La seconda parte della mostra
Cronostasi sottopone allo spettatore lavori dell’ultimo ventennio, che mettono a confronto le diverse modalità d’interpretazione della dinamica temporale utilizzate da un lato dal video e dal film, su un altro piano dalla fotografia.
In occasione della prima parte abbiamo avuto modo di precisare che il tema è di notevole attualità, perché focalizza percorsi che talora appaiono in netto contrasto e tal altra presentano punti di tangenza.
È in bianco e nero
This is a History of New York (1987-88) di
Jem Cohen, dove la città è vista attraverso l’azione combinata di tempo storico e tempo sospeso. Un’attitudine documentaria palesata anche da
Images of the World and the Inscription of War (1988) di
Harun Farocki, che esamina l’utilizzo della fotografia come strumento di conservazione e distruzione insieme, ponendo al centro del discorso le prime immagini fotografiche di Auschwitz.
La storia che si coagula, lasciando agire la memoria, è il filo conduttore di
Garland 5 (2005) di
T.J. Wilcox, dove Place Vendôme diventa il fulcro di racconti nei quali emergono particolari non noti delle vite di personaggi famosi appartenenti a epoche diverse.
David Claerbout propone
Retrospection (2000), dove il tempo filmico è proiezione del tempo soggettivo di decifrazione di un’immagine fissa, segnatamente una fotografia di classe degli anni ’30, nella quale si saldano passato e presente.
A Kinetic Sculpture in Two Dimensions (2006) di
Jimmie Durham, invece, si svolge nell’attimo, il tempo di mostrare un unico accadimento, lo schizzo di colori primari che, da un secchio, con un’azione liberatoria e velocissima, deflagra sul pavimento.
Real Remnants of Fictive Wars V (2004) di
Cyprien Gaillard agisce invece sulla lentezza della sequenza, al centro della quale è posto il fascino delle rovine.
Simon Starling sceglie per
Autoxylopyrocycloboros (2006) un insieme di trasparenti che individuano, attraverso la narrazione dell’immagine fissa, le fasi della distruzione di una barca a vapore, metafora del disfacimento entropico dell’universo.
Infine,
Robin Rhode privilegia l’animazione per il video
Promenade (2008): una performance nello spazio, dove il corpo danza e si muove, tra forme geometriche pure che si trasformano, per riproporsi in altre combinazioni, assecondando un giocoso
esprit de jonglerie.