“
Se si bara
anche su queste piccolezze, possiamo immaginare il resto”. Alla fine, è questa
la considerazione che riassume meglio di tutte l’accaduto: un “caso” tutto
sommato minore, ma che diventa spunto per una riflessione più generale. E dove
accade questo? In quella che ormai quasi tutti riconoscono come la “piazza”
italiana (con tutti i suoi difetti e qualche pregio) del dibattito artistico,
ovvero i
commenti in calce alle news di
Exibart.
Il caso? L’assegnazione a dodici giovani artisti degli atelier della Fondazione
Bevilacqua La Masa
di Venezia. Ad aprire le danze è – e come ti sbagli? – Luca Rossi, che segnala
“qualche incongruenza nelle selezioni per l’assegnazione di studi… Ho sempre
saputo che la fondazione assegna studi solo ad artisti residenti in Veneto…
Almeno tre dei selezionati certamente (lo dico per conoscenza diretta) non
risiedono in Veneto, non ci hanno mai vissuto, né studiato o lavorato”. E giù
fior di link a documentazione delle sue affermazioni, con richiesta finale di trasparenza alla
Fondazione…
Segue pioggia di repliche e postille di varia natura, precisazioni e accuse
delle quali ovviamente Exibart lascia la piena responsabilità ai commentatori.
Fra queste la più importante e attesa, quella di Angela Vettese, presidente
della BLM e membro della giuria per gli atelier: “se gli artisti barano –
scrive – non si può fare molto, tranne che dei controlli. Ringraziamo per le
segnalazioni e le faremo. […] Siamo molto felici di questo polverone: gli studi
BLM esistono da 100 anni ma non hanno mai suscitato grande attenzione. Non ne
parlereste con tanta passione se non ci fosse stato dietro un lavoro per
riqualificarli: sono passati in pochi anni da 7 a 12 più due foresterie, sono
stati inseriti commissari esterni per evitare possibli inciuci e assegnarli
dopo una discussione collettiva…”. Evitare possibili inciuci? Ma molti restano
convinti che non ci sia riuscita, benché abbia invece fatto centro – come
giustamente fa notare – nel rilancio di interesse sugli un tempo vetusti studi
lascito della Duchessa Felicita Bevilacqua La Masa: oggi sono più allettanti di ieri. E gli
artisti fanno, letteralmente, carte false per ottenerli…
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caro Luca Rossi ti metti nei panni di Politi adesso..non iscritevi alle accademie fate questo e fate l'altro..
Trovo specioso, da parte di Luca Rossi, parlare di sistema (che non funziona, da abbandonare, da destituire di verosimiglianza) e poi suggerire agli artisti italiani di "cambiare prospettiva" negando autorità a Accademie, scuole, istituti per gettarsi nell'arte delle public relations e adeguarsi così alle possibilità offerte dal resto del mondo (che è sistema anch'esso, mi pare). Spero fosse una provocazione, non conoosco abbastanza il Rossi-pensiero per farmene un'idea precisa, poiché il frammento (la sezione, la divisione identitaria) pare essere la sua cifra. Il che ha un suo valore.
Ma non è indicando un sistema diverso, ma integrato in uno più ampio, che si attua una svolta culturale da noi.
E pur convenendo che gli artisti italiani troppo confidano nella selva di premi e premietti, di coccarde da appuntare in curriculum per arrivare a una vera visibilità e ottenere il riconoscimento del pubblico e della critica (forse perché le istituzioni pubbliche - musei soprattutto - non garantiscono una progettualità culturale che imponga e diffonda l'arte contemporanea italiana in particolare), trovo che la supposta crisi identitaria della nostra arte oggi si debba a molti fattori che non hanno a che vedere con le questioni dei "siti e delle loro pecche", ma con questioni di sostanza.
Se Rossi assume che l'arte contemporanea italiana sia "corrotta" (o quantomeno depressa) dal circuito imposto dalle nostre poche possibilità in merito di educazione e diffusione, e quindi si adegui a standard che ricalcano stili e teorie da tempo codificati altrove, in realtà individua nella poca originalità della nostra produzione artistica il principale difetto.
Ma la poca originalità - di cui bisognerebbe però fornire con chiarezza le coordinate - non si combatte cambiando una prospettiva "comportamentale" (benché in parte sarebbe utile), quanto piuttosto approfondendo il dibattito culturale e critico sull'arte e sulla sua relazione con il (nostro) passato e il (nostro) futuro. Il che è tutt'uno.
L'analisi della sovrastruttura (per dirla all'antca) non è così determinante se si vuole incidere sulla struttura. Ossia sui contenuti.
E fermarsi all'analisi della sovrastruttura rischia di generalizzare l'effetto propositivo e genuino della ricerca di Luca Rossi o di ciò che rappresenta, ovvero una sorta di coscienza esterna riparatrice che tranquillizza l'ambiente artistico italiano per le sue innegabili pecche e omissioni.
Politi veramente dice di andare a studiare a NY Londra o via dicendo...io dico (umilmente veramente) che le scuole d'arte dovrebbero riflettere sul ruolo di artista...e paradossalmente certi addetti ai lavori (troppo addetti) non possono sviluppare realmente questa riflessione perchè sono troppo "coinvolti"...non si tratta certo di chiudere le scuole. Però la ridefinizione di ruolo deve necessariamente passare da un processo di negazione...a meno che non si voglia continuare a regalare agli studenti delusioni e illusioni; e affidarli alla solita nonni genitori foundation...
Io avrei un'idea, ma che debba anche lavorare così tanto gratis..non mi sembra giusto..
Per fare un artista, più che le nozioni, sono le esperienze e non le relazioni (purtroppo). Dunque penso che la riflessione di lr sia più che motivata, quello che può insegniarci la scuola lo si puo apprendere da testi scientifici. ma quello che forma il carattere (artistico) sono contingenze e i maestri incosapevoli che incontriamo sulla strada.
luca rossi di tutto il mondo unitevi.
E' più che evidente che non sono stata compresa. Del resto non è semplice argomentare in due battute questioni molto importanti (almeno credo siano tali).
Non penso che Rossi veda la chiusura delle scuole o delle accademie come traguardo di una svolta, ma ho la sensazione che non riesca a farsi capire esattamente oltre la consueta antinomia "se stiamo qua, siamo perduti - ma dobbiamo stare qua a tutti i costi".
Forse però è un mio limite. Sono io che non capisco.
C'è qualcosa di populistico, tuttavia, che mi sembra di sentire nei pur interessanti interventi (alcune volte più interessanti altre volte meno, ma questo si deve all'idea-frammento che non permette la linearità del discorso).
Anche se, è vero, il modulo funziona, eccome. La riprova è che il gentile "artista operaio" si sente "vidimato" dai luca rossi, ma temo non abbia ancora capito cosa questo comporti. Non credo certamente l'assioma de "l'arte per l'arte", l'arte pura (quella che si impara vivendo forse à la bohéme? ma anche i bohémiens rimanevano negli studi dell'accademia) che non ha bisogno di musei, scuole, teorie, tecniche, tradizione, trasmissione di dati, relazione fra scuole, stretta adesione al ruolo della critica, ecc. ecc. (quando poi si parla di tecnica - anche se non la si nomina - saltano tutti per aria; questo per me è un mistero, eppure la prima feroce accusa proprio in questo sito nei confronti dei diversi Veneziano, Berruti, Laurina Paperina o altri che ultimamente sono assurti alla ribalta dei commenti, è proprio la mancanza di tecnica o la poca qualità del fare artitico - se così sembra più elegante).
La questione - oggi - è per me, invece, di ricostruire un sistema, non di denigrare qualsiasi sistema a qualsiasi costo illudendosi di ottenere maggiore libertà espressiva.
E' il contrario: si è più forti quanto più si è "costruiti", perché dalla "costruzione"/cultura proviene la capacità di intendere nuove strade.
L'innocenza culturale non esiste oppure è una mistificazione.
per fare arte non esistono ricette; per fortuna..
Vero, zio bill. E meno male. Ma per fare arte buona, certi ingredienti devono esserci tutti.
Cristiana cara, dai retta al sottoscritto: non ti prendere pena di conoscerlo il semi-pensiero Rossi. Non so quanti anni tu abbia, ma negli anni settanta andavano di moda i figli di papa' che per snobismo chic-intellettuale , indossavano l'eskimo e conservavano temporaneamente negli armadi il loro Montgomery (rigorosamente Blu) , si armavano di microfono e prendevano la parola nelle assemblee degli studenti, che regolarmente monopolizzavano (avevano di solito una reputazione di ruba-cuori, andava infatti di moda l'intelletuale ribelle, ovviamente di estrema sinistra, ).
Il Rossi incarna perfettamente i vizi di quella specie (delle peggiori).
Dimenticavo, d'estate tornavano buoni nell'ovile, li attendeva la villa al mare di papa' con barchetta ed amici fascisti.
Ciao Cristia'.
Penso che nel sonno a Rossi , qualcuno gli abbia fatto un cattivo scherzo : gli hanno infilato due cannucce nelle vie nasali e gli hanno spinto dentro il catarro di Politi che chissa' dove poi sia finito e che danni, dico che danni ha poi provocato.
Ajo Rossi, tu hai un idea.... e non la dici perche' non vuoi lavorare gratis... maddai , meno male che i bambini non leggono exibart vah.
allucinante la nuova pubblicità della fiat 500 non si riesce nemmeno a chiudere e bisogna sorbirsela per 20 secondi, detto questo ma quindi lucarossi è uno spin off della galleria placentia? mi sa di sì, 5 anni fa ho fatto vedere dei lavori al tizio della galleria placentia (è uguale al signor hamlin di 'gente che scompare' dylan dog 59 leggere per credere ps non è un complimento) e li ha disprezzati di brutto, mentre lucarossi agli albori del suo blog dopo avermi detto che conosceva bene la galleria placentia mi aveva chiesto di fargli vedere dei lavori così di punto in bianco e io gli ho spiegato quello che stavo per fare, beh sappi che ti trovo caro luchetto nel caso dovessi notare che sbuca da parte tua qualcosa di simile a quello che ti ho raccontato, non ti dico nient'altro ihihihi