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fino al 10.II.2011 | Miroslav Tichy | Torino, Guido Costa

di - 17 Gennaio 2011
Miroslav Tichy (Kyjov, 1926), nel divenire da studente dell’Accademia e
artista che cerca il mezzo per superare il contingente e la formula per nuovi
traguardi, ineluttabilmente inizia ad assumere le sembianze e le abitudini di
un barbone, troppo occupato a inseguire la più pura delle ossessioni: produrre
arte, in una vita che considera solo illusione.

E lo fa sistematicamente, uno stesso numero di scatti ogni
giorno: unica la sua rudimentale macchina fotografica costruita con pezzi di
plexiglas e cartone dipinto di nero, con cui costruisce anche l’obiettivo
assemblato con elastici di recupero. La sera rientra tra schizzi dipinti con la
polvere e pezzi di cartoncino stampati con i suoi scatti rubati ovunque. Si
aggira nella sua cittadina e documenta la vita delle donne di provincia. Oltre
una recinzione osserva le figure sdraiate intorno alla piscina, nulla lo attrae
di più dell’incarnato femminile, il disegno delle forme si insinua nella sua
mente: l’impressione delle ombre create dall’accavallarsi di un paio di gambe è
l’unico mistero che abbia realmente senso cogliere.

Tichy riflette sulla vita, sui rapporti, ma non vede
nell’organicità del reale la possibilità di cogliere i frammenti che a lui
interessano. Ritiene che la successione degli atti, i codici del linguaggio e
le convenzioni siano la morte della rappresentazione dell’immaginazione. Come Schopenhauer,
si alimenta con l’isolamento e del filosofo condivide la natura del pensiero
che non può trovare un’eco eguale nei suoi simili. Tichy non studia le
inquadrature, assorbe la luce della frazione di un istante. Affida al caso
l’impressione che risulterà sulla bobina, materiale ancor più prezioso oggi che
comincia a non esistere più.

Osservando le sue opere si ha la sensazione che riesca a
scomporre gli atomi e a sfumarli, sono cartoncini sbiaditi sui quali spesso
interviene a sottolineare qualche tratto, che poi ripercorre nei suoi schizzi
di nudi, anche questi presenti in mostra. Nulla quindi risulterà più
spirituale. L’immagine ottenuta sarà tanto più vicina alla sua “idea” quanto
probabilmente sarà distante dal reale. Per questo il mezzo tecnico rudimentale
e difettoso risulta perfetto: disegna le linee come in una camera oscura
mentale, ma tutto sarà sfocato, tagliato, mutato, non oggettivo. L’uomo/artista
non può decidere nulla. È solo uno strumento dotato di particolare sensibilità.

Attraverso di esso passano milioni di cellule di luce e di
spirito. La luce filtra nel buio ma non sempre riesce a illuminare i lati atti
a manifestare la sensazione di mistero che la vita nasconde.

Tichy ha conosciuto manicomi e prigioni nel suo vivere tra
i rifiuti, ma non avrà voglia di calarsi nel mondo “normale” neanche quando le
sue foto, molto apprezzate da Szeemann,
saranno esposte nei più importanti musei. Tichy continua per tutta la vita a
vedere quello che la maggioranza non vede, e ha la capacità di riuscire spesso
a fermare quelle immagini intorno a sé.

Perché dovrebbe allontanarsi da tanta rarità, facendosi
distrarre dalla rappresentazione del reale che la moltitudine omologata impone?

barbara
reale

mostra
visitata il 6 novembre 2010


dal 6 novembre 2010 al 10 febbraio 2011

Miroslav Tichy – Tarzan
Retired

Guido Costa Projects

Via Mazzini, 24 (Borgo Nuovo) – 10123 Torino

Orario: da lunedì a sabato ore 15-19

Ingresso libero

Info: tel. +39 0118154113; fax +39 0118158004; info@guidocostaprojects.com; www.guidocostaprojects.com

[exibart]

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  • ... ha il gran pregio di esprimersi in modo chiaro e di non "scriversi addosso", segno di grande correttezza nei confronti dell'artista e del lettore.

  • Considerato il grande successo di pubblico la mostra Di M. Tichy è stata prorogata fino al 10 febbraio.

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