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fino al 23.VI.2010 | Bernd Ribbeck | Torino, Norma Mangione

di - 17 Giugno 2010
“Per fare qualcosa bisogna crederci, per dipingere è
necessario assumersi un grande impegno. Quando si è ossessionati da questa
convinzione si arriva al punto di credere che sia possibile cambiare gli uomini
attraverso la pittura. Se manca questo coinvolgimento passionale non si può far
nulla, è meglio lasciar stare, perché fondamentalmente dipingere è un’idiozia
totale
”. La frase è di Gerhard Richter,
Leone d’Oro alla Biennale di Venezia del 1997, considerato uno dei più grandi
pittori viventi.
Come mai questo incipit senza apparente collegamento con
i lavori di Bernd Ribbeck (Colonia,
1974; vive a Berlino)? Perché il primo pensiero quando si osserva il suo lavoro
è: “Perchémmai concentrarsi su uno stile quasi obsoleto? Dove trova il
coraggio per esplorare questa strada oggi?
”. Nel suo caso si tratta
di astrattismo geometrico. Pittura e disegno sul piccolo formato. Quadretti da
andare a cercare tanto non vogliono apparire. Nessun collegamento al sociale,
nessuna voglia di stupire. Semmai un ritorno al passato, alle prime avanguardie,
ai moti spirituali che suscitarono.

Osservando si comprende che l’artista conosce il suo
ruolo e non ha rinunciato alla volontĂ  di comunicare: con un compasso cerca la
simmetria nell’intreccio di piccoli cerchi, di cuspidi varie. E quando ci si
lascia convincere dalla sua armonia, si scopre che in realtĂ  non sempre esiste.
Ci si avvicina sempre di piĂą per scoprire tutte le sue contraddizioni, nascoste
dai punti luce dominanti e fortemente bilanciati, tanto da ingannare. In quelle
figure non c’è pace, semmai in esse esiste un forte equilibrio e un bilanciato
controllo sulla struttura.
Controllo che continua nel superamento dei margini da
parte delle linee colorate, tratteggiate fitte con la penna. Ad annullare i
vuoti, a riempire gli angoli. Il colore poi viene sfumato o grattato via. A
creare microcosmi cupi a sé stanti, che nulla condividono con lo schema di
base. E si ritorna alla determinazione dell’artista, capace di dominarsi e di
rinchiudere in recinti precisi i propri conflitti, le proprie incertezze.

Coinvolti in moduli criptici ci si orienta verso la
spiritualitĂ  del pensiero, senza raggiungere i livelli di misticismo di artisti
quali Hilma af Klint, senza le note
liriche di chi vuole emulare un
Kandinsky, o la purezza di chi persegue un Mondrian, senza la varietà e l’aspetto musicale di Delaunay. Alla fine rimane Ribbeck e la sua
bidimensionalitĂ . Con la visione estremamente nitida di chi vuole fermarsi
all’interno dei margini di un confine prestabilito da un’arte già esplorata.

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mostra visitata il 15 maggio 2010


dal 15 maggio al 26 giugno 2010
Bernd Ribbeck

Norma Magione Gallery

Via Matteo
Pescatore, 17 (zona Piazza Vittorio) – 10124 Torino

Orario: da
martedì a sabato ore 15.30-19.30 e su appuntamento

Ingresso
libero

Info: tel. +39
0115539231;
info@normamangione.com; www.normamangione.com

[exibart]

Visualizza commenti

  • ma dove sno finiti quegli artisti che un tempo la mangione difendeva? ah giĂ ...non erano parte dello star sistem..per cui eliminati!

  • è piĂą facile tifare per la squadra vincente che avere delle proprie filosofie di pensiero. ma tutto è stagionale e può cambiare. ogni partita è sempre aperta.

  • ma perchè sto Bernd Ribbeck è uno "IN" ? Ma chi lo conosce ? e le cose che fa son pure brutte !

  • Bernd Ribbeck è un artista straniero primo. arriva dalla scuola di bellini due. ha fatto manifesta tre. e possiamo andare avanti così.
    e pensare che non tanto tempo la sig mangione sosteneva che questo era un paese esterofilo e lei non voleva cadere nello stupido sistema dell'arte. ha le idee queste chiare questa signora.

  • 1) Artista straniero ? e vabbeh... 2) scuola di Bellini ? Non depone mica a suo vantaggio. Bellini sa scrivere decentemente, ma non ci giurerei sulla bontĂ  del suo "occhio". 3) Manifesta ? Basta dare uno sguardo ai cataloghi delle vecchie edizioni per vedere quanti di quelli che vi hanno partecipato ora sono del tutto scomparsi.
    La cosa piĂą importante e che i quadri son brutti, il resto conta poco, mica son tutti Tomma Abts !

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