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Una banca Made in Naples. Le opere della Collezione Agovino nella sede della Widiba

di - 14 Novembre 2017
La sede Banca Widiba in via De Pretis si presta bene all’accoglienza di un pubblico numeroso. Gli interni della struttura sono caratterizzati da un comune colore giallino e da dettagli che vorrebbero richiamare qualche motivo neo-passatista ma che invece visivamente fanno pensare a una scuola elegantissima mentre, dal lato olfattivo, sembra l’atrio di un albergo. Ma passiamo all’aspetto fondamentale: cos’è “Made in Naples”? L’esposizione, curata da Fabio Agovino e Francesca Blandino, si snoda negli uffici della banca, con opere di Danilo Correale, Giulio Delve’, Maria Adele Del Vecchio, Gabriele Di Matteo, Piero Golia, Francesco Jodice, Mariangela Levita, Pennacchio Argentato, Diego Petroso, Giulia Piscitelli, Paolo Puddu, Vincenzo Rusciano, Marinella Senatore, Lorenzo Scotto di Luzio, Vedovamazzei. È chiaro quindi che “Made In Naples” dà l’occasione di rivedere le principali operazioni che si sono svolte nell’arte contemporanea napoletana, attraverso i lavori di artisti per la maggior parte giovani o nei pressi del confine mid-career, tutti presenti nella Collezione Agovino.
Nella prima sala, una bombola del gas, lontana dall’essere ready-made e rivestita di altri elementi quasi come fosse parte di un collage scultoreo, fa i conti con la decontestualizzazione. Poco lontano, una tela dai colori scuri con una scritta ton-sur-ton. Il corridoio degli uffici è arredato con scatti fotografici che ritraggono persone di diverse etnie, modificate con una tecnica in cui a emergere è un colore primario. Le foto, insieme a una serie di quadri che ritraggono il gesto di una mano con fitte scritte accanto, rendono evidente quanto si senta l’urgenza di opere modulari per sottolineare la presenza della standardizzazione nell’epoca attuale. Tra le opere visibili visitando gli uffici degli impiegati, una cornice con all’interno un foulard di Hermès con su una scritta gialla; una cartina del nord-Europa con sovrapposizioni di grandi cerchi dorati.
Mi chiedo come sarebbe visitare la mostra durante gli orari di lavoro di chi abita quegli uffici. Si potrebbe fare finta che il lavoro di tutti i giorni sia una performance pensata per l’occasione, un po’ come quando, nel 1971, John Baldessari registrava “I Am Making Art”. (Ambra Benvenuto)

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