Fotografo-antropologo, Mario Carbone (San Sosti – Cosenza, 1924) appartiene a quella generazione di fotografi tradizionali che stanno scomparendo. Il suo archivio -conservato a Calcata, in provincia di Viterbo- contiene migliaia di negativi e positivi straordinari, uno spaccato sugli ultimi cinquant’anni di storia italiana tra reportage, arte, politica, glamour, religione.
Tra affinità e differenze, alla Sala 1 -nell’ambito del Festival di FotoGrafia di Roma 2006- si svolge il percorso espositivo della mostra Paralleli: India – Italia degli anni Sessanta, una selezione di fotografie in bianco e nero e a colori. Immagini che raccontano storie ancestrali, quelle di Carbone, in cui il tempo sembra cristallizzato che sia la nostra Italia rurale -Calabria, Lucania, Sardegna- o l’India delle metropoli e dei villaggi. Di forte impatto, in particolare, le fotografie realizzate nel 1960 durante il viaggio in Lucania con Carlo Levi. Levi tornava per la prima volta in quei luoghi, in particolare a Grassano e Gagliano, dove aveva trascorso un anno di confino nel 1935 per attività antifascista e dove si era ispirato per il suo romanzo più famoso, Cristo si è fermato a Eboli (1945). “Fu un viaggio breve, tre o quattro giorni al massimo, ma feci almeno quattrocento scatti”, ricorda l’autore. “L’anno dopo Levi, che era stato invitato a Torino per esporre un’opera pittorica che rappresentasse la Lucania, fece un pannello enorme, ‘Italia ’61’, che ora è al Museo di Matera, in cui ha utilizzato alcune mie fotografie servendosene come modello.”
In India, invece, ci andò nel 1964 con Giuseppe Ferrara per realizzare due documentari. “Come al solito mi portai dietro la macchina fotografica e quando potevo fotografavo. Durante il mese di soggiorno girammo parecchio, Calcutta, Bombey, Madras, il Bengala, New Delhi, città come villaggi sperduti. A Calcutta ci fermammo di più, perciò ho scattato molte foto.
Le inquadrature di Carbone ricordano inevitabilmente gli scatti che Henri Cartier-Bresson aveva catturato pochi anni prima in Italia, in particolare in Abruzzo (1950). Donne vestite di nero che fanno il pane, bambini che giocano sotto il sole infuocato, uomini nell’ozio pomeridiano, momenti del quotidiano colti nella loro genuinità. I primi libri fotografici che vide, infatti, furono proprio quelli del grande fotografo francese. “Attraverso le sue foto ho capito l’importanza della fotografia”, afferma Carbone, che iniziò a lavorare in uno studio fotografico di Cosenza nel 1937, quando aveva solo tredici anni. “Mi piacciono anche i fotografi americani di guerra, tra gli italiani, invece, la grande stima reciproca era con Franco Pinna.”
Lavorare negli studi fotografici –a Napoli, Milano (presso lo Studio di Elio Luxardo) e a Roma, dove si trasferirà definitivamente nel 1955- significò per lui imparare la magia della tecnica fotografica (sviluppo, stampa, ritocco) che sarà la base del suo lavoro di operatore cinematografico, regista e documentarista per il cinema e la televisione. Tra i documentari più importanti Firenze Novembre ’66 vincitore del Leone d’Argento a Venezia (1967); famoso anche il programma televisivo Artisti allo specchio (realizzato in collaborazione con la moglie Elisa Magri) in cui furono coinvolti vari artisti tra i quali Schifano, Angeli, Festa, Titina Maselli, Vespignani, Attardi e Paladino.
manuela de leonardis
mostra visitata il 30 maggio 2006
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Conosco personalmente Mario Carbone, il suo strardinario archivio fotografico, il suo rigore e il suo impegno civile.
Lui non sa ancora di un progetto di volontariato che da qualche giorno mi arrovella e che lo potrebbe vedere all'opera: oggi, in Nigeria, come ieri, in India.