E’ noto che le avanguardie hanno da sempre auspicato il superamento di limiti e confini e nella mostra Vis a Vis curata da Anna Maria Nassisi sembra che questo assunto sia stato dimostrato. Michelangelo Pistoletto, italiano e Roman Opalka, polacco, si sono confrontati in un dibattito il 5 novembre scorso all’Istituto Polacco di Roma ed il loro dialogo continua ora sulle pareti dell’Istituto e della galleria di Pino Casagrande.
La ricerca artistica che emerge dalle opere di Roman Opalka ha come oggetto lo scorrere del tempo che si concretizza nel conteggio dei numeri secondo la progressione di Fibonacci che l’artista pronuncia in polacco nell’atto di tracciarli. Intanto due suoi ritratti fotografici si fronteggiano su pareti opposte: in uno l’artista appare più giovane, nell’altro, proposto in duplice copia –secondo il processo di ripetizione seriale adottato negli anni ’60 e ‘70- egli appare più anziano. Le due immagini, nella loro abbacinante monocromia, si rimandano a vicenda, comunicando con l’autoritratto su superficie riflettente di Michelangelo Pistoletto in veste di pittore accanto al
Con un salto spazio-temporale, in perfetta sintonia con il tema della mostra, passiamo alla galleria di Pino Casagrande, caratterizzata da un biancore ancora più accecante di quello trovato nella sala dell’Istituto Polacco. L’autoritratto fotografico di Opalka è qui presente in triplice copia, raccordandosi così logicamente alla parte di mostra precedentemente visitata. Le superfici specchianti di Pistoletto sono poste in stretto rapporto in modo da riflettersi vicendevolmente, creando una sorta di feed-back ottico che dilata all’infinito lo spazio, secondo una consuetudine tipica per questo artista. Le sagome impressevi sopra sono un limes , un punto di riferimento familiare per il visitatore che potrebbe non distinguere dalla realtà questa ulteriore dimensione scenica creata dall’artista. In virtù del loro potere riflettente, gli specchi documentano tautologicamente le variazioni temporanee, immagini effimere che nascono e muoiono non appena il soggetto si sposta dal loro raggio d’azione. Tale mutevolezza si contrappone ai blows up stampati, eterni ma necrotici, cristallizzati nella loro solitudine, condannati a vivere in una soglia che assomiglia ad un limbo. Anche le enormi tele dipinte da Opalka partecipano di questo potere specchiante e riprendono quella monocromia che caratterizza le foto; ma ad un esame più attento ritroviamo miriadi interminabili di numeri che scandiscono le tappe da 1 a infinito. Il segno appena percettibile testimonia un lavoro lungo una vita, in progress, che avrà termine solo con la morte dell’artista: un dettaglio rispetto all’eternità.
Spazio, tempo, eternità, infinito, morte… Questa mostra ben concepita, raffinata, indaga in profondità e senza travisamenti le ricerche intrecciate di Opalka e Pistoletto, restituendone il risultato in maniera immediatamente percepibile per lo spettatore.
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complimenti a chi ha concepito questa mostra e naturalmente anche a chi ha trasmesso la notizia