Nonultras, Franziska Strauss
In Scena è la rubrica dedicata agli spettacoli dal vivo in programmazione sui palchi di tutta Italia: ecco la nostra selezione della settimana, dal 27 ottobre al 2 novembre.
Il coreografo tedesco Moritz Ostruschnjak (classe 1979) esplora i confini tra tifo, politica e protesta in Non + Ultras, uno spettacolo per otto danzatori e 500 sciarpe di tifosi (al teatro Vascello, l’1 e 2 novembre, per Romaeuropa Festival).
Sul palco, un accumulo di simboli: Juventus, Iran, All Blacks, Swifties, motti di provincia e slogan globali. Un paesaggio caotico che richiama la logica dei social media, dove il culto delle icone si intreccia con le tensioni politiche. I danzatori, in jeans e T-shirt, attraversano cori da stadio, video di partite, immagini di rivolte, mascotte e bengala. Le loro coreografie trasformano il fervore delle curve in un linguaggio fisico collettivo e identitario. Le sciarpe da tifoso possono essere maschere, bandiere, tappeti di preghiera o perfino armi dando vita ad un paesaggio in continua trasformazione.
Tre voci autorevoli e originali per un progetto teatrale inedito del Teatro di Napoli-Teatro Nazionale (in prima assoluta dal 29 ottobre al 9 novembre, Teatro Mercadante). Teresa Cremisi e Chiara Valerio firmano la scrittura di La storia è questa. Il processo di Giovanna D’arco con la regia di Liv Ferracchiati, la cui idea è quella «…di immergere il pubblico in un’esperienza che trascende il semplice spettacolo teatrale, trasformando il processo in un’installazione museale vivente».
Giovanna sulla scena (Caterina Tieghi) è sola nel momento dell’accusa e in quello successivo della condanna, vicino a lei un Anonimo Cronista (Riccardo Goretti) che racconta la sua vicenda. Quasi un’ombra che incarna la voce del popolo, lo stesso popolo che l’ha innalzata e ora l’abbandona, implacabile nel giudicarne la disfatta.
Al via la 23ma edizione di Gender Bender, il festival internazionale, diretto da Mauro Meneghelli, che esplora gli immaginari del corpo, attraverso linguaggi artistici multidisciplinari, dalla danza al cinema, dalla performance alla letteratura, declinato attorno alla parola chiave RISCHIO e alle sue varie sfaccettature (dal 30 ottobre all’8 novembre).
Nella sezione Danza, asse portante del festival, sono in programma 12 spettacoli di altrettante compagnie provenienti da Italia, Cipro e Francia. Dopo il debutto di Inhabitants della coreografa Luna Cenere, la settimana ospita Fuck Me Blind di Matteo Sedda, Amadriadi di Michele Ifigenia Colturi, Age, di Collettivo Cinetico, e la nuova scena coreografica francese con i nuovi lavori di tre compagnie: WHIP di Georges Labbat, About Love and Death di Emmanuel Eggermont e Le Petit B di Marion Muzac.
Elio De Capitani torna al teatro di Arthur Miller, con Erano tutti miei figli. Ambientato nell’America post-bellica, ha la forza di una grande opera popolare: al centro della scena il rapporto conflittuale tra genitori e figli e la responsabilità sociale e morale dell’individuo a confronto con le tragedie della storia. Un’opera che vuole diventare «parte della vita dei suoi spettatori ‒ come scrisse l’autore ‒ seriamente destinata alla gente comune […] e insieme che allarga la consapevolezza dei legami che ci collegano al passato e all’avvenire e che si celano nella vita».
Lo spettacolo ci porta nel cuore della vita della famiglia Keller, sulla soglia della loro ricca casa borghese, immaginata dallo scenografo Carlo Sala come una sorta di patio circondato da un fitto bosco, un luogo tra l’interno e l’esterno che lascia intuire l’intimità delle stanze, ma tiene celati i segreti. E si scoprirà che in questa famiglia molto è stato nascosto.
“Erano tutti miei figli”, di Arthur Miller, regia di Elio De Capitani, traduzione Masolino d’Amico, con Elio De Capitani, Cristina Crippa, Angelo Di Genio, Caterina Erba, Marco Bonadei, Nicola Stravalaci, Sara Borsarelli, Michele Costabile, Carolina Cametti; scene e costumi Carlo Sala, luci Michele Ceglia, suono Gianfranco Turco. Produzione Teatro dell’Elfo. A Milano, Teatro Elfo Puccini, fino al 16 novembre.
Titolo omonimo del fiore estinto, Cry Violet è una creazione coreografica di e con Panzetti / Ticconi che si disegna su una composizione sonora concepita e proposta da Teho Teardo (a Cagliari, alla MeM-Mediateca del Mediterraneo, l’1 e 2 novembre).
Utilizzando un codice gestuale che ritrae espressioni di dolore e vergogna ispirate all’iconografia del peccato originale, viene messo in luce l’espediente umano di espiare il proprio senso di colpa attraverso pratiche che tentano di recuperare l’avvenuto danno ambientale o, in altro modo, di celarlo. Diffusi fenomeni come quello del greenwashing, rappresentano invero, pratiche ingannevoli che eludono una reale soluzione ai danni che l’azione umana ha provocato sull’ambiente.
Seconda edizione delle Giornate d’Autore (al Teatro Due di Parma il 30 e 31 ottobre e l’1 novembre) per incontrare, con letture di testi inediti, le voci di alcuni fra i più interessanti autori del panorama contemporaneo, come Lucía Carballal, Roland Schimmelpfennig, María Velasco, Alexander Zeldin, Eva Behrendt, David Byrne, Gianni Forte, Klaus Lederer, Carlos Rod, Kriszta Székely. Ideato da Fondazione Teatro Due, il programma prende vita nell’ambito di Teatro Festival e del percorso – Arcipelaghi di Reggio Parma Festival e si avvale della collaborazione di Florian Borchmeyer, Dramaturg presso il teatro Schaubühne di Berlino moderatore di tutti gli appuntamenti dell’l’iniziativa.
Ogni giornata sarà articolata in incontri e focus di presentazione di autori e autrici attraverso una conversazione con lettura di alcuni loro lavori inediti in Italia. Le letture saranno presentate da un gruppo di attori e attrici e curate da Nicoletta Robello e Matteo Tarasco.
Il programma dettagliato sul sito teatrodue.org.
CollettivO CineticO con uno spettacolo metafisico fatto di corpi immaginati, di immagini allucinate, di parole che bruciano nella carne ed evaporano nel respiro. Francesca Pennini affonda le mani nel suo vissuto, partendo da un esperimento radicale di sparizione di 130 giorni. Racconta di un corpo fatto a pezzi e rimesso assieme, come quello delle donne divise in due nei numeri di magia.
Parla di corpi che spariscono ai confini della malattia, o della pazzia, là dove viene messa in discussione la natura stessa della realtà. Di corpi che rinascono ancora una volta. Lo spettacolo Abracadabra (all’Arena del Sole di Bologna, il 30 e 31 ottobre, nell’ambito di CARNE focus di drammaturgia fisica) vive nella consistenza del pensiero di chi guarda, di chi respira tra platea e scena. Ed è proprio al nostro pensiero che viene affidato l’incantesimo di fragilità e forza di tutto ciò che è solo immaginato.
L’undicesima edizione del Il Peso della Farfalla, il 30 e 31 ottobre al Museo Nuova Era di Bari, con Giulietta e Romeo, un concerto scenico tratto dalla tragedia shakespeariana. Roberto Latini, con Federica Carra e con musiche e suono di Gianluca Misti, ci porta nel racconto shakespeariano ma sfrondandolo del contesto e lasciando soli i due protagonisti nel loro vortice di amore e poi di morte e lasciando gli spettatori nella nostalgia del non accaduto.
Lo spettacolo è costruito attraversando le poche scene in cui essi sono insieme, in cinque quadri suonati nelle parole che Romeo dice a Giulietta e quelle che Giulietta dice a Romeo. Loro due soli. Una suite composta nei capitoli: l’incontro: “esaudisci” – il balcone: “cento parole nella tua voce” – il matrimonio: “aria all’aria” – all’alba: “te ne vuoi andare?” – nella cripta: “sulle tue labbra”.
La nuova produzione di archiviozeta in VISTA PARADOX prospettive culturali, a cura di Gianluca Guidotti e Enrica Sangiovanni, è un’azione teatrale itinerante che attraversa i diversi spazi dell’Ala monumentale di San Michele in Bosco di Bologna – con i suoi affreschi, gli spettacolari corridoi, gli orologi astronomici, i mappamondi, le prospettive – in stretta collaborazione con l’Istituto Ortopedico Rizzoli.
Gran Teatro Anatomico (dal 31 ottobre al 2 novembre; il15 e 16; e dal 21 al 23) è un mosaico che trae linfa dalle storie di Olga Tokarczuk, Premio Nobel per la Letteratura 2018: una riflessione sulla complessità del corpo umano in relazione al cosmo, sul dolore e la ricerca di equilibrio, sull’onda potente della vita che attraversa il tempo. Tre storie che fanno del nostro corpo il gran teatro del mondo, tre racconti storici che ci precipitano nell’Olanda del ‘600 tra dissezioni e lezioni di anatomia, nella Vienna del ‘700 tra macabre Wunderkammern coloniali e razziste e infine nella Parigi di metà ‘800 al funerale di Chopin.
Prosegue, fino al 9 novembre, la XXVII edizione di Danae Festival, che in 17 giorni, coinvolgendo 11 luoghi della città, dà spazio a creazioni dalla forte impronta multidisciplinare e ibrida. La settimana ospita Fabio Bonelli musicista e creativo; il dramaturg, performer e sassofonista Jacopo Giacomoni con È solo un lungo tramonto, un’opera teatrale realizzata attraverso la reiterazione e disgregazione meccanica di dialoghi intercorsi tra l’autore e il padre, affetto da Alzheimer; Edoardo Mozzanega, performer, regista e dance-maker; Fabrizio Saiu, mover, performer e percussionista attivo nel campo della musica sperimentale e in quello della performance, con Guardare – modelli di ascolto e di visione per una comunità futura; VENI, a goodbye del collettivo ALOT, un lavoro che ibrida lo spettacolo teatrale con i canti polifonici sacri di tradizione orale delle isole maggiori del Mediterraneo.
Tra l’inizio del 1975 e il giorno della sua morte, il 2 novembre dello stesso anno, Pier Paolo Pasolini pubblicò sulle pagine del Corriere della Sera e del settimanale Il Mondo una serie di scritti pedagogici, poi confluiti nella raccolta postuma Lettere Luterane. Nel primo capitolo del testo decreta: «I figli che non si liberano dalle colpe dei padri sono infelici».
Parte da questa riflessione Giovani infelici, lo spettacolo coprodotto da Archètipo e Versiliadanza (al Teatro Cantiere Florida di Firenze, il 2 novembre), un lavoro che rilegge le parole di Pasolini attraverso il teatro e la danza – per la regia di Riccardo Massai con coreografie di Angela Torriani Evangelisti.
In apertura, alle 17:30, il talk Pasolini e il teatro: una storia d’amore postuma: un incontro per affacciarsi sulla distanza che separa – e sul filo che unisce – Pasolini e il teatro, condotto dal critico Michele Pascarella.
Il progetto ATLANTE – Rotte artistiche per il presente, il percorso di alta formazione promosso dall’Università di Bari – Dipartimento di Ricerca e Innovazione Umanistica e da Puglia Culture prosegue un nuovo capitolo dedicato alla pratica scenica e alla memoria viva del teatro, ospitando, dal 28 al 31 ottobre, Eugenio Barba e gli artisti dell’Odin Teatret, protagonisti di una settimana di lezioni, workshop, incontri aperti e spettacolo che intrecciano teoria e pratica, pedagogia e creazione, ricerca e trasmissione.
Il 30 e 31, al Nuovo Teatro Abeliano, andrà in scena lo spettacolo LE NUVOLE DI AMLETO. Dedicato a Hamnet e ai giovani senza futuro. Il dramma racconta del re danese Amleto, che porta lo stesso nome di suo figlio, avvelenato dal fratello Claudio e dalla moglie Gertrude che sono amanti. Il fantasma del padre di Amleto appare al figlio, lasciandogli in eredità il compito di ucciderlo e vendicarlo. Cosa ci racconta oggi questa storia? Quale eredità abbiamo ricevuto dai nostri padri che trasmetteremo ai nostri figli?
La storia dello spettacolo Amadeus, o meglio, la leggenda, è nota: Antonio Salieri, maturo e affermato musicista, avvelena per invidia il giovane genio Mozart. A renderla universalmente celebre fu il film di Miloš Forman, pellicola che si basava sulla pièce di Peter Shaffer. Ferdinando Bruni e Francesco Frongia scelgono questo capolavoro (produzione Teatro dell’Elfo) che ha il ritmo, la profondità e la tensione di un classico e gli imprimono l’andamento di un capriccio allucinato e sontuoso. Bruni è Salieri che, attraversando le età della vita, come un deus ex-machina evoca dal passato i personaggi della sua storia.
Accanto a lui Daniele Fedeli, nel ruolo del giovane e irriverente Mozart. Antonio Marras veste gli interpreti con sontuosi costumi di un ‘700 immaginario. La scena è un salone, trasfigurato dalle proiezioni di una sorta di lanterna magica, nella quale si muovono musicisti, nobili e dignitari della corte di Giuseppe II. Lo spettacolo è in scena fino al 2 novembre al Teatro Ambra Jovinelli di Roma, e in tour fino al 15 marzo 2026.
Indipendenza e amore, umorismo e rabbia. Anna Cappelli, testo del visionario drammaturgo Annibale Ruccello scritto nel 1986, poco prima di morire a trent’anni, è un viaggio nell’abisso dell’anima, quella di una donna capace di sopravvivere all’orrore; è riflesso della condizione umana, in bilico tra il desiderio di autodeterminazione e la mancanza di risorse per realizzarlo.
A mettere in scena (a Milano, Teatro Franco Parenti dal 28 ottobre al 9 novembre) questa raffinata commistione di sottile ironia e tragicità, è il regista argentino Claudio Tolcachir, sul corpo della pluripremiata attrice Valentina Picello che inventa e diventa, con rigorosa intensità e consapevole espressività, un personaggio inconsueto, pieno di contraddizioni. Commovente e imbarazzante allo stesso tempo.
La nuova creazione ReQuieM, della compagnia torinese Faces, ispirato al celebre Requiem K626 di Mozart, è un atto unico che affronta giudizio, redenzione e paura di fronte alla mortalità, un viaggio teatrale e coreografico, con la regia e drammaturgia di Simone Bua e Giorgia Chessa, che indaga l’identità e le sue trasformazioni, esplorando il legame profondo tra individuo e collettività.
Attraverso il movimento, l’improvvisazione e la scrittura scenica, lo spettacolo (al Teatro Vittoria di Torino, il primo novembre), nella sua crescente tensione, narra di abbandono e di disperata ricerca, in un inferno che è tutto interiore. Il lavoro coreografico riflette così l’animo in lotta contro sé stesso, attraverso continui contrasti ritmici e dinamici, tra slanci impetuosi e pause, accenti drammatici e oasi di dolcezza melodica, squarci di luce e di tenebre.
In prima assoluta, il 29 ottobre, presso Fonderia 39 di Reggio Emilia debutta Sogni (di una notte di mezza estate), progetto di Natiscalzi DT, coreografie di Claudia Rossi Valli e Tommaso Monza. Tra corpi metamorfici, desiderio, magia e trasformazione, insieme al gioco di equivoci e al ruolo imprevedibile del destino, la danza diventa linguaggio per esplorare i grandi temi shakespeariani, sostenuta dalle sonorità di Giuseppe Cordaro che intrecciano elettronica e frammenti di Mendelssohn.
Un viaggio poetico e visionario che rinnova il dialogo con i classici, rivelando la forza sempre viva della loro magia. In un bosco che non appartiene a nessun tempo, ma che esiste in un limbo tra sogno e realtà, sei danzatorə si muovono in cerca di risposte, come pedine di un gioco cosmico, apparentemente guidato dal caso.
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