La fascinazione per lo spazio di
Eduard Winklhofer (Voitsberg, 1961) viene da molto
lontano, da quando l’epopea dell’uomo sulla Luna ha marcato un segno indelebile
nel suo immaginario, tanto che è possibile riconoscerne gli influssi anche in
quest’ultima serie di opere, che si sviluppano dallo studio dei rilievi
cartografici delle città europee bombardate durante la Seconda guerra mondiale,
da Dresda a Berlino fino a Verdun. Ma si potrebbe benissimo prenderli per
paesaggi siderali.
I supporti prescelti sono grandi fogli di carta ruvida o
recuperata, lavorati a carboncino o grafite per riprodurre esattamente porzioni
di territorio distrutto dalle granate, quindi bucato, lacerato, anche
fisicamente martoriato dal gesto dell’artista che mira a rievocare, con
l’energia del segno, la tragedia insita in una rappresentazione apparentemente
oggettiva come una carta geografica.
I disegni, esposti uno sopra all’altro come i fogli di un
album, creano una nuova entità tridimensionale e, allo stesso tempo, presentano
solo il primo foglio. Quasi un invito per il visitatore a toccare con mano e a voltare
le pagine di una storia ormai passata, ma che tuttora si rinnova.
L’allestimento ridotto all’osso li presenta appesi con due chiodi alla nuda
parete bianca e immediatamente catalizza l’attenzione verso di loro,
alimentando un’inconscia richiesta di spiegazioni.
Realizzandoli in orizzontale dunque, ma esponendoli in
verticale, con un voluto ribaltamento del punto di vista e scegliendo il
monocromo grigio o bianco, Winklhofer ha soprattutto prestato attenzione alla
minima variazione tonale, come un novello
Pollock, che ha reso mezzo privilegiato
della sua indagine il segno, tutto teso al momento esecutivo vero e proprio,
senza inutili orpelli o distrazioni.
Ricordo delle recenti installazioni realizzate
dall’artista a Berlino, Vienna, Monaco e Amburgo è lo spazio dedicato agli “
oggetti
di uso quotidiano”,
nella fattispecie una sedia rotante, appesa al soffitto con del fil di ferro, e
una bottiglia molotov, e soprattutto un’opera parietale site specific in cui
Winkhlofer riprende il tema dei tavoli, da lui già indagato, che qui vengono
risparmiati dal fondo dipinto di nero ad acrilico e connessi tra loro a
ricreare una superficie articolata.
La reiterazione e l’affastellamento degli elementi non li
svaluta; anzi, l’invito è a scoprire le singole identità degli “oggetti”
esposti, tutti alla ricerca di una propria esistenza nello spazio
tridimensionale e di una propria autodeterminazione.