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Fino al 21.I.2018 | Antonietta Raphaël Mafai, Carte | Museo Carlo Bilotti-Aranciera Di Villa Borghese, Roma

di - 20 Gennaio 2018
Dov’è oggi quel trafficato giardinetto ghiaioso che lambisce la monumentale Torre dei Conti scrutando placidamente di sguincio il Colosseo, sorgeva un tempo Palazzo Nicolini Sereni, di foggia umbertina, demolito nel ‘34 per dare spazio alla Via dell’Impero (l’attuale Via dei Fori Imperiali). Lì vissero per qualche anno Antonietta Raphaël (Kaunus, Lituania, 1895 – Roma, 1975) e il marito Mario Mafai (Roma, 1902-1965). Nella loro casa, un attico con un incantevole terrazzo, si dava convegno un cenacolo di artisti – tra i quali Scipione, Mazzacurati, Cagli – che Roberto Longhi ebbe felicemente a definire Scuola di Via Cavour (siamo nel 1929). Alla Raphaël, protagonista discreta della vita artistica di quegli anni, il Museo Carlo Bilotti dedica una mostra di disegni (ad inchiostro, matita, carboncino, pastello)  quasi tutti inediti, appartenenti in gran parte alla collezione della figlia Giulia. Nudi di donna intrisi di erotismo, ritratti di volti in prevalenza femminili, qualche abbozzata  maternità sono i temi ricorrenti di questi disegni, molti dei quali propedeutici alle opere scultoree.

Antonietta Raphaël Mafai, Carte Museo Carlo Bilotti-Aranciera Di Villa Borghese, Roma

Completano la rassegna espositiva due dipinti ad olio che catturano immediatamente lo sguardo e ricordano l’accensione coloristica tutta orientale delle tele più note dove, a tratti, affiora la maniera sognante di Chagall; e  tre sculture, a documento di quello che diventerà nel corso del tempo – a partire soprattutto dagli anni ’60 – il mezzo espressivo prediletto dall’artista lituana tanto da farsi definire da Cesare Brandi “l’unica autentica scultrice italiana”. Figlia di un rabbino, radicata nella tradizione hassidica della propria terra, una tradizione che darà costantemente linfa alla sua vena creativa e una terra da cui – adolescente- fu costretta a fuggire per riparare a Londra e quindi a Roma dove divenne artista esordendo nel ’29 alla prima mostra del Sindacato laziale fascista degli artisti e dove, con fasi alterne, rimarrà per tutta la vita. Abbiamo chiesto a Giorgia Calò, curatrice della mostra, quale secondo lei, il contributo originale della Raphaël alla scuola romana (o scuola di Via Cavour) e più in generale all’arte italiana tra le due guerre. “In primis il suo sguardo cosmopolita. E’ riuscita ad unire diverse culture ed espressioni artistiche, antiche e contemporanee. Le sue origini ebraiche ad esempio si colgono costantemente nel suo lavoro. A volte palesate dal tema, quando tratta storie bibliche per esempio, altre volte la sua ebraicità si evince dallo stile, dai colori, dall’idea del non finito. Poi c’è la sua esperienza formativa, prima a Londra e poi a Parigi che le permette di entrare in contatto con gli artisti dell’epoca e di assorbirne il respiro dell’innovazione. Ed a Roma porta con sé questo grande bagaglio che diventa per certi aspetti costruttivo alla nascita della scuola Romana e che la rende uno degli artisti più visionari nel panorama italiano della prima metà XX secolo”. Un’artista insomma che affonda le proprie radici nell’humus di una tradizione millenaria sapientemente trasfigurata nel linguaggio universale dell’arte.
Luigi Capano
mostra visitata il 23 novembre

Dal 23 novembre al 21 gennaio 2018
Antonietta Raphaël  Mafai, “Carte”
Museo Carlo Bilotti- Aranciera di Villa Borghese
Viale Fiorello La Guardia, Roma
Info: tel. 060608 
www.museocarlobilotti.it                                 

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