Un gioco di parole, delicato e sussurrato, è il titolo della mostra, che vede affiancati i lavori di tre artiste. Pressoché della stessa generazione, India Evans (New York, 1978), Serena Piccinini (Bologna, 1977) e Barbara Salvucci (Roma, 1970) usano tecniche diverse (installazioni, fotografia, collage) per raccontare le loro storie. Attraverso la leggerezza ed il candore della carta, Serena Piccinini, che realizza installazioni fortemente evocative che invitano ad entrare, usa elementi recuperati dai giochi dei bambini. Uno è “Mangia-mangia” (a Bologna, mentre a Roma da molti è conosciuto come “Paradiso-inferno”), che dà titolo di un’installazione in cui, legati insieme col trasparente filo di nylon, degli elementari origami scendono leggerissimi dal soffitto, come tanti rami di salice piangente, e avvolgono lo spettatore in un delicato abbraccio.
Il rumore dei tuoi passi, inizialmente progettata per centottanta elementi costruiti con filo armonico, alla base elementari casette costruite con le mollette per panni e alla sommità degli uccelli, si è adattata senza fatica al nuovo spazio, diventando Né rumore né passi. Sempre dedicato al mondo dell’infanzia è anche l’ultimo lavoro, Me e le sue cose, una serie di piccoli scatti in cui la bambola più cara all’artista, contornata dalle ombre di oggetti domestici, è il principale soggetto di fotografie su cui Piccinini è intervenuta in un secondo momento applicandovi dei piccoli oggetti di uso quotidiano.
Il lavoro di India Evans invece guarda da vicino il nudo femminile.
Con il collage, unisce pittura e cartoline pornografiche degli inizi del Novecento, per narrare ricordi e sogni, emozioni e sentimenti. E sempre ad una riflessione sulla memoria riconduce il lavoro di Barbara Salvucci. I ricordi intimi, profondamente legati ad un lessico familiare, vengono cristallizzati in Gioielli di famiglia. Preziose sculture nelle quali alcune fotografie sono per sempre fossilizzate in sfaccettati gioielli.
daniela trincia
mostra visitata il 7 aprile 2006
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