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fino al 30.VI.2009 | Carlo De Meo | Roma, Sos Students

di - 9 Giugno 2009
Istintivamente, entrando nella neonata projet room dell’Associazione Culturale Sos Students, per avere una visione completa dell’ultimo lavoro site specific di Carlo De Meo (Maranola, Latina, 1966) s’inizia a girare partendo da sinistra. La scelta è inevitabile, perché il massiccio totem, alto fino al soffitto, è al centro della stanza e ne occupa quasi tutto lo spazio. Quindi si entra e, con lo sguardo che punta verso l’alto, si viene affascinati dal senso estetico delle piccole e coloratissime mattonelle (ben 18 metri quadri) che, con fantasie varie e diverse disposizioni, ricoprono le quattro facciate del pilastro.
Fatto il primo giro, si resta perplessi perché, conoscendo il lavoro di De Meo, si sa che l’opera non può essere tutta qui e che, da qualche parte, c’è il lepre. E allora si fa un altro giro, stavolta abbassando la quota dello sguardo. Ed eccolo, il lepre: come un fantasma, un viso ci fissa. Ed eccone un secondo e un terzo. Uno per ogni facciata. Posti a un’altezza di oltre un metro, i volti sbucano da tre “finestrelle”.
Nella tranquilla contemplazione dei colori, quei volti improvvisi provocano un leggero spavento. Ciò che maggiormente risalta sono i loro occhi, gli unici che non si confondono con la struttura. Abituati a una riduzione del proprio corpo al 33%, c’è qui un leggero scarto: la riduzione è stata alzata al 66%. Forse anche da ciò deriva la paura: non si è di fronte al consueto, piccolo omino, ma a una figura di dimensioni quasi naturali.
Da sempre interessato allo spazio, De Meo lo ha vivisezionato in tutte le sue accezioni: lo ha ingoiato, lo ha invaso, ci si è perso dentro. È in questo perdersi che le figure-camaleonte si confondono in esso, fino ad annullarsi. Allora si ripete nuovamente il giro e ci si accorge che quegli occhi sembrano compiere un certo movimento: aperti nel primo volto, uno aperto e l’altro chiuso nel secondo, entrambi chiusi nel terzo, che è quello che maggiormente si mimetizza con lo spazio, divenendo pressoché invisibile.
Si ripete il giro, cercando altri indizi. A questo punto si focalizza la cornice: tre punti, tre linee, tre punti, tre linee, e così via. Sono i punti e le linee dell’alfabeto Morse. È il noto segnale dell’Esse-O-Esse. Se invece il percorso lo si inizia da destra, tutto cambia. La stessa cornice modifica il suo significato. “In fin dei conti”, spiega De Meo, “l’Esse-O-Esse è composto, appunto, da una Esse e da una O: se si legge da sinistra è SOS, se invece si legge da destra è OSO”.
Il gioco di parole non è casuale: è una delle caratteristiche dell’artista quella di divertirsi con il linguaggio, trovando altre letture, per avere significati diversi e nuovi. Quindi, in una società in cui tutto è mostrare, anche la piccola scultura, così mimetizzata da essere, alla fine, una delle tante, si espone allo spettatore. Dicendo, però, Per favore non guardarmi negli occhi, non cercare di guardare oltre, entro il mio intimo.

Ecco allora il corto circuito che ogni lavoro di De Meo crea: “oso” guardare, ma per favore “Soccorso Occorre Subito” o, meglio, “Save Our Souls”.

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dal 14 maggio al 30 giugno 2009
Carlo De Meo – Per favore non guardarmi negli occhi
a cura di Marianna Fazzi
Sos Students
via Camillo de Lellis, 2a (zona Monteverde) – 00151 Roma
Orario: da lunedì a venerdì ore 10-13 e 15-19
Ingresso libero
Info: tel./fax +39 0653273936; info@sosstudents.it; www.sosstudents.it

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  • non male la mostra. ma se passate per roma non potete perdere l mostra che c'è alla Schiavo Mazzonis, (o federica schiavo). Ottimi giovani artisti in uno spazio che forse è il più bello di roma

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