In un momento di grande fulgore dell’arte scandinava, mentre è stato onere dell’appena conclusa Biennale proporre le migliori tendenze nordiche, è ora compito impegnativo del Palazzo delle Papesse ‘fare il punto’ sul panorama con la maggior colletiva di questo tipo mai organizzata in Italia.
Inclusa nel ciclo ‘Le Repubbliche dell’Arte’, ideato dal direttore Sergio Risaliti, la mostra ‘Paesi Nordici – Interferenze’ suggella tre lustri (1985-2000) di grande spolvero creativo da Copenhagen a Reijkyavik. L’esposizione – curata da Caroline Corbetta e da John Peter Nilsson – si colloca, completandolo, alla fine di un fortunato viaggio espositivo che ha già visto la Svizzera, l’Israele e la Germania protagoniste.
I diciassette artisti selezionati si fanno interpreti di una produzione visiva disincantata, priva di clichè e luoghi comuni, ma attenta a scottanti questioni socio-psicologiche. La natura, grande protagonista dell’arte nordica nei secoli passati (si pensi a Dahl, Munch…) è ancora presente ma diviene sfondo o, riprendendo il titolo della mostra, elemento di interferenza. Va in questa direzione l’installazione di Henrik Håkansson che colloca il suono di un grillo come sottofondo sonoro irrinunciabile in tutto il primo piano; con lo stesso meccanismo operano i finlandesi Markus & Seppo Renvall: la loro installazione, anch’essa percorsa da numerosissime interferenze audio/video, è una sconfinata ‘natura morta’ che invade l’intero piano terra con vecchi proiettori, gadget da discoteca anni ’70, televisori di modernariato ed ogni sorta di immaginario old-tech . In questo cimitero tecnologico è stata installata una sauna funzionante e diffusamente utilizzata durante la serata di opening.
Il background naturale è individuabile nei video psicosociali di Anikka Larsonn e di Peter Land. Nel primo caso due protagonisti si fanno interpreti di simbolici giochi di potere in un contesto che, nonostante l’apparente asetticità patinata e metafisica, tradisce l’ambientazione urbana e dunque naturale della storia. Land pone una grottesca scena di suicidio – che è grande problematica sociale in Scandinavia – in uno stereotipato bosco nordico. Nelle foto di Année Oloffson lo spettatore è ‘disturbato’ dall’immagine solo a prima vista ambigua del rapporto padre/figlia. Altre dinamiche domestiche, questa volta surreali, sono nei tre video di Eija-Liisa Ahtila che si serve del sincopato idioma finnico per trasmettere tensione alla narrazione.
Un curatissimo allestimento dona grande suggestione al video di Magnus Wallin (Physical Paradise) che pone le realtà virtuali e artificiali come mezzi di riscatto sociale; coraggiosa anche la costruzione, nell’altana del palazzo, di una camera oscura all’interno della quale le diapositive di Knut Åsdam sostituiscono all’abituale panorama di una Siena ‘da cartolina’ immagini di anonime periferie urbane.
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massimiliano tonelli
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vedere, pensare, allestire, scrivere, pubblicare...il cerchio si chiude alle Papesse, il primo centro di introduzione e conoscenza della contemporaneità contemporanea
W i Papi e lor signore
speriamo che il sindaco ci passi per davvero a vedere la mostra...A Siena si dice che alle Papesse non si vede mai....che roba!!!
nebbia e freddo giorni lunghi e amari
dite al sindaco di passare alle papesse il venerdì sera anzichè all'"auditorium " di Vico Alto.
Una mostra che presenta scottanti questioni socio-psicologiche è una mostra che merita di essere veduta per il suo alto valore.
Una mostra che ci porta a spaziare nei problemi sociali, che ci fa guardare dentro, che ci fa meditare.
Il Palazzo delle Papesse, Siena, fa onore a tale mostra.