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La responsabilità di chi pianta gli alberi. Presentata la 16ma Biennale di Architettura |

di - 2 Marzo 2018
«Una società cresce e progredisce quando gli anziani piantano alberi alla cui ombra sanno che non potranno sedersi». Un proverbio greco riassume l’orizzonte della 16ma Mostra Internazionale di Architettura di Venezia curata da Yvonne Farrell e Shelley McNamara, duo irlandese dello studio Grafton Architects, note in Italia per aver firmato la nuova sede dell’università Bocconi di Milano. Stamattina l’incontro con la stampa nella sede centrale della Biennale di Ca’ Giustinian per la presentazione ufficiale, dopo la giornata di ieri dedicata all’incontro con i 71 partecipanti di questa edizione.
Novità il debutto della Santa Sede per la Biennale di Architettura con un progetto speciale che sarà ambientato nel bosco dell’Isola di San Giorgio, ma si aggiungono anche altre new entry: Antigua & Barbuda, Arabia Saudita, Guatemala, Libano, Mongolia, Pakistan. L’adagio greco dal vago sapore beuysiano – Noi piantiamo gli alberi e gli alberi piantano noi, osservava Joseph Beuys in Difesa della Natura – chiude il manifesto programmatico Freespace redatto per l’occasione e da cui prende il titolo questa 16esima edizione.
«Freespace rappresenta la generosità di spirito e il senso di umanità che l’architettura colloca al centro della propria agenda, concentrando l’attenzione sulla qualità stessa dello spazio». Si legge al primo punto del testo, e poi aggiungono: «Quando abbiamo scritto il manifesto, volevamo che contenesse soprattutto la parola spazio. Volevamo scovare anche nuovi modi di utilizzare le parole di ogni giorno, che potessero in qualche modo portarci tutti a ripensare il contributo aggiuntivo che noi, come professionisti, possiamo fornire all’umanità. Per noi l’architettura è la traduzione di necessità – nel significato più ampio della parola – in spazio significativo». In altre parole, gli architetti non sono artisti tout court, né archistar, piuttosto animali politici dal volto umanano che hanno il compito di assumersi la responsabilità sociale di quanto costruiscono, soprattutto in riferimento alle generazioni future, che danno loro il limite all’intelligenza della libera creatività. «Con l’architettura quel che creiamo per uso privato diviene struttura dello spazio pubblico», ha detto il Presidente, Paolo Baratta: «L’architettura si offre come strumento per caratterizzare meglio ogni essere umano come cittadino».
Un’edizione distante forse dal work in progress aperto a forme di contaminazioni energetiche che due anni fa aveva inaugurato la Biennale di Alejandro Aravena (in pista anche quest’anno per il Cile), ma tesa all’ambito educativo e programmatico e che chiama a raccolta molti istituti universitari, oltre alla sezione speciale The practice of teaching. Torna invece protagonista la partecipazione del pubblico con l’iniziativa Meetings on Architecture, aperta agli incontri con i protagonisti della mostra. Apertura al pubblico da sabato, 26 maggio a domenica, 25 novembre 2018. (Marco Petricca)

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