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Fino al 15.I.2017 | Lia Drei / Francesco Guerrieri. La regola e l’emozione 1962-1973 | MACRO, Roma

di - 14 Dicembre 2016
Lia Drei (Roma 1922-2005) e Francesco Guerrieri (Borgia 1931 – Soverato 2015), uniti nell’arte e nella vita, artefici e protagonisti di una tenera storia d’amore e di una sperimentazione tra le più riuscite in Italia nel novero delle ricerche astratte. Lei figlia d’arte, disinvolta ed elegante (suo padre Ercole è stato tra i protagonisti della scena capitolina nei decenni centrali del secolo scorso), lui calabrese tenace, con il viso gentile e lo stile da ragioniere di buona famiglia. Due personalità distinte per un unico mondo, che ora, per la prima volta dopo la morte di Francesco, si ha la possibilità di vedere affrontate nella Project Room 1, al primo piano del Macro, nella mostra “Lia Drei / Francesco Guerrieri. La regola e l’emozione 1962-1973”. Una rassegna ben ordinata ma contenuta negli spazi, troppo per chi ha conosciuto Francesco in vita e Lia attraverso i suoi racconti, per quanti hanno avuto modo di toccare con mano la vastità (oltre che qualità) del loro lavoro congiunto: un solo universo iconico dalle sfaccettature variopinte con tendenze minimaliste, optical, strutturaliste, gestaltiche. Una pittura, la loro, che in entrambi i casi estrae dal dato fenomenico per farsi pura espressione di energie recondite, di felici andamenti di luce e colore, recuperando nella tela il diaframma sensibile tra natura naturale e natura artificiale, tra oggettivo e imponderabile.
Due ricerche che per tutta la loro durata proseguono senza interruzioni o cedimenti, sempre coerenti a se stesse, di cui ancora oggi a fatica si percepisce la differenza se osservate singolarmente, apparendo una la continuazione dell’altra. La mostra romana finalmente offre la possibilità del confronto, dello scandaglio, concentrandosi su quel decennio fondamentale che, nel giro di un solo anno, dal 1962 al 1963, approda dal Gruppo ’63, in cui Francesco e Lia sono affiancati da Giovanni Pizzo e Lucia Di Luciano, allo Sperimentale P., che vede i due protagonisti agire all’unisono ma in solitudine, lontani dalla risonanza e dal clamore di esperienze di gruppo più vaste, prima su tutte l’Arte Povera. Realizzando opere e progetti all’interno del binomio i due si propongono di indagare le strutture della percezione e della forma, la composizione matematica del quadro, i legami qualitativi e quantitativi del colore, i problemi della comunicazione e dell’intersoggettività del linguaggio artistico, i rapporti tra arte e scienza, industria e società in generale. La loro casa-studio romana diviene la base operativa dell’impresa, divenendo, da quel momento in poi, meta di un’ideale processione di critici e studiosi, da Giulio Carlo Argan a Rosario Assunto, da Corrado Maltese a Sandra Orienti, da Filiberto Menna a Luigi Paolo Finizio.

Ma torniamo al raffronto. Osservando i lavori in mostra si scopre più decorativa lei, attenta alla modulazione del colore, e più rigoroso lui, interessato all’andamento della luce e della linea, ora retta, ora curva; emergono inoltre lontane accezioni futuriste per Francesco (Orientamenti 2 del 1969 o Ritmo struttura policroma con variazioni ondulari del 1966), orfiche per Lia (si vedano le Operazioni spaziocromatiche del 1963). Ea ancora, pittura che si fenomenizza nella continua manipolazione e assembramento di triangoli e circonferenze quella di Lia, condotta principalmente per fasce, parallele o convergenti, ondulate o spezzate, quella di Francesco. Un intento comparativo che emerge chiaro sin dalla parete d’ingresso dove Operazione spaziocromatica B2 di Lia e Ritmo B2 di Francesco, entrambi del 1964, non solo si rispecchiano nel titolo ma rivelano due ricerche tangenti, imbastite da straordinaria affinità intellettuale e indiscutibile comunanza d’intenti.
Strutture primarie rivelano una sorta di oggettività dell’emozione da cui promana un’autentica musicalità visiva e un’aspirazione all’infinito che può dirsi compiutamente spirituale. “Il triangolo rettangolo – ha scritto Lia Drei – è il simbolo della creazione. Ho pensato che il lato destro sia l’uomo, il lato sinistro la donna e l’ipotenusa l’amore che gli unisce e gli dà vita, la punta del triangolo è l’utero che fa crescere lo spazio”. La geometria, dunque, come sentimento e spirito generatore, una favola iconicamente raccontata nel libro d’artista della stessa Drei, Iperipotenusa del 1969, presente in mostra insieme a disegni ed altre pubblicazioni, in cui l’artista propone “una lettura immediata delle tre forme che descrivono dinamicamente la simbologia dell’ipotenusa, che nel triangolo è il simbolo dell’amore, la simbologia del quadrato che è il padre e la simbologia del tondo che è la madre”. Una mostra incentrata su un solo decennio, che nulla presenta del periodo informale di Francesco né dei suoi interni d’artista, ma che in piccolo ripercorre la carriera dei due, costellata da non pochi successi, molteplici prese di posizione e infinite sperimentazioni, una su tutte quella performativa documentata da Un modo di farsi l’arte insieme all’artista, video del 1970 diretto da Pietro Bargellini, incipit dell’esposizione. Un’operazione lodevole che si pone come primo passo per la concreta riscoperta di due protagonisti silenziosi del nostro Novecento. Non resta dunque che attendere una più vasta, duplice antologica, nella consapevolezza che non è possibile dividere i due artisti. Non lo è stato ieri, quando erano in vita, lo è ancor meno oggi, dopo la loro scomparsa.
Carmelo Cipriani
mostra visitata il 17 novembre
Dall’11 novembre al 15 gennaio 2016
Lia Drei / Francesco Guerrieri. La regola e l’emozione 1962-1973
MACRO, Museo d’Arte Contemporanea Roma
Via Nizza 138, 00198 Roma
Orari: dal martedì alla domenica dalle 10.30 alle 19.30
Info: 060608 – 06 671070400, macro@comune.roma.it

Nato a Terlizzi nel 1980, è giornalista, critico d’arte e curatore indipendente. Dopo la laurea in Conservazione dei Beni Culturali presso l'Università degli Studi di Lecce, si perfeziona sull'Arte del Novecento all'Università degli Studi di Bari. Già cultore della materia in Museologia presso l’Università degli Studi della Calabria e docente a contratto presso l’Accademia di Belle Arti di Vibo Valentia, ha condotto studi specialistici e curato mostre per Soprintendenze, istituzioni e musei.  

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