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fino al 27.II.2010 | Ruth Sacks | Roma, Extraspazio

di - 19 Febbraio 2010
Si vaga come tra le isole di un arcipelago, attraversando
le sale della galleria, attirati dai differenti paesaggi che s’incontrano. Su
ciascuna isola si è accumulato qualcosa, come portato nel tempo dal mare:
qualcosa che occorre decifrare. Parole rese immagini, immagini convertite in
oggetti, oggetti trasformati in metafore.
Siamo entrati nella geografia di Ruth Sacks (Port Elizabeth, 1977: vive a
Bruxelles). Artista giĂ  presente al Padiglione Africano della Biennale di
Venezia 2007 e protagonista di diverse personali all’estero, di cui l’ultima al
Cortex Athletico di Bordeaux. Ora Ruth è presente a Roma per la sua prima
monografica.
Si tratta di una raccolta di oggetti, una accumulazione di
idee e messaggi la cui interazione suggerisce il metodo di lavoro dell’artista,
continuamente spinta a modificare la propria azione, modificando di conseguenza
la leggibilitĂ  e fruibilitĂ  delle sue opere.
E allora, nella sabbia bianca distesa sul pavimento della
galleria si riconosce all’improvviso la sagoma del Pantheon, emersa e al
contempo dissolta nella sua stessa polvere calcarea (Pooling Dust). Da un lato, simili a bottiglie
affidate al mare da naufraghi, si allineano una serie di identici cofanetti in
legno. Potrebbero forse racchiudere – come quelle – messaggi provenienti da
altri luoghi e da un’altra epoca? È proprio così.

Lo apprendiamo leggendo le istruzioni poste accanto
all’opera, che chiedono di compiere alcune azioni al futuribile possessore solo
in un lontanissimo anno inciso su ciascun coperchio. In tal modo l’artista
rende questo lavoro una sorta di arco proteso nel tempo e nello spazio,
un’azione richiesta, sospesa, incerta, sperata come quella che il naufrago
affida al mare (At the Moment).
E mentre il mare sospinge quei messaggi, esso erode,
trascina, accumula incessantemente la materia. CosĂŹ come le sue onde dispongono
sulla rena oggetti perduti e inariditi, quali le conchiglie, Ruth allinea in
una teca campanellini raccolti chissà dove e quando, anch’essi svuotati,
proprio come quelle stesse conchiglie, del loro motivo di esistere: il
batacchio, strumento della loro sonorità. Sono gli scheletri di ciò che nella
cultura domestica africana diviene il simbolo di una distinzione tra classi
sociali, alla quale l’artista allude distribuendo ordinatamente ogni pendolo
staccato in una teca diversa, posta a fianco.

Altrove, volgendo lo sguardo nel paesaggio della galleria,
campeggiano scritte effimere. Da un lato la lunga descrizione disposta in forma
planimetrica “The Biggest Sculpture in the World”, dall’altro le due insegne “Alatoseum/Musealato”. Messaggi destinati alla
cancellazione, come lo sarebbero se fossero tracciati sulla sabbia di questa
spiaggia immaginaria di Ruth. Luogo e non luogo delle sue accumulazioni.

alessandro iazeolla
mostra visitata il 9 febbraio 2010


dal 14 gennaio al 27 febbraio 2010
Ruth Sacks – Double-sided Accumulated
Extraspazio
Via di San Francesco di Sales, 16/a (zona Trastevere) – 00165 Roma
Orario: da martedĂŹ a sabato ore 15.30-19.30
Ingresso libero
Catalogo Prestel
Info: tel./fax +39 0668210655; info@extraspazio.it;
www.extraspazio.it

[exibart]


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