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Napoli riscopre l’Archivio Fotografico Parisio. Le parole del proprietario, Stefano Fittipaldi

di - 13 Novembre 2017
Opporsi all’oblio è una pratica che richiede costanza, temperamento e piccoli atti di coraggio diffusi nel tempo. Dopo tre anni di chiusura, da pochi giorni sono state riaperte le porte dell’Archivio Parisio, ancora con qualche incertezza ma con la ferma volontà di essere a servizio della memoria. Al civico 10 del porticato di San Francesco di Paola, nei locali che furono atelier di Giulio Parisio dal 1924, sono confluiti i cospicui fondi fotografici dello stesso Parisio, dei fratelli Troncone, ma anche alcuni esemplari delle edizioni Esposito, di Charles Abéniacar, di Giorgio Sommer. La piccola mostra allestita nei due piani della sede lascia intuire l’incredibile varietà di temi, di linguaggi, di soggetti ai quali si può attingere dall’Archivio e quale libertà di divagazione storica possa offrire.
«L’attività dell’Archivio Parisio deve muoversi su due canali: da una parte ci sono la tutela e la conservazione, che prevedono attività di ricerca, la disponibilità alla consultazione per gli studiosi e una costante opera di catalogazione e digitalizzazione; dall’altra la valorizzazione degli spazi – con l’aiuto della Associazione Archivio Parisio presieduta da Luciano Siviero – che devono essere luoghi di incontro, vivi. Per questo, oltre alle aperture mattutine (dal lunedì al venerdì dalle ore 10 alle 14 n.d.a.) saranno programmate mostre, corsi di fotografia, incontri e presentazioni di libri. E la vendita delle stampe e dei cataloghi concorrerà a sostenere la fruibilità», così Stefano Fittipaldi, proprietario dell’Archivio dal 1995, ha descritto il nuovo assetto.
Che genere di materiale è custodito nell’Archivio Parisio e qual è attualmente lo stato conservativo?
«Abbiamo oltre un milione di negativi originali: molti su vetro, ma anche nitrati e acetati di diversissimo formato. Alcune lastre che ho recentemente ritrovato sono databili anche tra il 1912 e il 1915. Non mancano i positivi originali. Per fortuna lo stato di conservazione generale è molto buono, ma andrebbe comunque continuata l’opera di digitalizzazione».
Quali sono i vostri obiettivi?
«Essere aperti. È quello centrale. Ricominciare a far sentire la nostra presenza. Perché chi custodisce la memoria di una città assume su di sé un dovere morale. L’Archivio Parisio testimonia decenni di vita di Napoli e delle sue transizioni sociali. Tutto questo non può continuare a essere nascosto». (Giovanna Bile)

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