (Zona Monteverde)
25 gennaio 2007 – 14 febbraio 2007 – ingresso libero
Tel. 3335.6577850 – e-mail: eurpost@hotmail.com
visitabile su appuntamento – www.capsvla.com


[exibart]

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