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Depositare opera? Pagare tassa. E gli artisti insorgono contro il Pension Trust

di - 22 Agosto 2017
Entra nel vivo la querelle tra l’Artist Pension Trust e gli artisti che vi fanno parte, in merito al nuovo contributo annuale, da versare per le spese di gestione e mantenimento delle opere in custodia. E possiamo facilmente immaginare quanto siano spaziosi i depositi, visto che il fondo di finanziamento a lungo termine dedicato agli artisti emergenti e mid-career gestisce la collezione d’arte contemporanea più ampia al mondo, con più di 10.000 pezzi. Contando che sono iscritti circa 700 artisti, tra i quali gli italiani Elisabetta Benassi, Angelo Bellobono, Stefano Cagol, Lara Favaretto, Roberto Cuoghi, Flavio Favelli, Marinella Senatore, Patrick Tuttofuoco e Vedovamazzei, oltre a una cospicua selezione di Turner Prize, come Douglas Gordon, Richard Wright, Martin Boyce e Jeremy Deller, e che ognuno di essi è tenuto a depositare almeno 20 opere per un periodo di 20 anni, è facile calcolarne la progressione numerica. Ma le cose potrebbero cambiare, perché in reazione a questa ultima tassa, che va a cambiare uno degli ordinamenti principali del programma, ovvero la gratuità del deposito, molti potrebbero decidere di abbandonare la nave.
Il programma di finanziamento è stato fondato nel 2003 da Moti Shniberg – sì, il genio (del male?) che provò a registrare il marchio “SEPTEMBER 11, 2001” – Dan Galai e David A. Ross, ex direttore del Whitney Museum. La sua diffusione è capillare, operando in più di 30 Paesi, con uffici a Berlino, Londra, New York, Los Angeles, Dubai, Pechino, Mumbai, Mexico City, con una commissione di curatori che seleziona gli artisti per l’ammissione. Nel contratto è previsto che l’artista si impegni a depositare due opere all’anno nei primi cinque anni, un’opera all’anno nei successivi cinque e un’opera ogni due anni nei restanti dieci. Tutte sono custodite dal fondo fino alla vendita e possono essere prestate a musei e gallerie per mostre ed eventi espositivi, dalla Biennale di Venezia ad Art Basel, dal MoMa alla Tate Modern.
Poche settimane fa, gli artisti hanno ricevuto una email, nella quale l’APT spiegava le ragioni della modifica al regolamento che per l’approvazione, però, deve passare per un referendum. Immediatamente sono sorti gruppi di protesta sui social network, che invitano gli iscritti a votare in massa contro la nuova tassa, 6.50 dollari al mese per ogni lavoro depositato. Per Al Brenner, una cifra puramente simbolica, comparata alla spesa reale per il deposito e alla media del costo di un servizio del genere. «Vogliamo incoraggiare gli artisti a esporre le loro opere, che è il modo migliore per venderle. Alcune sono rimaste ferme per dieci anni e non è una cosa positiva. Alcuni artisti hanno usato APT per avere un deposito gratuito», ha dichiarato il CEO di Mutual Art Group, nel cui ambito rientra l’APT.

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