Tre grandi stelle luminose guidano il visitatore all’interno della mostra di Mark Handforth, artista angloamericano alla prima personale italiana. Due sono realizzate con tubi al neon ricoperti di gelatina colorata: Sinking star, di color ambra rosata, è caduta sul pavimento della galleria e se ne sono salvate intatte solo due punte; nell’altra, Deepest Purple, i neon con sei diversi toni di porpora si intersecano in una composizione stratificata e frammentata. La terza stella Untitled è posta nel bel giardino della galleria ed è realizzata con un profilato metallico a sezione quadrata, piegato in modo da creare una struttura autoportante. L’opera è illuminata da numerose candele di varia grandezza che, accese, lasciano colare sul metallo gocce di cera multicolore e le infondono un senso di continuità, di non finito.
A parte le stelle, la prima fonte di ispirazione di questo artista -nato a Hong Kong (1969), da una famiglia inglese, che ha studiato in Germania e che vive a Miami (USA)- è il paesaggio urbano, quello della città della Florida in particolare. Sono infatti i segnali stradali, i lampioni, i parchimetri, gli oggetti che Handforth trasforma in sculture, in nuovi totem: dopo averli piegati, contorti li offre allo sguardo dello spettatore come pure forme plastiche, riconoscibili, sì, ma inutili al loro scopo, trasformati, forse, in qualcosa di dopotutto più umano.
Esempio di questo processo creativo è Untitled (alluminium), un largo tubo di alluminio argentato, vuoto e piegato in tre parti, o Partial Stop un segnale stradale tagliato a metà, piegato e ricoperto di vinile riflettente dai colori fluorescenti. Handforth ama mettere disordine nella nostra realtà quotidiana e lo fa con un gusto che oscilla tra l’ironico e il poetico. Una prova lampante è la Vespa-fontana, un vero scooter a cui l’artista ha sostituito il sellino in pelle con uno in bronzo: da questo, opportunamente forato, fuoriescono vapori d’acqua nebulizzati che, ricadendo davanti al faro acceso, creano un effetto di arcobaleno.
Preciso, meticoloso fino all’eccesso, Mark Handforth ha iniziato la sua attività a metà degli anni novanta con una produzione artistica che sebbene si rinnovi costantemente, è insieme molto coerente. Ritroviamo infatti nel tempo gli stessi temi, gli stessi oggetti, ma in forme nuove e sempre diverse, frutto di una costante e attenta ricerca. Con una cura speciale nell’uso del colore: dai toni fluò, molto urbani, a quelli più delicati delle sfere celesti.
pierluigi sacconi
mostra vista il 30 settembre 2004
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