Curata da Anna Detheridge ed interamente dedicata alla natura, questa decima edizione della Biennale è ospitata da due differenti spazi espositivi. A Palazzo Bricherasio sono allestite le sezioni Giovani Autori Italiani e Panorama Internazionale, mentre presso la sede della FIF è raccolta un’ampia selezione di opere di Pablo Balbontin Arenas, Franca Chiono e Michele Dantini, dal titolo I Paesaggi della Biodiversità.
Lo stretto e controverso legame tra l’ambiente e la civiltà contemporanea rappresenta un argomento quanto mai attuale. Gli artisti partecipanti sono stati invitati a riflettere su tutto ciò che ruota intorno al vasto ‘concetto’ di natura:
Il lavoro di Claudia Losi si spinge oltre la mera rappresentazione fotografica: impresse a caldo su ampi rettangoli di tela, le immagini in bianco e nero di un allevamento di trote in disuso fanno da sfondo alle fasi di un’ipotetica deriva dei continenti, ricamate con filo bianco (Marmagne, 1999).
Quello di Elisa Scaramuzzino e Andrea Pavesi è un viaggio attraverso l’Italia, paese di meraviglie ma anche teatro di infiniti scempi. In Trash in Italy (2001) strutture abusive abbandonate si stagliano contro il cielo, consumistiche cattedrali di cemento che non verranno mai terminate.
Il tema della morte è di facile inserimento praticamente in ogni contesto: in Love is colder than death (2002) di Enzo Umbaca una bara di ghiaccio si scioglie lentamente ma inesorabilmente, in mezzo alla vegetazione boschiva.
L’incubo di Chernobyl rivive in Atomic Love (2002) di Ilya Chichkan e Piotr Wyrzykowski, così come nelle sconvolgenti inquadrature di Sleeping Princes (Chichkan, 1994), estremo rimando ai feti mai nati di quelle donne di Kiev che scelsero, o non poterono, abbandonare le zone contaminate.
Gli scatti appartenenti alla serie Familiar british wild life di Clive Landen (1994) mostrano i cadaveri devastati di innumerevoli animali periti nella campagna inglese a causa di un’epidemia di afta: una volpe dal corpo lacerato, un riccio il cui intestino
Eco di una natura vecchia anche più di trecento anni, le grottesche immagini di Daniel & Geo Fuchs sono frutto di una singolare ricerca condotta nei musei di scienze naturali, nelle sale per le autopsie e negli obitori. Conservati in formalina in contenitori dei quali non si avverte la presenza (Conserving, 1998), rettili dalle squame coloratissime e bianchi cuccioli pelosi sembrano vivere ancora, e riflettere un’insolita luce…
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