La centralità della Scuola Romana nell’arte italiana tra le due guerre è ormai assodata. Meno scontato il lavoro di recupero dei tanti percorsi, delle biografie, degli artisti che gravitarono intorno ai nomi più conosciuti di quella prolifica stagione. Tra questi rientra Lorenzo (Micheli) Gigotti (Roma, 1908-1994), a cui il Chiostro del Bramante rende un tributo degno del suo lungo iter artistico (quasi sessant’anni). Un omaggio dovuto e proficuo, vista la mole di materiale che l’artista ha lasciato, testimonianze riunite in parte nell’Archivio Lorenzo Gigotti, istituito nel decennale della morte, che comprende dipinti, disegni, bozzetti. Vetrate, mosaici ed affreschi sono conservati in importanti chiese (S. Paolo del Brasile, S. Gottardo in Corte di Milano, S. Giovanni Bosco e di S. Eugenio a Roma)e presso enti pubblici (come il CTO Garbatella di Roma, di Firenze e di Padova).
I 150 lavori esposti vanno dagli inizi, quando era allievo di Ferruccio Ferrazzi, fino all’exploit nel periodo della Scuola Romana accanto a nomi come Cagli o Capogrossi, ai quali si avvicinava per il valore tonale della pittura. Ritratti e soggetti che hanno la forza “schiva e laconica” che gli attribuì il poeta Libero de Libero e che, nel dopoguerra, si trasformano sempre più in immagini espressionis
La cura dell’esposizione e il numero delle opere creano un percorso completo, dove grazie a testimonianze video e documenti correlati, i sessant’anni di vita dell’artista si fondono con il corrispettivo cammino dell’arte italiana, giustappunto tra cromia, segno, colore, sperimentazione tecnica.
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