L’atmosfera di raccoglimento e meditazione che si respira entrando al Museo d’Arte Siamese accompagna il visitatore per tutto il percorso espositivo, il quale, costituito da 33 fotografie in bianco e nero, non poteva trovare collocazione più adeguata tra i preziosi oggetti in esposizione permanente.
Il soggiorno di Hans Georg Berger a Luang Prabang avvenne a metà degli anni novanta quando, dopo circa vent’anni dalla guerra del Vietnam, la città divenne nuovamente accessibile. L’artista tra il 1994 e il 1998 ha documentato la vita monastica, le cerimonie e le tradizioni della comunità laotiana, nella quale il monaco è rappresentante di Buddha e della sua legislazione. La privazione d’ogni legame materiale per raggiungere la salvezza eterna è l’elemento fondamentale della filosofia buddista Theravada, che limita gli oggetti in possesso di ognuno dei monaci ad otto pezzi, tra cui l’abito costituito da tre diverse parti.
Con immagini profondamente simboliche e pregne di un sottile lirismo, Hans Georg Berger, ha voluto comunicare i valori di un’antica cultura costituita da principi di altissima spiritualità, basati su ascesi, armonia e pace. Gli scatti riprendono perlopiù grandi primi piani in un rigoroso bianco e nero nel quale si concentra una luce quasi mistica a rivelare la profonda contemplazione e il trascendentalismo, propri dell’antica filosofia Theravada.
Intensi contrasti chiaroscurali contraddistinguono il linguaggio dell’artista, particolarmente evidenti in Primo mattino, realizzata nel ’98 con La disciplina del bello, nell’intento di rappresentare l’inizio della giornata del monaco impegnato nelle differenti fasi della vestizione. La tonaca e la veste, avvolte intorno al corpo, sono completate dal samghati, che poggiato sopra la spalla sinistra funge da pallium, il tutto rigorosamente senza cuciture. La consacrazione di un giovanissimo novizio da parte di uno degli anziani è il tema di Inizio del sentiero, scattata nel ’96. A rilevare le profonde differenze tra due culture Teatrino del Principe immortala un vecchio monaco con una rudimentale giostra nella quale compaiono personaggi indigeni, realizzati con ritagli di carta, che ironicamente si accompagnano ad alcuni protagonisti disneyani, a simboleggiare il contrapporsi di spiritualità e materialismo.
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