La fotografa giapponese
Reiko Hiramatsu (Hokkaido, 1958; vive a Roma), freelance specializzata nel campo dello still-life e della pubblicità, sorprende liberando la sua creatività (colorata, accattivante, sensuale) che, con un solo colpo d’occhio ai suoi scatti, stimola i cinque i sensi, in una continua provocazione dello spirito, allo stesso tempo semplice e sofisticata.
Il titolo della mostra,
Kakushiaji. Il gusto nascosto, non poteva essere più emblematico: in diciannove fotografie, non modificate al computer ma del tutto “naturali”, sebbene accuratamente studiate, emerge la concreta attenzione che l’artista rivolge al dettaglio e la sua passione nei confronti di ciò che le è più vicino (e, quindi, per questo spesso dimenticato e quasi sottovalutato) e che, se guardato con simpatia, può rivelare un’essenza segreta, foriera di nuovi significati e intime suggestioni.
Un’esperienza emotiva che coinvolge in modo completo il visitatore e che ben si colloca all’interno dell’attuale edizione del Festival Internazionale FotoGrafia, che quest’anno si propone di
Vedere la normalità, ossia di svelare al cuore e agli occhi ciò che il quotidiano ha di straordinariamente significativo. Hiramatsu sposa quest’assunto fin nel profondo, riuscendo a coniugare il suo presente occidentale con la millenaria tradizione culturale nipponica di cui è erede. Ciò che emerge dalle sue fotografie è proprio il gusto nascosto, una ricerca nell’ambito dei cibi che madre natura offre, in cui la materia è sublimata e l’emozione diventa tangibile e profumata.
L’artista propone dunque di instaurare un nuovo rapporto con l’elemento cibo, non più legato esclusivamente alla soddisfazione del naturale bisogno di nutrimento del corpo. La fotografa non descrive ma interpreta personalmente ogni alimento, consapevole della grande opportunità che ognuno di essi offre all’anima, ossia cogliere una nuova linfa vitale, interamente spirituale. Una vera e propria sfida estetica e poetica, che Hiramatsu accetta senza risparmiarsi: ogni colore (verde, arancio, viola, rosso, giallo, bianco e nero) si mescola con la presenza corporea degli ingredienti in una contaminazione artistica che non ha soluzione di continuità.
Surreale, fantasiosa, concreta e rarefatta, coraggiosa e tradizionale, Hiramatsu indica un percorso di grande sensibilità e pura magia, nel più puro stile orientale. Fili di cipolla che sfrigolano nell’olio bollente, bianchetti candidi che si mettono in posa, patate liquide e spumose che assumono forme plastiche, frutti gustosi e coloratissimi, gocce di soia che galleggiano e fagioli che sembrano occhi, seppie intagliate come ali angeliche fatte di porcellana bianca, alghe trasparenti che fluttuano leggere.
Ogni scatto rappresenta un’immagine straordinaria, emblema di un’esigenza espressiva determinata a travalicare le apparenze più ovvie e di una ricerca artistica mai stanca di stupire nella sua abbagliante semplicità.