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Alla Galleria L’Attico uno scontro/incontro tra titani per iniziare la stagione: Pascali e De Dominicis, due doni misteriosi, una bomba a mano e uno scrigno mai aperto

di - 22 Ottobre 2016
59 anni fa iniziava l’attività della Galleria L’Attico. Ieri è invece iniziata la nuova stagione espositiva della Galleria: un inizio col botto. Due oggetti misteriosi e anomali, due opere di due tra gli artisti più eccentrici e, direi, mitologici che la Galleria abbia mai ospitato: Pino Pascali e Gino De Dominicis. Sargentini ha rispolverato una vecchia (vera) bomba a mano di Pascali – objet trouvé donato all’amica Anna Paparatti – e un misterioso scrigno di De Dominicis (un cofanetto metallico), donato nel 1970 alla figlia di un anno di Sargentini, Fabiana, con l’impegno di aprirlo solo al compimento dei 23 anni (cioè l’età che Gino aveva al momento del dono). Da allora, dimenticato, è rimasto chiuso per lunghi 46 anni senza mai svelare il suo segreto contenuto. Fino a ieri. Sargentini ha infatti allestito un piccolo evento, sul palco del teatro dell’Attico, quasi un numero di magia d’altri tempi, condotto con impareggiabile e istrionica verve.
La Paparatti ha estratto la bomba, l’ha aperta, l’ha disinnescata: Pascali stesso la aveva caricata l’ultima volta, ma con un piccolo biglietto, con scritto «Diario» e poi «ho ricaricato la bomba con questo biglietto» e ancora «l’ho riverniciata oggi con lo smalto verde di cadmio». Un messaggio in una bomba (invece che in una bottiglia… che poi non sono forse tutte le opere d’arte messaggi in una bottiglia?), oggetto tragico, ma ludico in questo caso, e anche scatola temporale che ha trasportato sino a noi quei piccoli gesti e pensieri fatti e scritti da Pascali in quel lontano 24 gennaio 1967 – come il biglietto è datato.
Ma il vero punto forte dello spettacolo è stata l’apertura dello scrigno: Fabio e Fabiana insieme, padre e figlia, si sono armati di tenaglie e frollino elettrico, e come navigati carpentieri, o scassinatori, si sono accaniti sul lucchetto dello scrigno. Scintille, sudore, odore di sòla (fregatura, in vernacolo romano). Poi il lucchetto salta. Fabiana ha un attimo di esitazione. Solleva il coperchio piano piano e…Vuoto. Niente. Nulla. O forse qualcosa di invisibile, una piccola scultura invisibile (un mese prima del dono, De Dominicis aveva tenuto in galleria una mostra di oggetti invisibili). O i sogni, i desideri di una bambina di un anno. Oppure tutta l’anima di De Dominicis, poeta dell’invisibile.
Qualcuno del pubblico, comunque, ha giurato di vedere un bagliore dorato illuminare per un attimo il viso di Fabiana, nel momento esatto in cui apriva lo scrigno. Non so se sia vero, ma di certo Gino, in quel momento, ha riso moltissimo. (Mario Finazzi)

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