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Bologna, in fiera/11. Sguardo alla fotografia dell'”Agenda Independent”, ovvero otto gallerie sotto il segno della questione dell’autorialità

di - 29 Gennaio 2017
“Agenda Independent” è un progetto a cura di Benedetta Pomini fondato sulla compresenza di quattro gallerie italiane e quattro gallerie straniere. Una scelta coraggiosa quella di portare in fiera la fotografia indipendente, coerente con le linee guida dettate dalla direttrice Angela Vettese: maggiore qualità, meno gallerie, percorso espositivi minimali che lasciano spazio al rapporto percettivo tra le opere e il visitatore, accorpamento del moderno e del contemporaneo, senza alcuna distinzione. Queste realtà indipendenti sono inserite in un contesto particolare come quello fieristico, pertanto la loro scelta è stata fatta sulla base di un filo comune che lega il lavoro di tutti e l’interesse verso la fotografia come linguaggio che necessita di aggiornarsi e che s’interseca con gli altri linguaggi dell’arte contemporanea, ecco perché una sezione speciale per la fotografia che per anni ha goduto di una considerazione minore rispetto ai linguaggi delle avanguardie degli anni sessanta e che adesso, secondo la stessa Angela Vettese, rischia di subire la condanna di Baudelaire, e vale a dire: «Una cosa che tutti possono fare». Fotografia che nell’era digitale, quella della semplice riproducibilità, pone ancora una volta la questione dell’autorialità.
Capsule, Colli Independent, G/P Gallery, Madragoa, Matèria, Metronom, Pedro Alfacinha e Viasaterna le gallerie in mostra. Franco Ariaudo, in mostra per Colli Independent, valica il labile confine tra tensione gestuale e guerriglia urbana. Le opere in mostra sono il proseguimento di una riflessione iniziata di recente dalla galleria di Edoardo Colli con l’ultimo progetto The revolution will not be televised, tutto incentrato sull’azione e nello specifico sul gesto del “lancio”. La sequenza fotografica ha l’intento di svuotare il gesto dall’accezione politica e performativa, attivando gli oggetti reali contro un muro: un asse magnetico che esalta la loro autonomia decontestualizzandoli dall’azione. Molotov in fiamme e sampietrini acquisiscono una vitalità propria: sono fuori controllo; e la scelta del bianco e nero limita al massimo l’enfasi del gesto rendendolo silenzioso e anonimo, rilevando solo la sua essenza e meccanicità.
Altrettanto coraggiosa la proposta dell’altra galleria romana Matèria. La ricerca sta nel presentare due linguaggi come installazione e un’opera fotografica molto vicina alla pittura. Le opere di Stefano Canto sono una vera e propria riflessione sull’archeologia dell’effimero. Le sculture in perfetto stile anti form sono in dialogo con una lastra di cemento che ha subito il passaggio del timbro della carta di una fanzine che gli ha donato innumerevoli sfumature. Le sculture costruite inizialmente con un cuore di giaccio, hanno la parte superiore che si sgretola, lasciando una polvere di cemento ai loro piedi e accentuando il contrasto con l’opera concettuale di Giuseppe De Mattia, una fotografia che trova il suo sconfinamento nella pittura concettuale. Un lavoro sul negativo intriso di piccole particelle di polvere bianca, pulviscoli testimonianza di corpi nello spazio, in una matericità quasi pittorica (sopra).
La galleria Metronom di Marcella Manni, una vera e propria istituzione a Modena, nasce con l’obiettivo di valorizzare il lavoro di giovani artisti, e di proporre e una serie di progetti tra i quali un programma di residenze e la piattaforma Generazione Critica, propone le opere di Alberto Sinigaglia. Artista interessato a tematiche quali il rapporto tra visione e realtà, nonché l’osservazione dello spazio. La sperimentazione è il marchio di fabbrica dell’esperienza della milanese Viasaterna di Irene Crocco. Inizialmente nata con la formula di home gallery, mette in scena le opere di Alessandro Calabrese che affronta il problema della proliferazione delle immagini collocando nelle visione prospettica profili antropomorfi e statue classiche sovrapposte al mondo animale e vegetale. Tra le straniere particolare rilevanza alla galleria portoghese Mandragoa, con un lavoro (in home page) di Joanna Piotrowska sulla mimesi delle tensioni presenti nelle Costellazioni familiari e sistemiche di Bert Hellinger e una serie di piccole architetture d’interni che ricoprono di oggetti e gli elementi d’arredo con tendaggi e tappeti. Poi ancora le proposte della G/P Gallery di Tokyo con l’artista Kenta Kobayashi che sente forte influsso dei manga giapponesi nelle sue rappresentazioni, e la portoghese Pedro Alfacinha in mostra con Pedro Henriques. Infine la Capsule gallery di Shangai che presenta un lavoro di Feng Chen sull’andamento delle fasi lunari e sull’influsso di tale luce gelida sulla terra. (Rino Terracciano)

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