La speranza di chi andasse al Museo del Corso convinto di gustarsi la consueta mostra storica su una delle avanguardie più destabilizzanti del secolo scorso rimarrà forse disattesa. L’ampia selezione composta da circa centodieci opere surrealiste è curata dal poeta, gallerista, critico e mercante Arturo Schwarz che nel movimento è stato attivo in prima persona. Ventisette di queste sono dedicate alla figura principale e catalizzante di Max
A questa avanguardia spetta il merito di avere teorizzato tali valori. Ed il percorso lo dimostra ampiamente: le tele non seguono un ordine propriamente cronologico e arrivano fino agli anni Sessanta, né il curatore ha limitato la sua scelta ad un’area geografica precisa. Non siamo di fronte alla lettura asettica e scientifica di uno storico dell’arte, ma all’interpretazione partecipata e sentita di un protagonista del movimento; anche le biografie degli artisti, in catalogo sono ricostruite mediante i ricordi di Schwarz stesso.
Altro pregio della mostra è la documentazione delle sperimentazioni tecniche ideate dagli artisti, in primo luogo da Ernst, da cui si evince che la ricerca formale è finalizzata all’avvicinamento di realtà diverse, opposte, che produce straniamento e spaesamento nello spettatore, proiettandolo in una dimensione di sogno e d’intimità. La componente istintiva di tali tecniche si armonizza con le due linee privilegiate da
Il percorso si chiude con le sezioni dedicate alle donne artiste e ai Cadavres exsquis, questi ultimi nati da una sorta di gioco che coinvolge più di un artista: a turno si disegnava una parte dell’opera senza aver visto ciò che era stato tracciato prima, nell’ottica dell’accostamento casuale e illogico di elementi eterogenei. Sia questa parte che quella relativa alle artiste surrealiste rivelano, in armonia con il titolo e lo spirito della mostra, la dimensione amicale e sentimentale che sottende al movimento; infatti queste donne hanno intrattenuto rapporti di varia natura con gli esponenti maschili e la loro presenza smentisce la presunta misoginia del gruppo.
E’ in definitiva una mostra coerente, perché ogni singolo elemento (percorso, scelta, allestimento) ha lo scopo di
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