Sono le grandiose vedute di Roma, con le sue rovine imponenti, le vere protagoniste della mostra La Roma di Piranesi. La città del Settecento nelle Grandi Vedute. I soggetti delle circa 130 opere esposte nelle sale del Museo del Corso a Roma sono il Ponte e Castel Sant’Angelo, Piazza di Spagna, il Campidoglio e la sua scalinata, il Pantheon, le grandi basiliche. Ed è l’amore per Roma, città di adozione dell’artista, veneziano di nascita, che vi giunge a soli vent’anni nel 1740 con l’incarico di “disegnatore” al seguito del nuovo ambasciatore della Serenissima a Roma, Francesco Venier, a trasparire nelle acquaforti che ritraggono i più importanti monumenti della città eterna.
Arrivato a Roma, Giovanni Battista Piranesi (1720-1778) frequenta i borsisti dell’Accademia di Francia e lo studio di Giuseppe Vasi, uno dei principali incisori del tempo, famoso soprattutto per la riproduzione di tavole di architettura. Con lui approfondisce lo studio e le tecniche dell’acquaforte; Vasi dirà del suo allievo, sbagliando, che è bravo ma che non diventerà mai un grande incisore in quanto è troppo “architetto”.
L’amore di Piranesi per la classicità e per le magnifiche rovine romane è descritto nella sua opera Antichità Romane con queste parole: “vedendo che i resti degli antichi edifici di Roma, sparsi in gran parte negli orti e in altri luoghi coltivati, diminuiscono giorno per giorno o per l’ingiuria del tempo o per l’avarizia dei proprietari che con barbara licenza li distruggono clandestinamente e ne vendono i pezzi per costruire edifici moderni, ho deciso di fissarli nelle mie stampe”.
Delle numerose stampe in mostra è la precisione dei dettagli a colpire, assieme alla testimonianza di una Roma ormai sparita: è quella che vediamo nelle incisioni dedicate al porto di Ripetta, con i velieri che navigano lungo il Tevere, oppure le piazze con le carrozze sulla terra battuta. Alla precisione dei dettagli si affianca l’immaginazione fantastica dell’artista. Piranesi era infatti capace di inventare paesaggi immaginari o di sviluppare particolari che erano assenti nella realtà.
Se alla base della rappresentazione del patrimonio archeologico di Roma c’è una sincera passione e l’intento di tutelare e salvaguardare la città antica, dall’altra traspare l’ottica architettonica di Piranesi architetto, anche se non fino in fondo. Di fatto, dei suoi numerosi progetti, solo uno vedrà la luce. Si tratta del complesso dei Cavalieri di Malta all’Aventino a Roma: la piazza e la Chiesa di Santa Maria del Priorato. I lavori si protraggono per due anni e Piranesi interviene sul paesaggio preesistente alla Piazza, fatto di ville e di giardini. Da più di tre secoli il luogo era di pertinenza dell’Ordine di Malta: Piranesi progetta il muro basso che delimita la piazza, fatto di partiture in stucco che configurano motivi militari e marinari, obelischi, steli commemorative e trofei che omaggiano l’antichità romana, etrusca ed egizia. Vi sono anche simboli araldici della famiglia Rezzonico a cui appartiene papa Clemente XIII, suo mecenate, e il nipote Giambattista Rezzonico, che gli commissiona la piazza. Quando Piranesi muore nel 1778, i suoi resti vengono inumati nella tomba a lui riservata da Giambattista Rezzonico nella Chiesa di Santa Maria del Priorato.
consuelo valenzuela
mostra visitata il 14 novembre 2006
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