“Nessun tempo ha creato tante icone specifiche quanto il nostro”. Questa frase di Dorfles sembra introdurre il percorso espositivo che FARM Young Art e FAB Contemporary Art (Bucarest), dedicano per il secondo anno consecutivo al mondo femminile.
Edificato da Federico II di Chiaramonte come dimora di caccia, il superbo e austero Castello medievale in cui è allestita la mostra accoglie con uno stridente contrasto la vitalità di opere che spaziano da giocosi dinamismi a languidi sguardi, fino a pose di denso erotismo, offuscate da una torbida, sublimata, perversione. La femminilità, qui rappresentata da artisti di diverse nazionalità, rivisita alcuni topoi diffusi: la donna viziosa e portatrice di peccato, l’Eva tentatrice vagamente angelicata, la lolita.
Così, prediligendo come mezzo d’espressione e di comunicazione la performance, Betty Alarzaki (Milano, 1979), fotografa italo-libanese da anni residente a Londra, racconta ironicamente il senso di alienazione, incarnandolo nella figura della donna-angelo, custode del focolare. Interpretazione assolutamente teatrale, come emerge dalle pose artefatte dei personaggi. Si veda il ciclo Being a woman in the space age, di cui è presente lo still You are beaten, it’s useless to resist!.
L’aura mitica della Coca Cola, in veste di feticcio pop, quale dispensatrice di amicizia e di socialità, assume in Piazza Garraffaello di U.W.E (Uve Sandsch, Austria, 1972; vive a Palermo), la funzione di cornice per una piazza drammaticamente intesa come metafora sessuale di una donna accessibile a tutti. La stessa piazza in cui l’artista vive eroicamente tra le macerie di un palazzo trasformato in un’estrusiva installazione permanente.
Camill Dumitriescu (Bucarest, 1979), presenta Habit Former e Vice a Licious, opere fotografiche di grande impatto e bellezza. Due scatti dai tratti conturbanti e cupi in cui le lolite rappresentate seviziano le loro barbie, e prive di ogni tratto di ingenuità esprimono le attese di una carnalità già corrotta. Tali caratteri espressivi confinano con quelli decorporalizzati e virtuali di Daniela D’Andrea (Messina, 1982), che in Sad Lunapark; Underground life; Windy, con un richiamo stilistico al cyberspace esprime i propri stati d’animo attraverso visi realisticamente tratteggiati con pittura digitale.
Con Untitled, di Ionut Staicu (Bucarest, 1972), l’atmosfera evapora in una dimensione più onirica. È uno scatto perfetto, con improbabili svolazzanti tutù di ballerina in bici da corsa, cane a seguito e skateboarder sospeso in volo. Tra i più apprezzati fotografi del fashion-system internazionale, c’è anche Terry Richardson (New York), che presenta Fire, primo piano di un languido e morbido volto patinato. Di tutt’altra natura gli scatti di Mauro D’Agati (Palermo, 1969) tratti dal reportage Dentro. Sguardo limpido e generoso, a tratti commovente, con cui restituisce la durezza della vita del carcere.
La performance di Daniele Alonge (Catania, 1977) Louis Vuitton Army, durante il vernissage ha occupato quasi interamente il cortile interno del castello. Un’installazione costituita da 100 caschetti militari dorati con impresso il marchio Vuitton. Disposti a forma di croce, come emblema di un potere esercitato dalle multinazionali della moda. Un richiamo al femminile forse stereotipato, ma per questo efficace nel cogliere i tratti di anticonformismo di Radical She II.
elvira d’angelo
mostra visitata il 4 settembre 2007
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