Se
l’eredità degli anni ‘90 è da ritrovare soprattutto nel “relazionalismo” –
tendenza e non soltanto termine che finisce per ismo, che nell’Esthétique
relationelle di Bourriaud individuava
una serie di pratiche artistiche fondate sui rapporti di relazione fra
autore, pubblico e contesto sociale – Al
Gatto Nero è il segno forte di un individualismo senza freni.
Tra gli esponenti più rappresentativi
dell’arte cosiddetta relazionale vi è inequivocabilmente Rirkrit Tiravanija. I suoi lavori, al di là dell’esito finale,
comportavano la partecipazione del pubblico e le reazioni che l’operazione
poteva innescare tra le persone coinvolte. Il filtro con cui l’artista
argentino-thailandese interagiva era il cibo. E l’interesse non era tanto sulla
qualità – si pensi alle zuppe liofilizzate di Instant soup (Biennale di
Venezia, 1993) – ma sul rito di un pasto consumato collettivamente, la
celebrazione anti fast-food del momento irripetibile e magico dello stare
insieme a tavola.
La storia dell’arte ci offre in
ogni caso altri orizzonti di connessioni tra “Eat & Art”. Il rumeno Daniel Spoerri, con i Tableau-piège, negli anni ‘60 era solito
“ingabbiare” i resti di un pasto. Attraverso avanzi, briciole e mozziconi – in
pieno Nouveau Réalisme – veniva così
collezionata e restituita l’esperienza della convivialità, e non per realizzare
una natura morta, ma per fermare la vita nell’opera d’arte stessa.
La cena
di Gordon e Monk, a tutti gli effetti, rappresenta allora la fine del
significato a cui il termine relazione allude. Un momento privato come il pasto
fra due artisti diventa pubblico, ma in maniera autoreferenziale. La nazione
ricreata in galleria, con il sottofondo musicale di Gary Numan rivisitato al pianoforte, è restituita con scritte al
neon che, regolate da un timer, seguono e scandiscono in tempo reale la durata
del pasto. Dall’aperitivo al caffè, passando tra varietà di vini e alcolici, il
visitatore è informato sull’andamento temporale del menù, sulla sequenza delle
portate e la loro degustazione. Ma non, invece, sui contenuti della
conversazione narcisistica.
Esclusivamente
per il vernissage, infine, Gordon e Monk si trasformano in bar attendant e, sostituendo i camerieri, servono cocktail
trincerati nel loro bar temporaneo. Non coinvolto attivamente nell’azione, se
non sorseggiando un bicchiere, il pubblico è sempre e solo un osservatore della
scena. Al di là del bancone.
articoli correlati
Monk
in Exhibition Exhibition al Castello di Rivoli
La
personale di Monk in galleria
Gordon
in mostra a Roma alla British School
Gordon
al Mart di Rovereto
mostra visitata il 6 novembre 2010
dal 6 novembre 2010 al 26
febbraio 2011
Douglas Gordon &
Jonathan Monk – Al Gatto Nero
Galleria Sonia Rosso
Via Giulia di Barolo 11/h (Borgo Vanchiglia) – 10124 Torino
Orario: da martedì a sabato ore 14-19 o su appuntamento
Ingresso libero
Info: tel./fax +39 0118172478; info@soniarosso.com;
www.soniarosso.com
[exibart]
La nascita della Sonnabend Collection Mantova, dentro il restaurato Palazzo della Ragione — inaugurata il 29 novembre 2025 con 94…
Alcuni dei suoi edifici sono i più importanti al mondo: Frank Gehry, colui che ha praticato l'architettura, o forse più…
La Società delle Api nomina Luca Lo Pinto come direttore artistico: la Fondazione creata da Silvia Fiorucci sposta a Roma…
Fino al 22 marzo 2026, la Fondazione Luigi Rovati celebra i Giochi Olimpici con una mostra che unisce storia, arte…
È morto Giovanni Campus: se ne va un protagonista rigoroso e appartato dell’arte italiana del secondo Novecento, tra gli innovatori…
La pollera, da indumento retaggio di subordinazione femminile nell'America Latina a simbolo di emancipazione internazionale: la storia del collettivo ImillaSkate,…