Nunzio De Martino (Napoli, 1967; vive a Napoli e Milano) estende la
collaborazione con la sede romana della Galleria Changing Role, già suo
riferimento per le mostre che realizza nella città partenopea.
La sua poetica, solitamente molto concentrata e
numericamente limitata nelle realizzazioni, si appunta questa volta sul peso
reale e su quello percepito di vari oggetti, di volta in volta presi dalla
realtà o, come nel caso di
La leggerezza del respiro, che dà il titolo alla mostra, da
pagine illustri della storia dell’arte.
Si rivela, dunque, un nuovo aspetto della sua indagine sul
rapporto tra vita e morte attraverso il filtro della memoria; proprio questo
ricorso ai ricordi rende l’atmosfera intorno alle sue opere sempre in bilico
tra sogno e realtà. Il suggerire, l’alludere diventano allora parte
fondamentale del fare artistico, ma vengono vissuti non come elementi che
possano rendere la sua espressività più giocosa o provocatoriamente enigmatica.
Ad esempio, in
White Flux – una montagna di aghi da cucire
introdotti in fili di cotone, a ricreare una massa di capelli, una testa bianca
adagiata su una base bianca – non c’è dadaismo, non c’è nonsense, bensì la
volontà di alludere ai gesti della quotidianità, agli oggetti che ci circondano
e che possono agevolmente esser trasfigurati e trasportare in mondi “altri”.
Come un foglio bruciacchiato può diventare paesaggio (
Landscape), così i rami con spine (
Untitled) presentano – e non rappresentano
– il percorso della vita.
Tuttavia, l’eterogeneità delle opere in mostra – che
sembrano esser rappresentative ognuna di un filone creativo differente, che si
dipana seguendo di volta in volta diverse suggestioni, ma anche una diversa
sperimentazione sui materiali, che sono diversissimi: dalla stampa fotografica
al legno, dalla similpelle ai fili di cotone o poliestere – non riescono a
produrre un’impressione collettiva, ma piuttosto una congerie di frammenti di
discorso che vanno tutti in una stessa direzione tematica, quella del peso
dell’esistente, appunto, ma vi galleggiano senza toccarne il fondo.
L’intento di De Martino è forse proprio questo: non
produrre senso codificato, ma semplicemente riportare in superficie sensazioni
dimenticate attraverso gli oggetti che sceglie sempre molto attentamente, come
nel caso de
L’abbraccio, che ha il sapore del ready made, o de
L’evento, che fotografa un’alba dai colori
talmente folgoranti da poter esistere e sopravvivere soltanto nella memoria
dell’artista.
Il quale dimostra di avere le sue opere già ben presenti e
vive nella propria mente, quasi che l’atto fisico del produrle fosse un “male
necessario”.