L’artista Orlan presenterà il suo nuovo lavoro e il suo cd-rom. Interverrà Viviana Gravano e Massimo Canevacci.
Nel corso di oltre trent’anni di attività Orlan (Saint-Etienne, Francia, 1947) ha utilizzato ogni tipo di
linguaggio e forma espressiva, dalla video art alla performance, dalla scultura all’installazione, dalla comunicazione inter-attiva alla cybercultura fino ad arrivare alla mutazione corporale, attraversando territori culturali e discipline diverse. L’attuale lavoro di
Orlan è frutto di un’evoluzione che, attraverso la performance e la body art, ha sempre mantenuto una coerenza e una continuità con temi centrali quali l’identità, il corpo femminile e la sua rappresentazione
nell’iconografia religiosa.
I suoi lavori includono Mesurages des Institutions (1968), Baiser d’artiste (1976), i ricami del 1970, S.Orlan (1988), Omniprésences (1993) e vari “reliquaires” che usano la stessa carne dell’artista raccolta nel corso
degli interventi di chirurgia plastica a cui si è sottoposta mutando il suo aspetto. Gli ultimi lavori fotografici, Self-hybridations, sono il risultato di ibridazioni digitali che mescolano il ritratto di Orlan con
maschere pre-incaiche ed africane.
Numerose le mostre personali e collettive di Orlan in istituzioni e musei in tutto il mondo, tra cui da ricordare negli ultimi anni Orlan.
Refiguration Self-hybridation (2001, Galerie de Bellecour, Lyon) eOut of Actions (1998, MOCA Los Angeles e MAK Wien). Nel 2000 ha realizzato un cd-rom che raccoglie e documenta tutta la sua produzione, Orlan Monographie (Jeriko). L’elenco completo delle mostre e della bibliografia di Orlan è disponibile su www.orlan.net
La fotografia è uno strumento, e insieme un linguaggio, fondamentale nel lavoro di Orlan fin dagli inizi della sua opera. La fotografia ha accompagnato tutte le sue performance, dalle prime misurazioni dello spazio
con il suo corpo come unità di misura, fino agli interventi chirurgici, non servendo solo da ‘documentazione’ delle operazioni ma anche divenendo una
sorta di icona, di reliquia degli eventi che si consumavano: oggetti con una vita a sé stante. Con gli autoritratti in quel momento Orlan rivendicava ogni fase della trasformazione, anche quella che abitualmente
andava rimossa.
Dagli anni Novanta la fotografia di Orlan ha iniziato a sperimentare l’idea della messa in scena, dell’immagine di fiction che riflette in modo forte, ma anche molto ironico, sullo stereotipo visivo della rappresentazione
femminile. Serie come La femme qui rit (1997), Les idiotes (1998), Du Balai (1996) e Les peaux d’âne (1990) rappresentano Orlan stessa che gioca non solo a mettere in ridicolo lo stereotipo ma anche a farlo vivere attraverso
la ri-personificazione reale che ne ha fatto l’artista. Le ultime due serie Self-hybridations del 1998 e Hybridations africaines hanno introdotto, attraverso l’immagine digitale rielaborata, un passaggio ulteriore. Orlan
ha ibridato, mescolato, fino a non poter più distinguere le due parti, il suo volto con maschere pre-incaiche nella prima serie, e africane nella seconda. Il ritratto finale non è un mélange tra le due cose, ma è una terza entità, un avatar che fonde i canoni della bellezza extraeuropea con il volto vivo e reale dell’artista. Come dice la stessa Orlan, le hybridations sono una operazione di refigurazione o, se si vuole, di autoritratto classico nel quale il volto di Orlan contiene le sue sembianze, e tutte le possibili sembianze femminili ibridate e contaminate
da tutte le cultura del mondo dell’immaginario collettivo.
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