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fino al 23.V.2010 | Tutta la memoria del mondo | Torino, Gam

di - 19 Marzo 2010
Alla Gam di Torino
c’è uno spazio sotterraneo in cui vengono messe in scena mostre di nicchia. “Di
nicchia” perché le stanze dell’Underground project sembrano una sorta di antro
platonico in cui allestire temporanee dal forte valore concettuale. Così è la
volta, dopo la personale di Ian Kiaer, della collettiva Tutta la memoria del mondo, in cui sette giovani artisti
rispondono alla domanda oracolare: “Come si costruisce la storia?”.
Già, perché chi ha
detto che sia tutto vero quello che vi hanno raccontato o avete letto sui
libri? È una mostra, spiega Elena Volpato, la curatrice-speleologa di questa
nuova sezione ipogea della Gam, che “tratta i meccanismi di costruzione
della verità storica e indaga la funzione dell’inautentico e del falso
”.
Per parlare dei
lavori di James Beckett, Rossella Biscotti, Patrizio di Massimo, Haris Epaminonda, Simon Fujiwara, Dani Gal e Sean Snyder si potrebbe partire dal celebre
aforisma di 1984,
Chi controlla il passato controlla il futuro. Chi controlla il presente
controlla il passato
”,
in cui Orwell lascia intendere che la storia non è affatto un processo
naturale. Oppure ci si potrebbe soffermare sul cortometraggio (proiettato in
una sala troppo luminosa) di Alain Resnais che apre la mostra e le dà pure il
titolo. In Tutta la memoria del mondo, il regista-feticcio della Nouvelle Vague filma l’inserimento, nella
Biblioteca Nazionale di Parigi, di un libro falso di cui lui stesso aveva
spedito più copie a varie biblioteche. Nell’archivio, simbolo della memoria
storica di tutti i tempi, si vengono così a trovare, costa contro costa, il
vero e il falso.

Se, quindi, le
cronache del passato (e del presente) non hanno la precisione e l’onestà della
geologia, né la durezza della pietra, allora diventa facile modellare a piacimento
il passato. Mischiando poi realtà e finzione, è ancora più semplice rendere la
bugia reale.
James Beckett e Haris Epaminonda proseguono idealmente il lavoro
di Resnais mettendo in scena ambigui musei. Ci sono espositori, teche, cornici
di noce, ma se in Beckett didascalie truffaldine confondono il falso con il
vero, in Epaminonda la loro assenza quasi delegittima la veridicità degli
oggetti di arte etnica.
Nei lavori di Rossella
Biscotti
, Dani
Gal
e Sean
Snyder
sono poi
analizzati gli strumenti di archiviazione storiografica. Quelle di Gal sono
registrazioni acustiche – suo è il progetto dello Historical Record Archive, collezione di vinili di discorsi
politici (da Hitler a Ghandi, da De Gasperi a Kennedy) – mentre in The
undercover man
di
Rossella Biscotti all’audio si aggiunge anche il video. È invece una
riflessione solamente ottica quella di Snyder. In tutti e tre la padronanza del
mezzo diventa un modo macluhaniano per modificare il messaggio. Anche qui
tornano gli echi cinematografici introdotti da Rasnais. Il cinema, infatti, è
uno dei luoghi preferiti dalla mistificazione storica. Pensiamo a tutte le
ricostruzioni filmiche piene di errori, forzature o, vedi il nuovo Tarantino, invenzioni di sana pianta.

Infine ci perdonino
Patrizio di Massimo e Simon Fujiwara, citati solo di passaggio. Ma come fare a
riassumere in poche battute concetti talmente profondi che la curatrice non ha
potuto condensare in meno di 14 pagine di testo critico?


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Fujiwara
da De Carlo

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solo-show di Dani Gal al Pecci

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alla Biennale di Istanbul 2005

stefano
riba
mostra visitata l’11
marzo 2010


dal
24 febbraio al 23 maggio 2010

The
GAM Underground Project – Tutta la memoria del mondo

a
cura di Elena Volpato

GAM
– Galleria d’Arte Moderna e contemporanea

Via Magenta 31 (zona Politecnico) – 10128 Torino
Orario: da martedì a domenica ore 10-18; giovedì ore 10-22 (la biglietteria
chiude un’ora prima)

Ingresso: intero € 7,50; ridotto € 6; gratuito il primo martedì del mese
Info: tel. +39 0114429518; fax +39 0114429550; gam@fondazionetorinomusei.it; www.gamtorino.it

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Visualizza commenti

  • mostra facile facile con testo pretenzioso ed eccessivo rispetto alla portata dell'esposizione.
    Peccato, un'altra occasione persa per Torino

  • Già la prima mostra era leggerissima questa pare vacua, tanto più se uno si è visto il resto del museo e conclude con questo "vuoto", sia fisico che mentale.

    Io comincio a stufarmi nell'andare nei musei e vedere tanto vuoto pagato tanto caro.

    La parte di James Beckett mi ha in parte soddisfatto, il resto non tanto visto che alcune cose era già ad artissima, tre mesi prima...

  • I presupposti della mostra sono assolutamente interessanti.

    Il problema è capire come si arriva alla selezione degli artisti. Io so per certo che la curatrice non ha fatto una analisi reale degli artisti italiani, ma si è basata sul sentito dire. Questo provoca una caduta di tensione per gli stessi artisti, in generale. Perchè se Di Massimo e Biscotti sanno già che verranno chiamati appena una mostra tocca vagamente il tema storia..costoro si fermeranno. Di Massimo rimarrà alle menate sul passato colonialista dell'italia..immaginario tanto caro a Moussoscope..e la Biscotti continuerà a proporre soluzioni "corrette" rispetto il tema "storia" (bella l'idea delle teste-monumento, più retorica e prevedibile la resa tridimensionale delle lettere degli anarchici a carrara).

    Io penso che in italia i curatori e i critici facciano il loro lavoro via mail e via internet, facendo il meno indispensabile..in fondo la posta in gioco è bassa e chi glielo fa fare di approfondire in un paese che osteggia il contemporaneo?

    Se la critica e la curatela non fanno bene il loro lavoro, molto probabilmente gli artisti si siederanno, semmai proponendo un buono standard rassicurante, un clichè di ricerche mainstream internazionali. E anche per questo gli artisti italiani sono fuori dalle principali rassegne internazionali, perchè tendono a proporre una rassicurante copia sbiadita dell'originale.

    Oltre all'assenza della classe critica-curatoriale, viviamo pesanti complessi di inferiorità verso l'estero..e quindi non si può parlare di certe cose perchè subito si è tacciati di "bar sport italiano"..quindi non c'è reale confronto...

    Giocano anche rapporti morbosi (derivanti dal concetto di famiglia italiana) tra gli operatori del sistema. Senza capire che l'amore è anche dire ad una persona cara che sta sbagliando...e invece preferiamo rassicurarci tra gli artisti del quartierin, in una piccola orgia di provincia, dove tutti si compiacciono e dove ogni anno si perde nel dimenticatoio qualche nome, semmai anche interessante.

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